
Frida Khalo tra Messico e nuvole: la parabola umana di una grande artista

Frida Kahlo nata a Coyoacan il 6 luglio 1907 ed ivi morta nel 1954,  oggi è universalmente nota, anche grazie alle varie mostre sulla sua  vasta opera d’artista. L’intensità cromatica e pittorica dei suoi  autoritratti è lo specchio con cui lei osservava il decorso della sua  malattia e della sua guarigione. Gli autoritratti assumono una  particolare intensità espressiva.  L’artista, pienamente inserita nello  spirito della Rivoluzione Messicana, se ne sente così partecipe che  falsifica la sua data di nascita dal 1907 al 1910.  La donna, la giovane  Frida, sostenuta da un carattere forte e determinato a vivere,  nonostante la sua malattia, la spina bifida, scambiata e curata come una  semplice polmonite. Frida ama la vita e contrasta la Morte che non è  riuscita a prendersela quando, a diciotto anni, subisce un terribile  incidente stradale che la condannerà a subire moltissime operazioni  chirurgiche per ricostruire la sua spina dorsale spezzata in tre punti,  invalidità che la costringerà ad indossare busti ortopedici e camminare  con l’aiuto delle grucce Ma la determinazione con cui la giovane Frida  affronta la malattia, la deturpazione fisica e la lunga e complessa  guarigione, è impresa anche nelle sue tele. Sdraiata a letto, ingessata  con busti ortopedici che la circondano, Frida inizia così la sua  avventura artistica. Si ritrae come si vede, senza abbellimenti fatui.  Il suo volto, con quelle lunghe ciglia nere che tanto affascineranno  Diego Rivera, suo futuro marito,  è  serio, e solare; emana una luce  quasi un cameo, dai toni brillanti. Lo sguardo intenso ci comunica la  certezza di essere rimasta viva, che si è sottratta all’abbraccio della  “Pelona”, la sua amica-nemica morte con cui Frida dialogherà per tutta  la vita.  
Nell’interessante libro che a lei dedica Pino Cacucci (!Viva la  vida!, edizioni Economica Feltrinelli, 2010), Frida parla con se stessa,  affronta il ricordo della sua vita che si snoda come un ininterrotto  monologo, dove gli interlocutori sono chiamati a confrontarsi con le  loro dirette responsabilità. In questo dialogo a più voci che entrano in  scena come in un teatro, le sue controfigure sono chiamate quasi a  testimoniare della sua vita avventurosa e sofferta. Dal suo irrequieto  racconto emerge un vita spezzata in due : prima del terribile incidente e  dopo la sua guarigione. L’elaborazione personale ed artistica del  dolore fisico e psicologico diventano elementi concreti nelle sue tele  che sono anche l’occasione per conoscere il geniale pittore e muralista  Diego Rivera, al quale lei mostra le prime opere. Nel 1929 Frida sposa  Diego e da quel momento la sua parabola personale ed artistica si  intreccia con le sorti del Partito Comunista Messicano, con l’amicizia  profonda con Tina Modoitti, celeberrima fotografa comunista e con la  Storia. L’amicizia con Tina si rompe perché Diego Rivera appoggia la  richiesta di esilio in Messico di Lèon Trockij, riparato presso Rivera  per sfuggire ai sicari di Stalin. Questo suo appoggio alla richiesta di  asilo è contraria alla politica del Comitato Centrale Comunista mesicano  che invece subisce il diktat staliniano. Diego Rivera, fondatore del  Partito in Messico, si auto-espelle, sdoppiandosi come muralista la cui  arte esprime una precisa concezione politica, quella della rivoluzione  messicana, ma essendo al contempo il presidente del partito come in una  farsa, espelle dunque se stesso dal Comitato Centrale. Frida ricorda  questa vicenda con amarezza, parlando con Tina ed anche con Lèon  Trockij. Alla prima chiede il motivo della sua scomparsa,  dell’allontanamento da lei e da Diego. Infatti Tina aderisce pienamente  alla politica ostracista del Comitato Centrale e interrompe i rapporti   con i due artisti; mentre a Lèon Trockij Frida rimprovera di non aver  difeso l’amico Rivera che nel sostenerlo ha rischiato la vita. Ma in  questa fase di ostracismi ed espulsioni si svolge anche la vicenda della  Guerra Civile spagnola, dove gli antifranchisti si uccidono fra loro,  come in una guerra fratricida : comunisti contro anarchici, comunisti  filo stalinisti contro trockijsti. Insomma in questa confusione Frida si  chiede il motivo di quanto sta accadendo. Ma è più che altro la  malattia, il busto ortopedico ad impedire il suo viaggio a Madrid. Lei  se ne fa una ragione, cerca di consolarsi attraverso un amara ironia  vedendo se stessa nascosta nelle trincee e che marcia sotto il peso  delle armi zoppicando per il piede deforme. Ma il monologo chiama in  causa anche la sorella Cristina con la quale ha condiviso i dolori della  prolungata malattia. Di lei parla con affetto, ma anche con rabbia e  delusione quando scopre che l’amata sorella è divenuta,  per un breve  tempo, modella per i murales di Diego ed amante del marito. “Assassinata  dalla vita”, questo grida Frida con livore, alla Morte che non l’ha  vinta, che la resa viva e vitale. Ed irride con lo steso motto anche la  sorella Cristina, che afferma di averla invidiata per le sue doti  artistiche. Dopo il tradimento di Diego, l’ennesimo, Frida si separa da  lui, si trasferisce in un altro appartamento sull’Avenida Insurgentes,  un lungo viale solitario e buio, dove riprende a frequentare Diego, la  cui storia d’amore ora è interrotta e ripresa più volte. 
L’ultimo tassello che conclude la narrazione biografica riguarda il  suo sentimento politico che è avvolto nel romanticismo e ed esce dalla  rigida struttura del partito comunista messicano,  Dopo l’autoespulione  di Diego, anche Frida uscì dal Partito, a cui aveva aderito per pura  formalità. Ma entrambi rimasero coerenti con le loro idee e restarono  comunisti nel cuore.
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