Il colpo di Stato che non fu tale
Riprendiamo da Carmilla questa interessante traduzione di un articolo di Paul Mattick che riflette sulle circostanze che hanno portato alla battaglia di Capitol Hill e sulle profonde incomprensioni del fenomeno e delle sue implicazioni.
[Traduciamo e pubblichiamo, con il permesso dell’autore, alcune considerazioni sulle cause e possibili letture dell’”assalto” a Capitol Hill, del 6 gennaio di quest’anno, da parte dei sostenitori di Donald Trump. L’articolo è stato precedentemente pubblicato sul numero di febbraio del magazine statunitense The Brooklyn Trail, dedito alla critica politica, artistica e culturale.]
Si sarebbe potuto pensare che l’uscita di Trump dalla Casa Bianca avrebbe posto fine alla costante preoccupazione – e non solo da parte degli esponenti di sinistra – per la minaccia di una rinascita del fascismo da lui rappresentata1. Però, il modo tipicamente bizzarro in cui ha affrontato la sua sconfitta elettorale ha portato ancora una volta un’ondata di preoccupazione per il ritorno dello spettro con la camicia nera o brune del passato.
Lo storico Timothy Snyder, scrivendo per il «New York Times Magazine», è inorridito davanti all’ Abisso Americano che si sarebbe aperto a causa del disprezzo di Trump per la democrazia elettorale: «Mi è stato chiaro a ottobre», ha scritto Snyder, «che il comportamento di Trump preannunciava un colpo di stato …»2. Il comportamento che aveva in mente era soprattutto la propensione di Trump a mentire, e la sua conseguente descrizione come “falso” da parte di fonti di informazione che intendono contraddirlo. Nel suo racconto, il cuore del fascismo è la “Grande Bugia” (Big Lie): «Finché [Trump] non è stato in grado di imporre qualche bugia veramente grande, qualche fantasia che ha creato una realtà alternativa in cui le persone potevano vivere o morire, il suo prefascismo non è stato all’altezza della cosa stessa». Per Snyder, quel ponte è stato attraversato con l’insistenza del presidente sul fatto di aver stravinto le elezioni e la sua richiesta ai sostenitori di marciare sul Campidoglio per impedire la certificazione della falsa vittoria del suo avversario.
È difficile affrontare l’insulsaggine di queste idee. Il fascismo, una politica volta a sfruttare le energie nazionali nella lotta per il potere politico-economico, si riduce a una propensione a raccontare enormi fandonie; l’idea che «quando ci arrediamo alla verità, concediamo il potere a coloro che hanno la ricchezza e il carisma di creare spettacolo al suo posto»3, finge che il potere della classe dirigente si basi effettivamente sul consenso dei governati. Alla fine, però, persino Snyder deve accettare il fatto che non c’è stato un colpo di Stato e rinviarne dunque il pericolo reale alle prossime elezioni. Tuttavia, è facile capire perché coloro che gestiscono davvero le cose – gli amministratori delegati aziendali che per il momento stanno tagliando i loro contributi ai PAC repubblicani, i “due miliardari della California” che «hanno fatto ciò in cui legioni di politici, pubblici ministeri e mediatori di potere, che avevano provato a farlo per anni, avevano sempre fallito», zittendo Trump bloccando i suoi account Facebook e Twitter4 – sono inorriditi davanti alla manifestazione in Campidoglio. La disaffezione dalla stabilità sociale definita dalle norme della democrazia elettorale americana è altrettanto inquietante per i manipolatori ufficiali dell’ideologia, della stampa e dell’accademia, che stanno scoprendo fino a che punto è arrivato il disprezzo per la loro autorità concettuale.
Circa 70 milioni di persone hanno votato per Donald Trump, dopo averlo visto in azione per quattro anni (e inazione, riguardo alla crisi covid-19, così come per tante altre promesse non mantenute). Dal momento che, in realtà, non ha raggiunto nessuno degli obbiettivi per cui la maggior parte di loro presumibilmente lo ha votato – dal finanziamento di posti di lavoro infrastrutturali al rilancio dell’industria del carbone, porre fine alla corruzione politica o persino costruire un grande, “bellissimo” muro per tenere fuori gli immigrati – chiaramente questo livello di sostegno politico è una risposta a qualcosa che è fortemente rifiutato a livello simbolico. Le piccole squadre di suprematisti bianchi e la presenza della bandiera da battaglia confederata, insieme al colore generale e alla distribuzione di genere della folla che ha invaso il Campidoglio, suggeriscono l’importanza tra i trumpisti del sentimento ben consumato che il gruppo più vittimizzato in America sia costituito dai maschi bianchi. E questi sono certamente i termini in cui Trump si è sempre rappresentato.
Certamente, a differenza di Trump, i suoi seguaci sono in realtà trattati piuttosto male: i piccoli imprenditori così preminenti nelle file degli elettori di Trump e i manifestanti di “Stop the Steal (fermare il furto)” vengono cacciati dal business a causa della stagnazione economica, ora accelerata dalla pandemia, che trasferisce inesorabilmente sempre più ricchezza a meno persone e a imprese più grandi; la “classe operaia bianca” sta vivendo un declino salariale da almeno una generazione, insieme ad una sempre maggiore precarizzazione dei posti di lavoro, quando ancora riesce a conservarli. Joe Biden, vecchio alleato di Dixiecrat (democratici del Sud degli Stati Uniti) e tutt’altro che ben disposto, invece, nei confronti di chi svolge i lavori più umili, l’uomo che disse ad Anita Hill5 che “era dispiaciuto per lei”, ha ritenuto necessario scegliere una donna di colore come sua compagna di corsa – come se un presidente nero non fosse già stato un orrore sufficiente da infliggere al maschio bianco – mentre è difficile trovare una pubblicità oggi, da quella per i cereali per la colazione alla gestione patrimoniale, i cui protagonisti non siano modelle o modelli neri. La verità è che, anche se la ricchezza e il potere di ogni tipo rimangono saldamente in (poche) mani bianche, l’Età dell’Uomo Bianco è finita. Non solo gli europei-americani saranno presto una minoranza demografica negli Stati Uniti, ma l’America — anche se rimane la prima potenza — è entrata economicamente e militarmente in declino sulla scena mondiale. L’economia nazionale, con le sue società zombie senza profitto, la bolla delle azioni tecnologiche e l’aumento del debito, personale, aziendale e governativo, richiede l’immiserimento generale degli ordini inferiori.
L’America è stata costruita sul razzismo: sulla schiavitù e sul genocidio. La sua espansione attraverso il continente e poi nel mondo era giustificata dall’idea che gli “anglosassoni”, come rappresentanti del progresso e della civiltà, avessero il diritto di sterminare popoli scomodi e costringere coloro che rendevano schiavi a lavorare per loro. Il trionfo del capitalismo industriale sulla schiavitù delle piantagioni nel 1865 fu suggellato da un accordo tra le élite del Nord e del Sud che imponeva la dominazione bianca nonostante l’abolizione della schiavitù. Ma durante il XX secolo, mentre gli Stati Uniti superavano la Gran Bretagna per importanza economica, militare e politica, lo sviluppo e la globalizzazione dell’economia – spingendo i lavoratori afroamericani dal sud all’industria settentrionale e i dirigenti, politici e generali americani in Medio Oriente, Africa e Asia, nonché in Europa, non come conquistatori ma come partner dominanti anche con colpi di stato localizzati – hanno finito col rendere le basi ideologiche della supremazia bianca sempre più insostenibili. Se la strategia di Nixon rivolta alla “mentalità sudista” segnò l’adozione del razzismo da parte del Partito Repubblicano come base per una coalizione elettorale al servizio della preoccupazione del mondo degli affari per annullare le magre riforme del New Deal, la finta devozione nei confronti della “diversità” è diventata il segno distintivo delle forze neoliberiste che cercavano di trasportare il capitalismo americano nell’economia globalizzata del 21 ° secolo. L’attuale disordine nel Partito Repubblicano è il risultato del conflitto tra i due principi, della supremazia bianca per le classi inferiori e degli affari transnazionali per i pochi della classe superiore. Ciò che li ha tenuti insieme finora è il bianco dominante della parte superiore e l’accettazione obbediente dello status quo da parte di coloro che si trovavano in fondo alla sua gerarchia socio-politica.
È scoraggiante constatare quanto le persone possano essere lontane dalla comprensione di ciò che sta realmente accadendo loro e da cosa possano fare al riguardo. D’altra parte, nonostante i numeri che aderiscono idealmente alla sua bandiera di battaglia, le folle che si sono schierate per Trump a Washington (per non parlare della Florida, dove soltanto poche persone lo hanno accolto) sono state piuttosto scarse rispetto alle masse che hanno dimostrato per mesi e mesi per il principio che le vite nere contano (Black Lives Matter); la vandalizzazione del Campidoglio è stata meno significativa rispetto al rogo di stazioni di polizia e veicoli delle forze dell’ordine durante le manifestazioni avutesi in tutto il paese nel corso dell’anno precedente. Un piccolo numero di manifestanti pro-Trump potrebbe aver usato armi automatiche, ma in realtà non le ha utilizzate. Mentre ci si può aspettare che un pazzo armato qui o là uccida delle persone o faccia saltare in aria qualcosa – sparatorie di massa e attentati non sono certo un fenomeno nuovo, dipendente da Trump – questi non sono squadristi paramilitari ben organizzati e non c’è una seria forza politica in vista che voglia formarli in tale senso. I dimostranti pro-Trump hanno insozzato i bagni democratici del Campidoglio: non prendevano il controllo delle stazioni televisive e delle armerie. Realizzato da una banda di militanti anti-mascherine, questo è stato più un evento da selfie e da super-diffusore di immagini che una significativa opzione sul potere. L’antisemitismo, si diceva, è il socialismo degli sciocchi e il trumpismo è, al massimo, il protofascismo degli sciocchi: l’America, semplicemente, non può essere di nuovo grande.
Gli appassionati di cospirazione, le mini-milizie, i militanti per il diritto di riaprire le piccole imprese e dimostrare la propria libertà individuale corteggiando la malattia, rappresentano reazioni al più importante abisso che si è aperto davanti all’America e al mondo: l’abisso di una stagnazione economica di tal profondità e durata da suggerire un’accelerazione del declino capitalista. Poiché i governi devono attingere le loro risorse dall’economia, questo declino stesso ostacola la capacità degli Stati di gestirlo, di contenere i danni e stabilizzare la società. Più trilioni immaginari possono essere pompati nel sistema finanziario, ma ciò non ripristinerà la redditività delle imprese private; gli sfratti possono essere rinviati, ma il problema degli affitti e dei mutui non pagati, sia per gli inquilini che per i proprietari, non scomparirà. Le istituzioni caratteristiche della società attuale, come la democrazia elettorale, stanno crollando insieme alle fondamenta di tale società. Né la celebrazione retroattiva dell’iniziativa individuale, sventolando la bandiera di Gadsden del 17756, né l’altrettanto arretrata rinascita dell’antifascismo, che chiede una rinascita del New Deal, porteranno a una via d’uscita da questo abisso.
Al contrario, le dimostrazioni della scorsa primavera, che chiedevano qualcosa di nuovo – la fine dell’oppressione sistematica di alcune persone da parte di altre persone e la fine della difesa poliziesca dello status quo da parte dello stato – hanno mostrato la possibilità di una via da seguire, così come i tentativi delle persone di tutto il mondo, con i loro sforzi, di affrontare la sfida del COVID-19, di fronte alle incompetenza dei governi. Ora apparentemente provato non solo dalla malattia e dalla morte, ma anche dall’incapacità di Black Lives Matter di compiere ulteriori progressi nei confronti delle forze dell’ordine, quel movimento dovrà rivivere e riconfigurarsi come una lotta per la sopravvivenza di massa se si vuole attraversare l’abisso. Nell’attuale caos dell’informazione, della disinformazione, della paura del disastro e del desiderio di vita, dobbiamo concentrarci sui tentativi di creare un nuovo modello di vita, non di preservarne o ravvivarne uno vecchio. Non si può tornare indietro, ma solo andare avanti, nell’abisso o attraverso di esso.
lunedì 20 gennaio 2021
1 Per discutere di questa domanda su “The Brooklyn Trail”, si veda Michael Mann, Is Donald Trump a Fascist? Field Notes, maggio 2017, e Editor’s Note: End Times Politics, Field Notes, aprile 2020
2 T. Snyder, The American Abyss, «New York Times Magazine», 17 gennaio 2021, p. 33
3 Ibid., p. 32.
4 Kevin Roose, Nel sottrarre il megafono a Trump, Twitter mostra dove si trovi ora il potere , «New York Times», 9 gennaio 2021.
5 Anita Faye Hill, è un’avvocata e docente statunitense. Divenne nota a livello nazionale nel 1991, quando accusò il candidato della Corte suprema degli Stati Uniti d’America Clarence Thomas, il suo supervisore al Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti e alla Commissione per le pari opportunità di lavoro, di molestie sessuali – N.d.T.
6 Christopher Gadsden fu un generale americano che durante la guerra d’indipendenza utilizzò per primo la bandiera con il serpente a sonagli su sfondo giallo con la scritta “Don’t tread on me”, ovvero “Non calpestarmi”. La bandiera di Gadsden di fatto costituì una delle prime bandiere dei neonati Stati Uniti d’America. Oggi è spesso utilizzata da chi rivendica il libero possesso delle armi – N.d.T.
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