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Il fascismo dei liberal: cultura senza struttura

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Segnaliamo questo puntuale testo di apparso su Medium 

Il breve testo di Umberto Eco ‘Il fascismo eterno’ (La nave di Teseo, p. 51, 2018) è uno dei pamphlet fra i più pubblicizzati e commentati all’interno della galassia liberal italiana. Esemplificativo è il richiamo a esso della ex Presidente della Camera Laura Boldrini (LeU).

La riflessione di Eco parte da una nota posizione che vede la luce nella filosofa Arendt e nel suo Origini del totalitarismo:

Il fascismo fu certamente una dittatura, ma non era compiutamente totalitario, non tanto per la sua mitezza, quanto per la debolezza filosofica della sua ideologia.

Il fascismo mancherebbe di alcuni elementi che lo identificherebbero come totalitario: per la filosofa naturalizzata statunitense il fascismo non fu totalitario per la sua con-vivenza con la monarchia e la Chiesa cattolica, differentemente dal nazismo e dal comunismo sotto Stalin; per il semiologo, invece, il fascismo non è totalitario per la sua debolezza ideologica.

Il termine “fascismo” si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista.

Quello che ne risulta è una combinazione in cui facismo è tutto e niente: il fascismo è una quasi-ideologia, una “imperfezione totalitaria” arendtianain cui a seconda dell’assemblaggio si giungerà al fascismo italico, al franchismo, al pinochetismo, all’evolismo, fino ad applicarsi anche a esperienze di base ideologicamente opposta come il leninismo, il maoismo, il castrismo, etc…

Eco, dimenticando tutta la produzione ideologica di Mussolini (35 volumi editi dalla casa editrice ‘La Fenice’), di Gentile, di Rocco, del Partito Nazionale Fascista nel senso collettivo del termine, cerca di trattare il fascismo da un punto di vista essenzialmente culturale e comunicativo, identificando 14 aspetti che “eternano” il fascismo:

  1. il culto della tradizione;
  2. il rifiuto del modernismo;
  3. l’azione per l’azione;
  4. il disaccordo come tradimento;
  5. paura della differenza;
  6. appello alle classi medie frustrate;
  7. ossessione del complotto;
  8. ambivalenza del nemico;
  9. rifiuto del pacifismo;
  10. disprezzo per i deboli;
  11. eroismo;
  12. guerra “ludica”;
  13. appello al popolo;
  14. neolingua “orwelliana”

Eliminando uno o più di questi aspetti ci troviamo comunque di fronte al fascismo. Eppure l’appello al popolo è caratteristica fondamentale della democrazia, specie quella delle costituzioni sociali antifasciste, mentre il fascismo si fonda sull’esaltazione dell’élite economica, a volte anche “razziale”. Questo le identifica come fasciste?

La frustrazione delle classi medie, invece, tratto che segna l’attuale momento politico mondiale, è per forza sintomo fascista quando, di fronte all’impoverimento di quella che un tempo era la medio-bassa borghesia, sbranata dalla globalizzazione, molti movimenti di sinistra in Europa e nel mondo cercano di fare fronte?

E che dire del disprezzo per i deboli, che segna in modo indelebile l’azione politica del trentennio di egemonia liberale-liberista, fatto di tagli alla spesa sociale, di emarginazione e soppressione della vecchiaia, della malattia, della gioventù? Eco vuole forse dirci che i leader della politica liberal sono intimamente fascisti?

  1. Gentile, Laterza; 10 edizione (3 marzo 2005), pp. 338

Eco non dice una parola invece su come il fascismo nasca quale opposizione ferrea, violenta e intransigente alla democrazia e al comunismo. Come afferma Emilio Gentile, fra i massimi studiosi di fascismo, in Fascismo: storia e interpretazione :

Alla vigilia della “marcia su Roma”, durante un convegno del Pnf tenuto a Napoli (24 ottobre 1922), il duce proclamò che il fascismo rispettava la monarchia e l’esercito, riconosceva il valore della religione cattolica, intendeva attuare una politica liberista favorevole al capitale privato e restaurare l’ordine e la disciplina nel paese.

Il fascismo viene sovente messo sullo stesso piano del marxismo da parte dei liberali, Eco compreso. Eppure il fascismo, nato in Italia anche grazie all’iniziale appoggio parlamentare e non dei liberali, fra cui il futuro Presidente del Consiglio De Gasperi e di un maestro del liberalismo quale il futuro Presidente della Repubblica Einaudi, nasce quale reazione violenta al biennio rosso e al bolscevismo che spira dalla Russia sovietica:

Da questo punto di vista, anche la presunta affinità genetica fra fascismo e comunismo risulta priva di fondamento storico. Come pure senza fondamento storico mi paiono le definizioni del fascismo come eresia del marxismo o variante della revisione marxista. Geneticamente, storicamente e culturalmentel’antitesi fra fascismo, socialismo o comunismo è totale, e come tale fu, sia per il fascismo che per il comunismo, consapevole e ostentata ostilità irriducibile fra nemici mortali (E. Gentile, Fascismo: storia e interpretazione)

Il fascismo si era posto il compito di liberale l’Italia dal pericolo bolscevico, da un’idea completamente nuova e realizzatasi per la prima volta in un grande Paese di una società socialista che progressivamente avrebbe scardinato le differenze fra individui e fra classi. Soltanto in un momento successivo, nel ’38, il fascismo abbraccia il razzismo e l’antisemitismo entrando nello statuto del Partito-Stato italiano mentre da sempre fa sue le istanze del capitalismoitaliano, di cui rappresenta l’ultima, disperata, violenta manifestazione.

Dire che il fascismo è mero ed esclusivo conservatorismo sociale — repressione dei diritti civili delle minoranze — equivale a non coglierne il peculiare aspetto economico di rafforzamento della struttura del capitalismoattraverso la soppressione dei sindacati, della difesa dei grandi imprenditori nell’ordine corporativo, della repressione delle tendenze democratiche nella società e socialiste nell’economia, dell’esaltazione dell’Impero e dell’imperialismo come allargamento del mercato interno a danno dei popoli colonizzati e resi sudditi.

È da questa struttura economica che il fascismo sviluppa i suoi aspetti culturali tanto odiati dal pensiero liberal, non viceversa.

Il Pensiero liberal moderno preferisce guardare esclusivamente al machismo, al razzismo, al carattere profondamente tradizionalista del fascismo perché altrimenti nelle questioni economiche si troverebbe — come storicamente è stato — appaiato al fascismo: nel raggiungimento della Quota 90 con la sterlina che il fascismo realizzò deprimendo la domanda interna, restringendo il credito e comprimendo i salari si ravvedono preoccupanti similitudini con il sistema dell’eurozona. Nell’ottobre del ’27 il governo Mussolini, con l’appoggio di Confindustria, varò una riduzione dei salari dal 10% al 20%, colpendo le piccole imprese e favorendo quelli più grandi. Il processo di concentrazione delle forze produttive nelle mani di pochi subisce una accelerazione sulla spinta della lotta all’inflazione e per la stabilità della moneta. Ricorda qualcosa?

Se oggi vediamo una recrudescenza di fenomeni più o meno inclini al fascismo è proprio perché l’egemonia liberal, non potendo affrontare il fascismo sul piano economico, ha preferito sfidarlo sul solo piano culturale, cavalcando i diritti di minoranze che comunque fanno parte di una società dove le disuguaglianze sono montanti, dove il predominio del mercato ha svenduto conquiste sociali di tutti in cambio di diritti individuali impossibili da godere senza quelle conquiste.

Non è un caso se di fronte alla vittoria di Jair Bolsonaro in Brasile i festeggiamenti — e i silenzi —riguardino tanto i liberal di Destra quanto quelli di Sinistra che internamente si contendono il predominio politicoBolsonaro vuole spezzare le reni allo Stato sociale, eliminare ogni forma di assistenzialismo verso i poveri e i bisognosi, premere con le privatizzazioni, favorire i mercati (che plaudono a Bolsonaro), svendere l’ambiente affiancando a ciò una retorica ultraconservatrice e reazionaria. Quando si tratta di accrescere la propria presa, i mercati sono pronti a chiudere gli occhi di fronte ai diritti di donne, minoranze sessuali ed etniche.

Giocando con l’alchimia e con la politica, Bolsonaro in Italia sarebbe un ibrido fra le posizioni economiche del Partito Democratico e +Europa di Emma Bonino con quelle socio-culturali di Forza Nuova.

Ora che un fascista vero e proprio è al governo nel più grande Paese sudamericano gridare al “fascismo eterno” contro la-qualunque, come spessissimo si è fatto nei circoli liberal, non ha più alcun risultato. L’analisi e le invettive contro il fascismo che abbiamo sentito e letto da Eco come da Boldrini, dalle colonne di Repubblica come da quelle del Manifesto hanno il fondamentale problema di affrontare (spesso pure male) aspetti soltanto culturali/sovrastrutturali del fascismo, senza modificarne una virgola quelli economici/strutturali, anzi, attuandone e infiocchettandone con nastro arcobaleno le politiche più bieche.

I circoli liberal hanno attaccato il fascismo in alcuni aspetti culturali, attuando e infiocchettando con nastro arcobaleno politiche economiche tipicamente fasciste

Prima la sinistra smaschererà la truffa liberal, prima si potrà tornare a fronteggiare le cause profonde che portano al fascismo ed evitarne la violenta recrudescenza che in Brasile, come in Ucraina, l’ideologia fascista è in grado di perpetrare.

 

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