InfoAut
Immagine di copertina per il post

Jeff Halper: “Questa guerra è contro di noi”

Le guerre tra stati con armi convenzionali, sostiene lo scrittore israeliano, sono in gran parte roba del passato. Ciò che serve ora sono le competenze che Israele ha sviluppato dopo un secolo di ‘contro-insurrezione’ contro i palestinesi, attraverso una forma subliminale di guerra infinita, che alimenta la paura tra la popolazione, in questo modo giustificando la militarizzazione nella vita quotidiana.

L’ondata di attentati terroristici di queste settimane fa da tragica cornice alla tesi sostenuta da un imperdibile libro dell’israeliano Jeff Halper, “War Against the People” : questa è una “guerra contro la gente”, contro tutti noi.

Proprio quando il primo ministro israeliano Netanyahu è in seria difficoltà di fronte alla incalzante “Intifada dei Coltelli”, e soprattutto quando i direttori delle quattro principali compagnie israeliane di armamenti lo avvertono della ‘grave crisi’ di quella che è la principale industria nazionale, ecco che un’ondata terroristica globale senza precedenti gli offre opportunità imperdibili.

Parigi: un tragico spot pubblicitario

Una prima mossa che Netanyahu non si lascia sfuggire è alimentare la tensione internazionale presentando anche il suo paese come vittima, spacciando così come fondamentalismo islamico la resistenza palestinese contro un regime oppressivo, coloniale e di apartheid.

Una seconda occasione colta al volo dall’intellighenzia militare israeliana è tentare di convincere l’occidente a riscrivere il diritto internazionale, alla stregua di quello israeliano che consente di incarcerare minorenni, torturare e detenere persone sospette per tempi indefiniti senza un’accusa formale. Già lo aveva fatto G.W. Bush dopo l’11/09 con il Patriot Act. Ora è Hollande che si candida con solerzia a fedele esecutore proponendo la modifica della Costituzione francese. E non soltanto come una manovra temporanea.

Se i funzionari israeliani possono mostrare tanta indifferenza di fronte a centinaia di bambini massacrati a Gaza o alla violenza sproporzionata delle forze di sicurezza è grazie al lavoro infaticabile di avvocati specializzati nello sviluppare nuovi principi giuridici che diano una parvenza di legalità a quelle che sono violazioni del diritto internazionale. Think-thank e accademici israeliani hanno coniato il termine di “lawfare” per descrivere come i “terroristi” che si annidano nelle organizzazioni per i diritti umani usino il diritto internazionale come arma per ostacolare il potere degli stati e in particolare come una minaccia per lo stato di Israele. In questo modo cambiando completamente le carte in tavola e portando a un paradosso giuridico che Perugini e Gordon analizzano in dettaglio nel libro “The Human Right to Dominate”.

Un altro assist a Israele arriva dall’Unione Europea che concede alla Francia e agli altri paesi europei di escludere le spese per la sicurezza dal patto di stabilità, aprendo così un vero e proprio eldorado all’industria delle armi e della sicurezza. In “War against the People” Jeff Halper analizza nei dettagli più minuziosi lo stupefacente e inquietante armamentario, militare, tecnologico e giuridico, con cui Israele è pronto a rispondere alla domanda di sicurezza generata dalla situazione critica che l’occidente sta vivendo.

Visti attraverso questa lente, i fatti di Parigi rappresentano indubbiamente un tragico spot pubblicitario di Israele come supermarket della “guerra al terrorismo”.

Israele: lupo o agnello?

Ebreo americano emigrato in Israele nel 1973 e co-fondatore nel 1997 del Comitato israeliano contro la demolizione delle case (ICAHD), Jeff Halper è da diciotto anni in prima linea nel conflitto israelo-palestinese. Ex-professore di antropologia, è stato candidato dall’American Friends Service Committee, assieme all’intellettuale e attivista palestinese Ghassan Andoni, al premio Nobel per la Pace.

Halper inizia il suo libro chiedendosi come può Israele continuare a farla franca e rimanere impunito nonostante stia illegalmente occupando da quasi cinquanta anni la Palestina, abbia violato dozzine di risoluzioni delle Nazioni Unite e sia oggetto della condanna di tribunali internazionali. Come fa Israele a godere di tale autorità e autorevolezza, non solo negli Stati Uniti e in Europa, ma, più sorprendentemente, nei paesi del Sud del mondo? Al di là delle solite spiegazioni (l’Olocausto, il potere delle lobby, ecc.), la ragione individuata da Halper sta nella “nicchia” cruciale che Israele è riuscito a occupare nella “guerra al terrorismo” attraverso non un semplice aumento della produzione di armi, ma una sua riorganizzazione qualitativa.

L’autore ritiene ormai obsoleto l’avvertimento lanciato nel 1961 dal presidente americano Eisenhower che il “complesso militare-industriale” sarebbe diventato il vero potere dietro una facciata di democrazia popolare. È pur vero che:

– Israele spende circa l’8% del suo PIL annuale per la “difesa”, circa il doppio della spesa pro capite degli Stati Uniti;
– Nonostante le sue dimensioni, ha più aerei militari di qualsiasi paese europeo;
– Annovera al suo interno quattro dei 100 principali produttori di armi al mondo;
– Il Global Militarization Index lo ha incoronato ogni anno dal 2007 come la nazione più militarizzata del pianeta;
– Nel maggio scorso ha ottenuto il riconoscimento di “superpotenza informatica”, con compagnie che vendono circa un decimo dei computer e della tecnologia della rete di sicurezza al mondo.

Tuttavia il valore aggiunto di Israele, sostiene Halper, è di potersi presentare come il bengodi della sicurezza, “securityland”, il paese a cui rivolgersi per quella che viene chiamata la “guerra securocratica”.

Le guerre tra stati con armi convenzionali sono in gran parte roba del passato. Ciò che serve ora sono le competenze che Israele ha sviluppato dopo un secolo di ‘contro-insurrezione’ contro i palestinesi, attraverso una forma subliminale di guerra infinita, che alimenta la paura tra la popolazione, in questo modo giustificando la militarizzazione nella vita quotidiana. I territori palestinesi occupati, sostiene Halper, sono un vero e proprio laboratorio di questo approccio.

Come viene ampiamente discusso nel libro, le guerre tra stati hanno tradizionalmente coinvolto tre fasi: la preparazione, l’attacco vero e proprio, e infine il risultato finale. Tuttavia, quella che il presidente Bush, dopo l’attacco all’Iraq, aveva frettolosamente annunciato come “mission accomplished”, si è rivelata un’illusione. L’Iraq, così come l’Afghanistan prima, ha mostrato l’esigenza di una quarta fase: la pacificazione, ossia la stabilizzazione e il mantenimento della “pace” dopo il cambio di regime. Anche questa fase è “guerra”, nonostante assuma aspetti disparati e utilizzi strumenti diversi contro chi osi sfidare il nuovo ordine egemonico imposto con la guerra combattuta.

L’industria della “pacificazione globale”

Israele è in grado di fornire consulenza e assistenza a forze armate, forze di polizia e agenzie di sicurezza nazionale in tutto il mondo, grazie alla sua posizione di leader nella fiorente industria della “pacificazione globale”, attraverso un modello di controllo “securocratico” che Halper identifica in quella che chiama la Matrice di Controllo di Israele. Ciò cui stiamo assistendo è la crescita dello “stato della sicurezza”, della “guerra infinita al terrore”, il mondo in uno stato permanente di emergenza. Mentre i militari dei contingenti internazionali, compresi quello italiano, assumono molti dei compiti di una forza di polizia in guerre esterne come l’Iraq e l’Afghanistan, a casa nostra la polizia diventa sempre più militarizzata. I poliziotti di Ferguson (USA) che reprimono i moti di rivolta dei neri americani sembrano indistinguibili dai loro compatrioti dell’esercito Usa in Iraq. Il fatto che quella polizia sia stata addestrata da Israele ha fatto parlare della “palestinizzazione” di Ferguson.

In pratica, Israele sviluppa, raffina e sperimenta sul campo (ossia Gaza e Cisgiordania) armi convenzionali, sistemi missilistici di intercettazione, di sorveglianza, di controllo della folla, raccolta di dati biometrici e, come abbiamo visto, nuove interpretazioni del diritto internazionale, usando i palestinesi come cavie. Il tutto rivenduto sul mercato globale.

Leggendo “War against the People” si viene iniziati a diavolerie come “soldati cibernetici, sistemi radar che vedono attraverso i muri, carri armati di nome Crudeltà, droni di 20 grammi a forma di farfalla, imbarcazioni invisibili chiamate Squalo di Morte, armi che prendono il nome di insetti o fenomeni naturali (calabroni bionici, polvere intelligente, droni libellula e robot intelligenti di rugiada), insetti cibernetici, un quartiere cittadino simulato con 600 edifici per l’addestramento alla “guerriglia urbana” soprannominato Chicago e una bomba da un megaton a impulsi elettromagnetici con effetti devastanti.”

Questo ruolo unico nel teatro globale ha portato Israele a relazioni militari ufficiali con oltre un centinaio di paesi, molti dei quali feroci dittature note per le loro violazioni dei diritti umani. Recentemente, ad esempio, le Nazioni Unite hanno rivelato che Israele stava trasgredendo l’embargo sulla vendita di armi nella guerra civile in Sudan meridionale. A Israele non interessa con chi fa affari;  il suo comportamento è in questo senso “amorale”, sostiene Halper. È disposto a trattare e vendere qualsiasi cosa a chiunque senza curarsi troppo del contesto.

Controllo dell’ordine sociale

Secondo Halper, vista in una prospettiva globale, la guerra securocratica serve a garantire sicurezza al sistema capitalistico mondiale, assicurare il movimento di capitali e risorse in una direzione ben definita ed essere in grado di far fronte alla resistenza sempre più endemica che viene dal basso. Con il divario crescente tra ricchi e poveri, intensificato dalla privatizzazione neoliberista e tagli nei servizi pubblici, la protesta è in aumento. Le multinazionali hanno bisogno di canali sicuri per il flusso di capitale e lavoro. E proprio mentre la ricchezza e il potere non sono più identificabili con un singolo punto geografico avendo tessuto una rete di interessi che copre l’intero pianeta, le maggiori potenze mondiali denunciano crescenti minacce terroristiche globali.

La preoccupazione è come mantenere un ordine sociale favorevole al capitalismo mentre grandi aree del globo sono povere, in preda a guerre civili e orde di migranti cercano di sfuggire a una situazione disperata. L’obiettivo non è tanto la vittoria quanto la pacificazione di qualsiasi forza sfidi lo status quo, siano palestinesi sotto occupazione, afro-americani emarginati, senzacasa europei o una comunità valligiana in rivolta contro la distruzione del proprio habitat. In una guerra del genere, combattuta nelle aree urbane, predominano ovviamente le vittime civili: la guerra non è soltanto “tra la gente” ma “contro la gente”.

L’autore di “War against the People” si pone anche una seconda domanda: “Perché Israele continua a comportarsi in questo modo suscitando indignazione in tutto il mondo, e rifiutando qualsiasi appello alla moderazione che lo renderebbe un paese felice e tranquillo, dedito esclusivamente al miglioramento della qualità della vita della sua popolazione?”

Al tavolo con le potenze mondiali

Il fatto è, argomenta Halper, che, grazie all’industria della guerra securocratica, Israele è riuscito a trasformare il suo know-how nel campo della sicurezza in influenza politica. L’expertise acquisito con il controllo di Gaza, per esempio, è estremamente interessante per Stati che vogliono potenziare la loro sorveglianza interna potenziando le frontiere, la guerriglia urbana, o la lotta alla immigrazione. I palestinesi, in questo senso, sono una risorsa importante per Israele. Senza i territori occupati, ironizza Halper, Israele sarebbe una semplice destinazione turistica, non un’egemonia regionale.

È grazie a tutto ciò che Israele può partecipare alle esercitazioni militari della NATO, ottenere la ratifica dell’Accordo di Associazione UE-Israele e contribuire allo sviluppo di droni usufruendo dei fondi di ricerca europei Horizon 2020. Può addirittura intrattenere legami sempre più stretti anche con regimi che sono apparentemente nemici, come l’Arabia Saudita. Insomma, le quotazioni a livello internazionale del piccolo Israele vanno ben oltre il suo peso economico, politico e militare.

E soprattutto, cosa cui Israele tiene in modo particolare, quelli che inizialmente sono semplici rapporti commerciali ben presto evolvono in relazioni politiche amichevoli che avranno un peso fondamentale quando, per esempio, sarà il momento di votare pro o contro Israele alle Nazioni Unite. L’India, che ha lunga storia di sostegno ai palestinesi, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite è stata tra i cinque paesi astenuti nella mozione di condanna di Israele per la guerra di Gaza del 2014. La Nigeria, paese dipendente dalle armi israeliane, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dicembre 2014, ha rinnegato il suo tradizionale sostegno per i palestinesi votando contro la risoluzione palestinese per la fine dell’occupazione. E così il mese seguente, dopo i fatti di Charlie Hebdo, il presidente nigeriano si è guadagnato l’onore di essere immortalato a Parigi a braccetto di Netanyahu.

Da questo punto di vista, l’occupazione è una delle principali fonti di profitto e peso politico, che non offre a Israele nessun incentivo a cercare una soluzione con i palestinesi.

Conclusione

“War Against the People” offre una visione inquietante di come le potenze occidentali intendano la guerra oggi. Si tratta di una guerra subliminale di sorveglianza travestita da “guerra al terrorismo”, condotta attraverso apparati militari nuovi, ad alta tecnologia, progettati e in primo luogo usati in Israele e nei territori occupati contro la popolazione palestinese.

In un momento in cui queste potenze stringono la presa sull’uso delle informazioni private e mettono sempre più a rischio le libertà individuali, “War against the People” lancia un appello accorato a un attivismo che assuma proporzioni anti-egemoniche lottando per un nuovo mondo in cui il militarismo e l’ossessione securocratica non possano trovare alcuno spazio per sopravvivere. Nena News

Dal libro di Jeff Halper, “War Against the People: Israel, the Palestinians and Global Pacification”, September 2015, Pluto Books

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

guerraisraelepalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lo storico israeliano Avi Shlaim ha abbandonato il sionismo molto tempo fa. Ora è al fianco di Hamas

Shlaim, dell’Università di Oxford, sostiene che Hamas incarna la resistenza palestinese e si allontana persino dai suoi colleghi più radicali.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gli Stati Uniti e il «capitalismo fascista»

Siamo dentro a una nuova accumulazione primitiva, a un nuovo ciclo strategico innescato da Trump.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Israele sta perpetrando un olocausto a Gaza. La denazificazione è l’unica soluzione possibile

Il micidiale etno-suprematismo insito nella società israeliana è più radicato di Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich. Deve essere affrontato alla radice.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (pt.1)

Traduciamo questo contributo da Chuangcn.  Prefazione a cura di Chuang.  Dal 2020, un gruppo anonimo di netizen si riunisce per redigere una rassegna annuale delle lotte del lavoro (o, nella loro terminologia, “incidenti nel diritto del lavoro”) e delle tendenze sociali ad esse collegate in Cina. L’iniziativa è guidata dall’utente WeChat “Chiapas Eastern Wind TV” […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La questione della Palestina nel mondo di lingua cinese

Nell’ottobre 2023, con l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” lanciata da Hamas e la brutale risposta di Israele, il movimento di solidarietà con la Palestina è ricomparso in Cina.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La società della resistenza e la liberazione degli oppressi. La lunga storia di Hezbollah

Appena il governo di Beirut ha deciso il disarmo di Hezbollah, immediatamente nella capitale sono scoppiate proteste e cortei, non solo opera del partito sciita, ma di molti altri partiti e semplici cittadini.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I signori della terra: i latifondisti transnazionali e l’urgenza di una redistribuzione

Troppa terra in poche mani: le dieci multinazionali che controllano milioni di ettari

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

E’ uno sporco lavoro / 3: Hiroshima Nagasaki Russian Roulette

Sono ancora una volta delle parole, in parte esplicite e in parte giustificatorie, quelle da cui partire per una riflessione sul presente e sul passato di un modo di produzione e della sua espressione politico-militare.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il laboratorio della guerra. Tracce per un’inchiesta sull’università dentro la «fabbrica della guerra» di Modena

Riprendiamo questo interessante lavoro d’inchiesta pubblicato originariamente da Kamo Modena sul rapporto tra università e guerra.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Anan Yaeesh deportato nel carcere di Melfi, mentre si allungano i tempi di un processo infame

Anan Yaeesh, partigiano palestinese sotto processo a L’Aquila su mandato del governo genocida di Israele, è stato trasferito il 23 settembre, dal carcere di Terni a quello di Melfi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non è solo una partita: boicottaggio di Italia-Israele ad Udine

Il 14 ottobre si terrà ad Udine la partita Italia vs Israele valevole per le qualificazioni al prossimo mondiale di calcio maschile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Trump ritira il visto anche al colombiano Petro: troppo filopalestinese e anti-Usa

Alla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Gustavo Petro ha scelto ancora una volta di alzare la voce contro quello che definisce l’ordine globale dell’ingiustizia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Inaugurazione del Salone dell’Auto a Torino: la protesta silenziosa delle Red Rebels di Extinction Rebellion

La cerimonia di inaugurazione del Salone dell’Auto 2025 è stata disturbata da Extinction Rebellion, con la presenza muta e solenne delle Red Rebels. Una critica al modello di mobilità e sviluppo che ogni anno viene riproposto nel centro di Torino e una denuncia della presenza di aziende coinvolte nelle operazioni di Israele a Gaza e in Cisgiordania.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Milano: convalida degli arresti ai domiciliari e divieto di andare a scuola per i due minori fermati il 22 settembre

La giudice del Tribunale per i minorenni di Milano Antonella De Simone ha convalidato gli arresti e disposto come misura cautelare i domiciliari per due studenti di un liceo milanese, un ragazzo e una ragazza di 17 anni, accusati di resistenza aggravata e danneggiamenti dopo il corteo di lunedì a Milano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Aggiornamenti dalla Global Sumud Flottilla e dalle mobilitazioni in Italia per la Palestina

Ieri sera l’ultimo aggiornamento dai canali della Global Sumud Flottilla riportava un avviso da parte di diversi governi di un probabile attacco israeliano, nei fatti la notte è passata con droni che hanno sorvolato continuativamente le imbarcazioni.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.