InfoAut
Immagine di copertina per il post

Lo sciacallo euroamericano allunga la mano sulle rivoluzioni arabe

In pochi mesi, la situazione mondiale è cambiata radicalmente. Da quando, il 17 dicembre, Mohamed Bouazizi si è dato fuoco a Sidi Bouzid, in Tunisia, la rivolta si è diffusa a macchia di leopardo nei paesi arabi. Insurrezioni, rivolte e rivoluzioni hanno avuto luogo in Tunisia, Egitto, Algeria, Bahrain, Yemen, Marocco, Siria, Giordania, Iraq, Palestina e, ovviamente, in Libia. Che cosa significa tutto questo? Significa che un equilibrio artificiale, che è durato per anni, si è definitivamente rotto. Non importa quanto ci vorrà perché la rivoluzione iniziata dia i suoi frutti più maturi; è soltanto una questione di tempo: il mondo uscito con fatica dal 1989, quello mondo costruito sugli equilibri imposti unilateralmente dagli Stati Uniti e dai loro alleati 8° livello sociale prima ancora che diplomatico) è sull’orlo del collasso. Le popolazioni dei paesi che sono esplosi, e quelle dei paesi che presto esploderanno in un domino imprevedibile, non chiedono sistemi di governo a immagine e somiglianza dello stato nazionale “euroamericano”, e non chiedono il ritorno alla legge islamica, né qualche etto in più di pane al giorno, come dicono i nostri giornalisti. Chiedono e vogliono tutto quello che riescono a esprimere nelle interviste con la sola parola “libertà”, abbastanza vaga da contenere un sacco di cose. Vogliono la tranquillità, la serenità, la felicità, l’abbondanza, e soprattutto una cosa che non hanno mai avuto, e non avranno mai se non la strapperanno alla storia con i denti: il rispetto. La frustrazione è finita. È stata sostituita dalla collera.

L’inguardabile ceto politico e i giornalistico, ed imprenditoriale, di questo lato del globo non ha saputo usare in questi anni che lo stereotipo dell’arretratezza civile e culturale per spiegare scarsità e carenze che quelle popolazioni hanno sofferto per una lunga storia di colonizzazioni dirette e indirette. L’arabo è in fondo, per costoro, un selvaggio, un minorenne o un minorato, arretrato, incapace di intraprendere la via dello “sviluppo” e della “democrazia” se non condotto per mano dagli stati imperialisti classici, che sarebbero, come in un incubo a ripetizione infinita, gli stessi dall’Ottocento e del Novecento: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Italia fanalino di coda, ecc. I soliti noti. I soliti noti che, chissà perché, avrebbero la funzione di polizia internazionale, di intervenire contro i più forti e in favore dei più deboli, ad ogni capo del globo. Questa versione patetica della favola di Robin Hood è stata usata ad uso propagandistico per le popolazioni europee e nordamericane, ma le popolazioni degli altri paesi hanno sempre saputo che si trattava di una vigliacca finzione per rapinare risorse economiche, naturali e culturali, e per tenere sotto controllo i bisogni della gente, per imbalsamare la frustrazione e scongiurare la collera. Nei primi anni Duemila gli “analisti” occidentali strabuzzarono gli occhi di fronte all’emersione mainstream di Al-Jazijra: possibile che gli arabi possano dotarsi di una simile televisione? Oggi basta accendere la tv per vedere giornalisti e politici sentirsi colti “di sorpresa” dal fatto che queste persone non soltanto non sono dei bifolchi – anche se sono più poveri di noi – ma hanno come noi sogni e bisogni, e non vogliono, né possono, subire in eterno.

Allora per reagire al tentativo delle potenze europee e statunitensi di raffreddare con la paura le rivoluzioni arabe – con l’infame scusa di proteggere gli insorti libici – e di mostrare che un destino di lutto attende chi scherza col fuoco (ossia con la collera) in tutto l’oriente, occorre tenere a mente tre cose:

1.     Le rivoluzioni arabe non sono né aneliti a riforme costituzionali su modello occidentale, né percorsi “islamisti”; sono altro e molto di più. Da un lato, mostrano come la rigida ideologia religiosa di molte organizzazioni combattenti di questi anni, in quei paesi, non sia riuscita a conquistare il cuore della maggioranza dei giovani, che vogliono una vita moderna, consumi moderni e piaceri moderni, anche se questo non significa che abbiano intenzione di abbandonare in massa la loro fede. Dall’altro, sbaglia di grosso chi si rallegra del presunto carattere non “anti-occidentale” di queste rivolte. Nel momento in cui le masse arabe avranno accesso al potere politico, e comunque ciò avvenga, avrà traduzione politica il sentimento unanime di tutte quelle popolazioni: basta alla violenza perpetrata contro le popolazioni inermi in nome dello sfruttamento della forza-lavoro e del territorio (in particolare del petrolio). E chi si è reso responsabile di tutto questo? Molti paesi, ma in primo luogo gli Stati Uniti e Israele. L’odio contro Mubarak e Ben Ali, o contro le monarche della penisola arabica è anche dovuto all’ipocrisia con cui hanno accettato di essere complici dei massacri degli iracheni e dei palestinesi; e per odiare questa ipocrisia non è necessio essere islamisti o anti-moderni. Noi non siamo né l’uno né l’altro e, anche da qui, l’abbiamo sempre odiata.

2.  Non dobbiamo credere alle favole di Obama e Berlusconi, di La Russa, di Di Pietro e di Repubblica: significherebbe seguirli nel loro congedo dalla storia vivente, dal futuro del mondo. I liberatori non esistono, sono i popoli che si liberano da sé. Unico obiettivo della “coalizione dei volenterosi” è (a) ipotecare interessi energetici su un suolo libico militarmente disputato e in preda al disordine; (b) divenire attori non richiesti del processo di liberazione arabo per poter influire sull’intera fase storica in nome dei loro interessi, che sono quelli del capitale occidentale; non sono né i nostri, come popolazioni occidentali, né quelli delle popolazioni arabe. Non facciamoci stordire dalla propaganda del Tg1 o di France2: noi non sappiamo cosa pensano i libici di quello che sta succedendo; sicuramente molti si rendono conto che questo intervento è un fattore negativo e preoccupante, e se qualcuno, magari in buona fede, crede che sia un aiuto sincero, cambierà idea entro pochi giorni. Quando si diceva in questi giorni “in Iraq esportavamo la democrazia, in Libia no perché non conviene ai soliti noti” si intendeva mettere in evidenza l’ipocrisia della propaganda europea e statunitense, che non hanno il diritto di intervenire in nessun luogo dopo secoli di colonialismo… non che sarebbe stato giusto bombardare ed esportare anche là!

3.  Il potere decrepito dei paesi della “lega dei volenterosi” non è in grado di assicurare al mondo la felicità, la libertà e le risorse alimentari, o di altro genere, di cui le persone hanno bisogno. Il dislivello sociale avanza; l’economia globale vacilla; i disastri naturali mostrano il costo mortale delle nocività che il capitalismo ha costruito sul pianeta per i suoi specifici interessi. Lo scontro in corso non è iniziato oggi, ma il 17 dicembre, con il suicidio di Mohamed Bouazizi, e non è tra Libia e “comunità internazionale”, ma tra chi nel mondo lavora e produce, ma vive in una sempre più grave penuria delle risorse, e chi ha costruito un sistema nocivo, mortifero, oppressivo, guerrafondaio e inquinante per vivere su tutto questo come un parassita. Le rivolte dei lavoratori del Wisconsin, degli studenti europei e dei giovani arabi sono diverse in molte cose, ma non in questo. Una classe dirigente mondiale è sotto accusa ovunque. La vergognosa ipocrisia con cui gli stati occidentali hanno difeso pubblicamente, per anni, i dittatori orientali contro le loro popolazioni (giacché il dissenso nei paesi arabi non è certo iniziato nel 2010; e negli stessi istanti in cui bombardavano e occupavano l’Afghanistan e l’Iraq per “esportare la democrazia”) sarebbero meno vomitevoli se non si trovasse oggi nuovamente, nelle parole di Obama come quelle di Napolitano, e in corrispondenza con i missili e i raid aerei, il rivoltante e patetico riferimento ai “diritti dei popoli”, alla “libertà”, alla “guerra umanitaria” e alla “democrazia”.

Per tutti questi motivi è necessario preparare ovunque mobilitazioni su una prospettiva di lungo periodo, con almeno questi tre punti fermi: (1) solidarietà a tutte le insurrezioni contro l’ordine globale esistente, in tutti i paesi dove si manifestano; (2) ostilità e boicottaggio di tutte le operazioni militari dei paesi europei e degli Stati Uniti, ivi compresa l’Italia, ovunque esse avvengano, sicuri che esse non sono pianificate per aiutare l’eversione delle gerarchie globali esistenti; (3) intensificazione delle proteste contro i propri presidenti, i propri rais, le proprie classi parassitarie, capitalistiche e dirigenti, ovunque possibile, nel modo più efficace possibile.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

europaimperialismo umanitariomaghrebUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Los Angeles, o la fine dell’assimilazione

“Non è nostro compito inventare strategie che potrebbero permettere al Partito dell’Ordine di respingere il diluvio. Il nostro compito è piuttosto quello di individuare quali compiti necessari ci vengono assegnati giorno per giorno, quali forze di creatività, determinazione e solidarietà vengono chiamate in causa, e quali forme di azione appaiono ora ovvie a tutti.”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’autunno braudeliano dell’America

Riprendiamo dal sito Phenomenalword questo interessante contributo sulle antinomie della Trumpeconomics a cura di Di Benjamin Braun (Assistant Professor of Political Economy, LSE), Cédric  Durand (Professor of Political Economy, University of Geneva).  Fazioni del capitale nella seconda amministrazione Trump. Secondo lo storico Fernand  Braudel, il declino egemonico è storicamente accompagnato dalla finanziarizzazione. Di fronte a una […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Una resa dei conti coloniale: come la guerra di Israele contro l’Iran riapre vecchie ferite

Riprendiamo di seguito questo articolo di Soumaya Ghannoushi, apparso su Effimera. Condividiamo in gran parte quanto scritto nel testo e nell’introduzione di Effimera, ci teniamo a sottolineare per quanto riguarda il nostro punto di vista che sicuramente quello del multipolarismo rappresenta un orizzonte del desiderio tra le masse del sud del mondo (ed anche qui […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

TRUMP II: La guerra commerciale si fa globale. 

Riprendiamo e traduciamo il contribuito che i compagni di Chuang hanno dato al neonato progetto editoriale “Heatwave”.  Buona lettura. In questo primo contributo al nuovo progetto Heatwave, rispondiamo alle domande di questo collettivo sull’impatto globale delle ultime ondate di dazi americani. La panoramica completa di questa inchiesta può essere letta sul loro sito web, insieme […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

“I padroni del mondo:come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia”

Venerdì 6 giugno presso il CSOA Askatasuna alle ore 19.30 si terrà insieme all’autore Alessandro Volpi la presentazione del libro “I padroni del mondo: come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia” (Laterza, 2024).  D’accordo con l’autore pubblichiamo l’introduzione del libro. Mappe. Esiste un legame evidente fra l’idea che serva una continua […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il posto di Hamas (e di chi chi seguirà o precede) in Palestina

Qualche precisazione sul ruolo del movimento, all’interno di una più ampia cornice di lotta anticoloniale di Lorenzo Forlani, da lorenzoforlani.substack.com Mi sembra sia arrivato il momento, o forse non ha mai smesso di esserlo. Vogliamo parlare di Hamas? E parliamo di Hamas, una volta per tutte, tentando di scrollarci di dosso paranoie, tensioni mai sopite, […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Note preliminari sul «sistema degli Stati»

È generalmente noto che Karl Marx, nel piano del Capitale, prevedesse una sezione dedicata allo Stato – sezione di cui non scrisse nemmeno una bozza.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’uso dei reati associativi per contrastare il conflitto sociale: il processo contro il CSOA Askatasuna (1° parte)

Il processo contro 28 militanti del centro sociale Askatasuna e del movimento No Tav, conclusosi il 31 marzo scorso, costituisce il tassello principale di un’articolata strategia volta a contrastare il conflitto sociale a Torino e in Val di Susa

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Russia: i segreti della resilienza economica

Abbiamo tradotto il testo di Mylène Gaulard, docente di economia presso Università Pierre Mendes France – Grenoble 2, apparso originariamente su Hors-serie in quanto intende mettere a nudo l’enorme distanza tra la narrazione dominante occidentale (e principalmente europea) sul conflitto in Ucraina e la realtà materiale dei rapporti di forza economici e geopolitici che si stanno ridefinendo su scala globale.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Fuoco e ghiaccio: lezioni dalla battaglia di Los Angeles

Traduciamo questo articolo anonimo dal sito ill will. Il testo è del 14 giugno, quindi scritto nei giorni caldi delle rivolte. Ci sembra importante cercare di seguire il dibattito interno al movimento che si sta dando negli Usa, per provare a restituire la complessità delle questioni che esso mette sul tappeto.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vertice Nato: servili o complici?

Entro il 2035 la spesa militare dei 32 paesi della Nato dovrà raggiungere il 5% del PIL.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Costruita per Dominare

Pubblichiamo la traduzione del seguente articolo: Palantir sta progettando l’infrastruttura della repressione — e ci sta dicendo il perché. Una nuova campagna di reclutamento è apparsa nei campus delle università d’élite statunitensi nell’aprile scorso. In scuole come Cornell e UPenn, manifesti alle fermate degli autobus, su uno sfondo nero austero, lanciavano un cupo avvertimento: “È […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA bombardano l’Iran, ogni maschera è caduta

Ieri notte gli USA hanno bombardato tre siti nucleari in Iran, quello di Fordo, di Isfahan e di Natanz ufficializzando di fatto l’entrata in guerra al fianco di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’ombra di Sigonella sui bombardamenti israeliani all’Iran

Passa immancabilmente dalla base siciliana di Sigonella parte del sostegno delle forze armate USA alla guerra di Israele contro l’Iran.  di Antonio Mazzeo, da Pagine Esteri Secondo il sito specializzato ItaMilRadar che monitorizza il traffico aereo militare nel Mediterraneo, nei giorni 13, 15 e 16 giugno sono state documentate lunghe missioni nello spazio aereo prossimo ad Israele, […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Fuck ICE! Note sulla rivolta.

Da giorni Los Angeles è sotto assedio, una vera e propria invasione poliziesca contro i lavoratori migranti ha scatenato un’odata di proteste e resistenza popolare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Netanyahu verso la soluzione finale

Il piano annunciato dal governo di Netanyahu, che pare attenda soltanto il passaggio di Donald Trump nel Golfo, per essere messo in atto ha i contorni ben precisi.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il nuovo disordine mondiale / 28: l’antifascismo europeista e la diplomazia delle armi

La vera novità del nuovo giro di valzer di “The Donald 2.0” e dai suoi cavalieri dell’Apocalisse hi-tech è rappresentata dall’aggressività di carattere economico, ma anche politico, nei confronti degli “alleati” europei e non solo.