InfoAut
Immagine di copertina per il post

L’ombra del contraccolpo: la sfida di Black Lives Matter

Resisting the backlash, resistere al contraccolpo. Questa sembra essere, negli ultimi giorni, la principale preoccupazione dell’arcipelago di associazioni, collettivi e singoli individui che si riconoscono in Black Lives Matter. L’uccisione di cinque agenti di polizia a Dallas e di tre a Baton Rouge – per mano di soggetti isolati che non avevano rapporti e connessioni con il movimento che si è mobilitato nelle ultime settimane – ha scatenato una campagna mediatica e politica che ha come obiettivo quello di stringere ancor di più le maglie della repressione e porre fine alle proteste. Le diverse narrazioni razziste, con vari gradi di tossicità, sono fortemente veicolate dai media mainstream e dagli ambienti politici che gestiscono il potere reale nella società americana.

Secondo alcuni, Black Lives Matter sarebbe il riflesso speculare del Ku Klux Klan perché opera una «discriminazione inversa» verso i bianchi, minando in questo modo la sicurezza del tessuto sociale che non può essere garantita se non dalla polizia. È la narrazione privilegiata del circuito politico che si sta aggregando, o tenta di farlo, attorno alla candidatura di Trump, delle lobbiesdelle armi rappresentate dalla National Rifle Association, di reti televisive come la Fox. Se le vite dei neri contano, allora contano allo stesso modo anche le Blue Lives, e cioè le vite delle divise blu, della polizia. È il tentativo, finora di scarso successo in termini di mobilitazione ma molto più efficace dal punto di vista comunicativo, di mettere su uno stesso piano le morti di cittadini afroamericani e quelle degli agenti di polizia a prescindere dai ruoli nelle strategie di «contenimento» sociale e di disciplina dei comportamenti – soprattutto dei giovani neri – e a prescindere dai contesti politici, dalle gerarchie urbane e dalla militarizzazione dei territori con un elevato degrado sociale.

Un racconto di questo genere incide in modo trasversale, bipartisan, perché offusca completamente la reale natura dei meccanismi di riproduzione delle diseguaglianze di reddito e di accesso a un welfare elementare. Secondo altri, poi, All Lives Matter: tutte le vite contano allo stesso modo, che siano di afroamericani, bianchi, latinos, asiatici. Lo scontro in atto è così derubricato a una questione tra la polizia e Black Lives Matter, che avrebbero entrambi commesso degli eccessi. Certo la polizia, che dev’essere riformata, ha maggiori responsabilità, ma Black Lives Matter non comprende che nell’America di oggi i diritti sono garantiti in termini universali e che, alimentando la conflittualità sociale con pratiche illegali come il blocco delle grandi vie di comunicazione, si toglie spazio alla politica istituzionale, la sola che può affrontare la situazione. È il ragionamento che sta alla base delle convinzioni dei liberal del Partito democratico e di quei settori genericamente progressisti.

A tre anni dalla sua nascita, Black Lives Matter è chiamato probabilmente alla prova più impegnativa della propria esistenza. Come non farsi chiudere nell’angolo della criminalizzazione o, anche se diverso, dell’assorbimento da parte qualche «storica» associazione per i diritti degli afroamericani come ad esempio il National Action Network, da sempre nell’orbita del Partito democratico. Black Lives Matter in questi tre anni è sicuramente cambiato. Da un hashtag di twitter e da un profilo di facebook, dopo la rivolta di Ferguson nell’agosto di due anni fa, ma soprattutto dopo le proteste di Baltimora dell’aprile dello scorso anno, è progressivamente diventato un luogo in cui si riconoscono associazioni e collettivi politici e sociali nati negli ultimi anni, composti per la maggioranza da giovani afroamericani e associazioni di latinos. Nell’ultimo anno è aumentata anche la presenza di bianchi, in gran parte a titolo individuale. Un luogo, appunto, non un’organizzazione e forse nemmeno un movimento sociale che presenti una certa uniformità.

La composizione, i rapporti tra gli attivisti, i metodi decisionali e i modi di praticare la protesta e il conflitto variano da città a città, a volte anche tra i diversi gruppi nella stessa città, come ad esempio a New York. Una situazione che, appena dopo la rivolta di Ferguson, si era tentato di affrontare con le giornate di Ferguson Actionnell’ottobre del 2014 e con la discussione proseguita nel mese successivo. Discussione improvvisamente troncata alla fine di dicembre, dopo l’uccisione di due poliziotti a New York da parte di un afroamericano con la motivazione di «pareggiare» il conto dei morti. Allora il contraccolpo è stato letale. Il comunicato di Black Lives Matter di condanna dell’episodio non raccolse tutti i gruppi e le associazioni che erano stati protagonisti nelle giornate di Ferguson e in seguito. Solo dopo la rivolta di Baltimora, suscitata dall’ennesimo omicidio di un afroamericano da parte della polizia, lo «strumento» Black Lives Matter è tornato a essere centrale nelle mobilitazioni anche per far fronte a gruppi come The Nation of Islam, che volevano monopolizzare la scena politica.

Ora, sulla base di queste esperienze, i timori che i fatti di Dallas e Baton Rouge incidano sulla tenuta di un movimento così articolato sono molto forti. Probabilmente, però, la questione vera è più profonda e riguarda sia le diverse caratterizzazioni presenti all’interno di Black Lives Matter in merito alla natura del razzismo negli Stati Uniti, sia i modi e le pratiche dell’agire conflittuale. C’è un settore di attivisti che pensa il razzismo nella società americana in termini «classici»: le discriminazioni e le uccisioni di neri sono dovute essenzialmente a un’ideologia «suprematista» bianca presente soprattutto in una polizia di fatto militarizzata. Una situazione che ricorda, così argomentano, la stagione delle lotte per i diritti civili degli anni ’60 e quindi le modalità di azione non-violenta dovrebbero rifarsi a quell’esperienza. Diversamente la pensa un settore del movimento che stabilisce un rapporto quasi diretto tra razzismo socio-economico e «l’incarcerazione di massa» della popolazione afroamericana, con tutto il corollario tragico delle centinaia di morti che hanno luogo ogni anno.

Il discorso è articolato in modo ancora differente da gruppi di Black Lives Matter che parlano di razzismo istituzionale e di nuove forme di razzismo che fanno leva sulla precarietà lavorativa ed esistenziale, sulla gentrificazione e sul controllo militare dello spazio urbano. Secondo questi gruppi, rifarsi in termini astratti a dei diritti universali formalmente garantiti a tutti diventa parte integrante di una narrazione di stampo razzista. Black Lives Matter è quindi attraversato da una doppia necessità: rimanere politicamente e praticamente in campo in modo autonomo per non farsi marginalizzare da una campagna razzista virulenta e, al tempo stesso, trovare forme di ricomposizione o coabitazione interna, anche provvisorie, per proseguire un percorso di consolidamento sociale e conflittuale. Una sfida non da poco.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (Parte 2). 

Proseguiamo la traduzione in lingua italiana di questi preziosi contributi sul contesto delle lotte in Cina nel 2024, tradotti in inglese dal collettivo Chuang.  Consapevoli delle profonde differenze tra il nostro contesto e quello cinese, a sua volta molto difficile da restituire come un intero, alcuni dati e considerazioni che vengono avanzati nel testo sembrano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Teoria del partito

I prezzi sono più alti. Le estati sono più calde. Il vento è più forte, i salari più bassi, e gli incendi divampano più facilmente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il significato dell’ascesa cinese

Riprendiamo e traduciamo da marxist.com questa interessante analisi di Kenny Wallace sul significato dell’ascesa cinese.  Buona lettura! Questa nazione, che appena due decenni fa era ancora immersa nel sottosviluppo, è oggi impegnata in una titanica rivalità con gli Stati Uniti, nella quale riesce a mantenere la propria posizione. Nel frattempo, l’imperialismo americano, di gran lunga […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump all’attacco dell’America Latina con la scusa della “guerra alla droga”

La tensione nei Caraibi ed in America Latina si fa sempre più alta. Alcune note per comprendere quanto sta succedendo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Giornata contro la violenza sulle donne: “boicottiamo guerra e patriarcato”. La diretta dalle manifestazioni

Oggi è la Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Una giornata che non ha visto grandi miglioramenti, a 26 anni dalla sua proclamazione, nel 1999, da parte dell’Onu. 

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Free Shahin! Appello alla mobilitazione

Apprendiamo con grande preoccupazione del mandato di rimpatrio emanato dal ministro Piantedosi su richiesta della deputata Montaruli nei confronti di Mohamed Shahin, compagno, amico e fratello.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Quando il popolo si organizza, il sistema vacilla

L’ultimo periodo di lotte ha mostrato che il potere trema solo quando il popolo smette di obbedire.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Ramy: a un anno dall’inseguimento mortale dei carabinieri Milano non dimentica

A Milano lunedì 24 novembre, si ricorda Ramy Elgaml, giovane ucciso al termine di un inseguimento di ben 8 km da parte dei carabinieri tra viale Ripamonti e via Quaranta, un anno fa; schianto che portò anche al ferimento, grave, di un altro giovane, Fares Bouzidi.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Mohamed Shahin libero subito!

Ripubblichiamo e diffondiamo il comunicato uscito dal coordinamento cittadino Torino per Gaza a seguito della notizia dell’arresto di Mohamed Shahin, imam di una delle moschee di Torino che ha partecipato alle mobilitazioni per la Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.