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“Milioni contro Monsanto”: perché lottiamo per la sovranità alimentare e contro le ‘biopolitiche della fame’

 

 

Che cos’è e come lavora Millones contra Monsanto?

 

 

 

Millones contra Monsanto è un gruppo che esiste e agisce a livello trans-nazionale, perché Monsanto è una potenza mondiale nel settore delle biotecnologie agroalimentari. Ogni nucleo si organizza in maniera indipendente, in relazione alle specificità del proprio paese, e ci coordiniamo in occasione di azioni a livello globale come è stato ad esempio il 17 settembre. Nasciamo dall’esigenza di esprimere il rifiuto di fronte a una situazione, quella della natura messa a profitto in maniera indiscriminata e della perdita della sovranità alimentare. Non siamo specialisti: fra noi ci sono compagni e compagne che studiano agronomia, ma generalmente siamo militanti che hanno deciso di generare consapevolezza rispetto a questi temi con azioni, con iniziative di massa e con lavoro quotidiano. Monsanto è in tutto il mondo e opera in ogni paese in maniera distinta; sappiamo che ogni contesto geopolitico ha le sue peculiarità, per questo sono diverse le forme di lotta che ciascun gruppo pratica. Un inciso: parliamo di Monsanto perché è l’azienda che monopolizza il mercato di semi transgenici ed OGM nel mondo, ma ci riferiamo ovviamente a tutte le aziende analoghe che lavorano nel settore.

 

 

 

In America Latina cerchiamo di coordinarci con compagni e compagne che lavorano negli altri paesi; in tutta la regione stiamo assistendo ad un’avanzata rapida di queste politiche, compresi i governi che si dipingono come “progressisti” spalancano le porte agli investimenti delle multinazionali dell’agronegocio. Anni fa festeggiavamo il fatto che l’Ecuador avesse incluso nella propria costituzione la proibizione del transgenico; ora ascoltiamo Correa in campagna elettorale che fa marcia indietro e definisce “ambientalisti infantili” coloro che si oppongono a transgenico e miniera a cielo aperto. Quasi ogni presidente latinoamericano ultimamente si è espresso a favore dell’entrata del transgenico nel proprio paese; del resto la mole degli investimenti sui territori fa gola a molti e le connivenze di Monsanto con i governi e le alte sfere del potere sono note. Nel colpo di stato in Paraguay la multinazionale ha ricoperto un ruolo politico centrale, e dopo quell’evento il paese ha assistito ad un’escalation rapidissima rispetto alla coltivazione e produzione di transgenico. Ma così come avanzano queste politiche, continua e cresce anche la resistenza delle popolazioni che vi si oppongono. Ultimamente ci stiamo coordinando soprattutto con il Messico, dove la lotta contro il mais transgenico ha raggiunto un livello molto importante.

 

 

 

In Argentina l’agronegocio è solamente uno dei pilastri di un modello di accumulazione capitalista che si basa sull’esproprio di terre e sul saccheggio di risorse naturali, come avviene con altri due pilastri importanti: le miniere a cielo aperto e l’estrazione di petrolio e idrocarburi. Avendo modificato la propria base produttiva – da paese industriale a paese estrattivista ed esportatore – il paese si colloca oggi all’interno del mercato globale come fornitore di materie prime, seppur subordinato ai compratori asiatici, statunitensi ed europei. Da queste attività si genera un’importante fetta di profitto che va a finanziare l’apparato statale delle politiche sociali, finalizzate ad una redistribuzione della ricchezza: parlo dei piani sociali che hanno permesso, tra altre cose, di estendere il consumo tra le classi popolari. Come vedete politicamente il rapporto fra estrattivismo e politiche sociali, che il governo dipinge come legame di dipendenza indiscutibile e senza alternative?

 

 

 

E’ parte dello stesso sistema perverso che vorrebbe presentarci lo stato delle cose come “inevitabile” e questo modello economico come l’unico possibile. Sono menzogne utilizzate per sostenere il modello neo-estrattivista capitalista: vorrebbero farci credere che senza svendere i territori ed avvelenarne gli abitanti verrebbero a mancare le attuali fonti di sostentamento per la popolazione. Quello che noi contestiamo non è lo sfruttamento in misura sostenibile delle risorse naturali per alimentare il paese e fomentare una redistribuzione delle risorse economiche: critichiamo la depredazione delle risorse, lo sfruttamento indiscriminato, il modello che produce “pane per oggi e fame per domani”. Sappiamo che il capitalismo non è l’unica alternativa praticabile, e siamo stanche/i di dover scegliere il ‘male minore’.

 

 

 

Per fortuna la realtà sta venendo a galla e le persone stanno acquisendo consapevolezza, passando alla pratica. Ad esempio, in questi giorni la città di Malvinas Argentinas (provincia di Cordoba) si è mobilitata per difendere il proprio territorio: là Monsanto vorrebbe costruire la struttura più grande di tutta l’America Latina per ricerca e produzione di transgenico – soprattutto mais – ed agrocombustibile. La Facoltà di Medicina dell’Università di Cordoba ha presentato uno studio che dimostra l’impraticabilità di tale progetto a causa della situazione di vulnerabilità socio-sanitaria in cui già versa la popolazione, per via delle fumigaciones [1] e di altre conseguenze della speculazione agro economica sul territorio. Questo, insieme alla forte resistenza e mobilitazione della popolazione, sta creando molti ostacoli alla realizzazione del progetto .

 

 

 

Come tu dicevi sono varie facce dello stesso modello, e così le diverse esperienze di resistenza sono parte della stessa lotta: per questo il 15 febbraio abbiamo partecipato ad un’iniziativa per ricordare la brutale repressione che ha colpito 2 anni fa gli abitanti di Andalgalà (provincia di Catamarca) in lotta contro la miniera a cielo aperto; per questo 2 settimane fa eravamo al festival per ricordare Luciano Arruga, il ragazzo desaparecido in democrazia il 31 gennaio 2009 per mano della polizia. Non ci stanchiamo di denunciare che è tutto parte dello stesso sistema, il sistema di accumulazione neoliberista che avvelena territori, uccide e reprime, e che pezzo per pezzo va smantellato.

 

 

 

Si tratta semplicemente di un modello neo-coloniale, lo stesso imperialismo colonialista di 500 anni fa che ritroviamo aggiornato all’attualità. Crediamo che i funzionari di ogni governo, in Argentina e nel resto dell’America Latina, non siano altro che esecutori di questo sistema. In questo paese abbiamo ascoltato annunci roboanti della presidenta sull’investimento di 1600 milioni di dollari di Monsanto sul territorio nazionale, o delle compagnie statali che con il fracking estraggono gas in maniera ‘non convenzionale’. La propaganda politica vorrebbe che festeggiassimo tutto questo, ma dovremmo festeggiare che la ghigliottina sta per abbattersi sulle nostre teste?!

 

 

 

Ci sono una serie di menzogne che il neoliberismo utilizza per “venderci” le forme di produzione del neo-sviluppismo estrattivista: nel caso delle miniere a cielo aperto, gestite da multinazionali straniere, dietro la chimera di abbondanti profitti sta la realtà della maggior parte della ricchezza che torna all’estero, mentre al paese non rimangono che le briciole. L’acqua in quei territori viene prioritariamente destinata a questo business ed avvelenata con agenti chimici altamente nocivi; la flora e la fauna annientate e distrutte. Nel caso dell’agronegocio con le monocolture transgeniche della soia (che oggi occupano il 56% della terra coltivata in Argentina) i territori da saccheggiare vengono espropriati e disboscati, e le comunità rurali e indigene che ci vivono vengono cacciate e represse. Chi si oppone e resiste alla spoliazione della terra viene colpito da sicari assoldati dagli stessi impresari dell’agronegocio; nell’ultimo anno sono 2 i contadini uccisi, con l’impunità garantita dal potere politico, giuridico e della polizia. Le persone espulse dai propri territori vanno poi ad ingrossare le fila di coloro che vivono marginalizzati nelle periferie delle grandi città del paese, spesso finendo nelle maglie della tratta di persone (ai fini dello sfruttamento sessuale o del lavoro nero). Dunque come vedi ci sono moltissime questioni vincolate tra loro, tutte facce dello stesso modello di accumulazione capitalista.

 

 

 

Sappiamo che oggi la terra è in mano a pochissimi proprietari, che decidono di massimizzare il profitto a danno della popolazione. Rispetto all’alimentazione, l’80% del cibo che consumiamo in questo paese è transgenico, e non abbiamo neanche la possibilità di saperlo. A questo proposito ci stiamo battendo per una campagna che preveda l’etichettamento degli OGM, che è importante per due motivi: per generare coscienza fra le persone rispetto a che cos’è un cibo transgenico, perché sappiano che cosa stanno consumando e quali sono gli effetti di queste sostanze sul nostro corpo, per denunciare che l’aumento esponenziale di malattie e malformazioni che il paese sta registrando da 15 anni a questa parte è legato anche all’uso di OGM ed agrochimici. Di fronte a questo fatto la società cerca un palliativo, ma non si va mai alla causa del problema. Questa campagna serve anche a sdoganare il mercato del biologico, che oggi è relegato alla marginalità; nelle nostre iniziative parliamo dell’importanza di sostenere ed accedere al biologico, dell’autocoltivazione, dello scambio di semi, cosa che i contadini hanno sempre fatto e che oggi una proposta di legge vorrebbe proibire.

 

Tutto questo mi suona familiare: in Europa esiste una direttiva comunitaria che vieta agli agricoltori di commercializzare sementi di varietà tradizionali e diversificate che non siano iscritte nel catalogo europeo. Per registrare un tipo di sementi in questo catalogo è necessario che la varietà risponda ai severi criteri di «Distinzione, Omogeneità e Stabilità» prestabiliti, oltre a pagare cospicue somme di denaro. La Corte Costituzionale Europea motiva tali disposizioni con l’obiettivo di ottenere “una accresciuta produttività agricola”; l’effetto sul lungo periodo sarebbe l’eliminazione delle varietà di dominio pubblico, e quindi liberamente riproducibili, per lasciare in campo solo quelle brevettabili (e a pagamento). Ecco il trend uniforme dell’agricoltura industriale a livello globale. Tornando alla situazione argentina, qual è lo stadio attuale della proposta di legge sulle sementi, ribattezzata anche Legge Monsanto?

 

Anche qui, l’anno scorso c’è stato un tentativo da parte del governo di far passare una legge che vietava ai contadini la produzione, la selezione e lo scambio di sementi naturali, di quelle cioè che uscissero dal circuito degli ogm brevettati dalle multinazionali dell’agronegocio. Si tratta di un progetto di legge che di fatto consoliderebbe l’espropriazione e la privatizzazione della biodiversità, che è patrimonio ancestrale delle popolazioni. Permetterebbe inoltre alle multinazionali delle biotecnologie di esercitare un diritto di proprietà anche sulle colture naturali che siano state contaminate da quelle transgeniche (per contaminazione via polline dei campi limitrofi, come accade naturalmente), conferendogli persino un vero e proprio potere di polizia contro l’”appropriazione indebita di semi brevettati”. Creando le condizioni per un controllo di tipo monopolico del primo gradino della catena di produzione degli alimenti, questo progetto di legge minaccia chiaramente la sovranità alimentare dei popoli.

 

 

 

In questo momento la legislazione mondiale riconosce le sementi geneticamente modificate come equivalenti a quelle naturali – è il “principio di sostanziale equivalenza” – ma sappiamo bene che non è così. Ricordiamo che quando parliamo di coltivazioni di ogm è implicito che queste vengono sempre trattate con agenti chimici altamente inquinanti ed estremamente nocivi a tutte le forme di vita. L’Argentina si è limitata ad aprire le porte al transgenico senza condurre degli studi autonomi rispetto agli effetti del consumo di queste sostanze sull’organismo umano; si è semplicemente accontentata delle ricerche prodotte da Monsanto. Sappiamo benissimo invece quali sono gli effetti sul nostro corpo: malattie, malformazioni, tumori sono stati dimostrati da studi condotti in vari paesi (consigliamo a tal proposito l’interessante documentario Il mondo secondo Monsanto). Questi problemi ci riguardano tutt*, per questo la nostra lotta non è nazionale, ma è quella dei nostri fratelli e sorelle in tutta l’America Latina e nel mondo. Dobbiamo recuperare la prospettiva del fatto che l’”impossibile” è solo una menzogna. “L’impossibile tarda solo un po’ di più” diceva una frase; noi abbiamo la consapevolezza che questo sarà un processo lungo, che stiamo lavorando poco a poco per qualcosa di cui non vedremo la fine… ma non importa, perché con la nostra lotta stiamo scrivendo un processo storico.

 

 

 

E questa determinazione si percepisce da molti degni esempi di resistenza popolare che fioriscono in tutto il paese, al ritmo tanto rapido di quanto avanza il modello di accumulazione neoestrattivista capitalista, come l’esperienza della città di Malvinas Argentinas che avete menzionato. Lotte che, lo sappiamo, si compongono di diversi momenti: il lavoro di contro-informazione capillare e quotidiano, la presenza e la resistenza sul luogo, la creazione di una rete di collettivi ed organizzazioni solidali, che si sostengano reciprocamente nel quotidiano.

 

 

 

Esattamente: la solidarietà fra esperienze anche geograficamente molto lontane fra loro (sai quanto è estesa l’Argentina) è fondamentale. In queste settimane le iniziative a Malvinas continuano e si mantiene alta l’attenzione, con l’appoggio di molte organizzazioni come quello delle Madri del barrio di Ituzaingó (Cordoba) che lottano da anni contro le fumigaciones. A Malvinas Argentinas la gente è determinata a lottare e sappiamo che “no pasarán”. Così come a Famatina (provincia di La Rioja), dove l’azienda canadese Barrick Gold aveva intenzione di installare una mega miniera a cielo aperto, e la popolazione con la propria resistenza è riuscita a bloccare il progetto: un altro esempio di successo nell’organizzazione e nella lotta a questo modello, una resistenza che dura da 8 anni. E ancora, a Loncopué (provincia di Neuquén) si è creato un precedente storico quando lo scorso 3 giugno la popolazione si è espressa in un referendum contro la realizzazione di una miniera a cielo aperto, bloccando di fatto il progetto delle due multinazionali canadese e cinese. Ora noi siamo in partenza verso il sud, dove porteremo la nostra solidarietà a compagne e compagni che lottano contro il progetto di miniera a cielo aperto a Chubut (Patagonia). Sono molte per fortuna le esperienze di resistenza popolare vincenti, nonostante la repressione che ci troviamo ad affrontare, su più livelli; nonostante la disinformazione e le campagne di diffamazione di governo e media, contro le quali è importante lavorare informando, come dicevi, quotidianamente. E’ impressionante quanta gente creda alle menzogne dell’aumento dei posti di lavoro, della prosperità e del “progresso” legato alle attività del neo-estrattivismo. Sta a noi smontare pezzo per pezzo questo immaginario, smascherare le menzogne e partire dal nostro “no” per ribadire che un altro modello di sviluppo – un modello di autonomia, che sia coerente con i principi del “buen vivir” – è possibile.

 

 

[1] Le “fumigaciones” sono un metodo di spargimento di diserbanti sui campi, via terra o via aerea. Gli agenti chimici utilizzati – come glifosato ed endosulfan – sono altamente tossici ed è dimostrata la relazione fra l’uso di queste sostanze e la comparsa di vari tipi di malformazioni e patologie anche gravi sulla popolazione, oltre all’avvelenamento di acqua e terra e allo sterminio della fauna. Qualche dato in più sulle fumigaciones, “guerra chimica contro la popolazione”: http://www.juicioalafumigacion.com.ar/la-fumigacion-aerea-es-una-guerra-quimica-contra-la-poblacion/

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