#OccupyMonsanto – #17S Global week of action
#OccupyMonsanto – Blocca chi devasta e saccheggia i territori: Join the #17S Global week of action
Il 17 settembre, data che coincide tra l’altro con la nascita del movimento Occupy Wall Street, sono previste mobilitazioni in oltre 100 città di molti paesi del mondo fra cui Stati Uniti, Canada, Giappone, Argentina, Brasile, Paraguay, Australia, Russia, Germania e Spagna fra gli altri (qui la mappa delle mobilitazioni). Un movimento che nasce per opporsi alla speculazione e al monopolio delle multinazionali dell’agroalimentare, all’imposizione di organismi geneticamente modificati e transgenici nel mercato globale e alla progressiva eliminazione di tutti quei settori della produzione agricola non conformi alle regole del suddetto mercato.
Chi è Monsanto
Monsanto viene fondata nel 1901 St. Louis nel Missouri (Usa) dal dipendente di una casa farmaceutica, che la avvia con un piccolo capitale iniziale. L’azienda comincia con la produzione di ingredienti per l’industria farmaceutica e alimentare, per poi ampliare la produzione a prodotti chimici e fosfati, fino all’ingresso nel settore agricolo e delle biotecnologie applicate all’agricoltura. L’azienda è conosciuta anche per essere una delle case produttrici dell’agente arancio, un potente erbicida usato dall’esercito statunitense durante la guerra in Vietnam per scopi bellici, rivelatosi in seguito responsabile di molte malformazioni e malattie genetiche nella popolazione vietnamita. In effetti “c’è qualcosa di inquietante nel fatto che un’azienda produttrice di sostanze chimiche, la stessa che produsse l’Agente Arancio, controlli oggi l’industria agroalimentare mondiale” come afferma Jaye Crawford, componente di Occupy Monsanto Atalanta che sta realizzando una settimana di mobilitazioni.
Oggi Monsanto è produttrice del 90% dei prodotti transgenici al mondo e leader nella produzione di sementi e di prodotti destinati all’agricoltura, come diossine e pesticidi. Grazie all’imponente fatturato di oltre 5,4 miliardi di dollari l’anno e alle proficue alleanze con governi di tutto il mondo rappresenta un interlocutore importante nei processi decisionali globali dell’agroeconomia, ed esercita indubbiamente il proprio peso all’interno dello scacchiere geopolitico mondiale. Solo a Washington, Monsanto ed i suoi compagni hanno speso oltre mezzo miliardo di dollari per campagne elettorali e azioni di lobby negli ultimi 10 anni (tanto da far dire al movimento #OccupyMonsanto che “il Congresso è contaminato da OGM”), come anche nella contingenza del recente colpo di stato in Paraguay si è palesata l’alleanza fra la multinazionale ed i governi al potere (indipendentemente dal loro schieramento politico).
Se oggi infatti Monsanto è riuscita a conquistare quasi interamente il sistema agroalimentare mondiale lo deve anche alle connivenze con i governi di molti stati, che utilizzano il proprio apparato legislativo su vari livelli: ad esempio, per mettere al bando le sementi tradizionali e così stabilire un vero e proprio regime di schiavitù finanziaria e dipendenza degli agricoltori ai prodotti della multinazionale. Neanche troppo misteriosa è la notizia emersa dai file di Wikileaks secondo cui il Dipartimento di Stato americano avrebbe agito come agente dell’azienda, forzando governi stranieri a permettere la coltura di OGM nonostante le diffuse obiezioni degli agricoltori e ambientalisti locali.
Monsanto non è estranea a sedere al tavolo degli imputati, sia negli Usa che altrove, e negli ultimi 3 decenni ha subito diverse cause civili e federali piuttosto importanti da parte di aziende agricole e compagnie di sementi che ne hanno denunciato l’operato: pratiche intimidatorie nei confronti di chi non utilizza i prodotti dell’azienda, o mancanza di informazione rispetto agli “effetti collaterali” per chi invece li utilizza – come i danni permanenti all’ambiente e alla salute delle persone.
Forme di resistenza e mobilitazione globale
Le prime forme di resistenza all’operato della multinazionale sono cominciate in India, un contesto in cui l’inflazione crescente a ritmi vertiginosi e la spirale della dipendenza per i contadini dai prodotti Monsanto hanno prodotto un inquietante fenomeno di suicidi di massa dei contadini stessi. Nuove forme di resistenza sono seguite in America Latina; in Brasile fra gli altri, dove il movimento contadino ha intrapreso campagne di informazione sulla sovranità alimentare alternativa e sulla non accettazione delle sementi transgeniche da parte degli agricoltori. Ad Haiti, dopo il terremoto che la distrusse nel 2010, i contadini hanno deciso di rifiutare la “donazione” di sementi che la multinazionale aveva inviato.
La giornata di mobilitazione globale del 17 settembre ha avuto un precedente nel marzo di quest’anno quando si sono prodotte iniziative di resistenza, boicottaggio e controinformazione in vari paesi di Europa, Stati Uniti, Africa, Asia, America Latina e Australia. Allora, come questa volta, obiettivo della mobilitazione era in primis far sì che i prodotti transgenici “tornino nei laboratori della multinazionale”.
Varie iniziative di lancio sono cominciate già da alcuni giorni, e in alcuni casi il braccio della repressione non ha deluso le aspettative. Appena cinque giorni fa ad Oxnard, California, decine di attivisti sono entrati nella sede di distribuzione dell’azienda bloccandone le vie di uscita riuscendo, di fatto, a fermare la distribuzione delle sementi per una giornata. L’azione è costata l’arresto a nove attivisti.
E in Italia?
Il territorio italiano non è esente dall’applicazione di queste politiche di devastazione e saccheggio ambientale. Nell’Unione Europea è in vigore dal 1998 una direttiva comunitaria che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle multinazionali sementiere, vietandolo di fatto agli agricoltori. Con una sentenza del 12 luglio la Corte di Giustizia UE ha confermato il divieto di commercializzare le sementi di quelle varietà che non sono iscritte nel catalogo ufficiale europeo; una manovra che ha messo fuorilegge anche tutte quelle realtà e associazioni di agricoltori che stanno battendosi per la difesa delle sementi tradizionali e diversificate.
In Italia il governo Monti ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge che regola l’agricoltura a “chilometro zero”. La contestazione riguarda la legge regionale della Calabria che, secondo l’esecutivo, contiene alcune disposizioni che favoriscono la commercializzazione dei prodotti regionali e per questo ostacolano la libera circolazione delle merci, in contrasto con i principi comunitari. E’ chiaro il tentativo di liberare il campo dalla concorrenza per le multinazionali dell’agroeconomia, oltre che di sancire un legame economico indissolubile con queste grandi potenze del settore.
Sul piano nazionale resta da vedere come si evolverà la situazione, leggendo comunque i chiari segnali di una omologazione al contesto mondiale. In Italia Monsanto è presente e, anche se non impatta (ancora) così pesantemente come in altri contesti territoriali, è necessario attivarsi per contrastare l’avanzamento di quelle che sono state con ragione definite le “multinazionali della morte”. Del resto è evidente che si tratta di una lotta che, riguardando ampi settori della vita della collettività – dal saccheggio e inquinamento delle risorse all’avvelenamento dei cibi, alla destinazione di investimenti alle grandi imprese in un continente già devastato dalla crisi – non si può e non si deve più relegare alle associazioni ecologiste da sempre attente a questi temi.
Documentario “Il mondo secondo Monsanto”: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=PvktrVIxn5o
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