“Per la strada non sarei più tornata” – una storia delle battaglie per l’abitare a Cagliari Ep.2
Seconda puntata di una ricognizione a cura di Gavino Santucciu sulle esperienze di autorganizzazione nei quartieri popolari del capoluogo sardo nei decenni dello sviluppo edilizio e della formazione del nuovo proletariato urbano. Leggi qui la prima puntata sul comitato di Sant’Elia.
La Scuola Popolare dei lavoratori e il Comitato di quartiere a Is Mirrionis
Il quartiere di Is Mirrionis alla fine degli anni ’60 presentava problemi di carattere sia edilizio sia urbanistico. Privo di spazi verdi, non aveva un’adeguata illuminazione e viabilità, erano assenti servizi essenziali, le strade erano spesso impraticabili, la manutenzione nelle scuole inesistenti e la situazione abitativa caratterizzata da gravi problemi di sovraffollamento.
All’interno del quartiere si svilupparono forme organizzative autonome che si avvalsero di pratiche e strumenti fino allora sconosciuti, in grado di attivare importanti forme di solidarietà e pretendere risposte da un’amministrazione comunale che da troppo tempo si era disinteressata alle problematiche del quartiere. Anche in questo rione si sviluppò tra gli abitanti il desiderio di partecipare ai processi decisionali riguardanti le proprie condizioni di vita, respingendo con forza quel ruolo di “ghettizzati” che opinione pubblica e ceti dirigenti avevano impresso loro.
La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis fu la prima organizzazione a svilupparsi nel quartiere. Nacque ufficialmente l’11 ottobre 1971 grazie all’impegno dei lavoratori del quartiere, degli studenti appartenenti ai movimenti extraparlamentari di sinistra e dell’area cattolica dissidente rispetto alle decisioni assunte dalla Democrazia Cristiana1.
Così ci descrive quell’esperienza Franco M., uno dei suoi principali animatori:
Però da noi si stava insieme. La Scuola popolare che prevalentemente era orientata alla sinistra extra-parlamentare, in realtà c’era gente del PC, cattolici impegnati, perché quando c’era da lavorare si trovava l’unità, quindi lo consentiva anche questa impostazione eclettica, un po’ di vedere cosa c’era da fare e di ispirarci a chi faceva le cose2.
L’obiettivo che la Scuola si poneva, era quello di dare ai lavoratori la possibilità di ottenere la licenza media e di permettere loro di discutere insieme su temi di carattere generale quali la società, il quartiere, la fabbrica e i luoghi di lavoro. Ispirati in particolare dalla figura del sacerdote Lorenzo Milani e dalla Scuola popolare di Barbiana, gli organizzatori accusavano la scuola ufficiale di essere uno strumento attraverso cui le classi dominanti rafforzavano i propri privilegi e mantenevano la propria posizione di potere. Gli appartenenti alle classi subalterne, invece, erano esclusi o respinti attraverso le bocciature, le sospensioni o gli alti costi degli strumenti per lo studio.
Le principali differenze con la Scuola ufficiale riguardavano anche i metodi e i contenuti delle lezioni: l’insegnante, perdendo il ruolo di unico dispensatore di conoscenza che aveva all’interno della Scuola ufficiale, divenne un semplice coordinatore delle varie attività; la figura dello studente-lavoratore, invece, era esaltata poiché portatore di una sua cultura e d’importanti esperienze politiche e umane3.
La Scuola popolare era sensibilissima a quello che accadeva nel mondo e in città. Ogni cosa diventava argomento anche dei corsi di studio oppure di assemblee. Era molto importante allora questa, non c’era solo quella di Cagliari, c’erano varie scuole popolari, quello di Sant’Elia fu molto istituzionale, ma ce ne furono anche altre, anche nel centro storico, e poi in giro per la provincia, infatti, si costituì una sorta di coordinamento delle scuole4.
Come ci racconta Marco M., nacquero in Sardegna altre Scuole Popolari: a Sant’Elia, Stampace, Elmas, Quartucciu, Bindua, Morgongiori e Villacidro, che insieme a Is Mirrionis si riunirono nella “Federazione delle Scuole popolari sarde” e diedero vita a una lotta che si poneva come obiettivo la creazione di commissioni d’esame alternative a quelle della scuola ufficiale. Queste ultime non erano in grado di comprendere i problemi e le esigenze degli studenti-lavoratori e, inoltre, rifiutavano programmi differenti da quelli tradizionali.
Le “commissioni speciali” furono istituite ufficialmente nel giugno del 1974. In questo modo era riconosciuta l’esistenza di una cultura appartenente ai lavoratori differente da quella ufficiale. Da allora la Scuola Popolare divenne un centro culturale, che attraverso la creazione di gruppi di studio e attività culturali fosse in grado di produrre analisi e interventi politici soprattutto all’interno del quartiere di Is Mirrionis.
La storia della Scuola popolare terminò nell’estate del 1976. Nel corso dei suoi cinque anni di esistenza, era stata in grado di coinvolgere più di duecento lavoratori attraverso le lezioni e altre attività esterne alla scuola5. È interessante ciò che ci racconta Franco M.:
C’è un passaggio nella Scuola popolare che non c’entra niente, però dà l’idea. Questo lavoratore che dice “io mi faccio un culo a lavoro, ma poi non ne avevo voglia di andare alla scuola, ma ci andavo, perchè questi ragazzi che non avevano niente da guadagnare, avevano il loro studio, la loro vita e venivano a fare lezione a noi, io non potevo essere da meno, quindi anche controvoglia non ho perso mai una lezione”. Bello questo rapporto qui per cui diventavamo credibili per le cose che si facevano, non tanto per i discorsi che si facevano6.
Nel quartiere, però, le esperienze politiche non terminarono. Il 5 giugno 1976, molti protagonisti della Scuola crearono il Comitato di quartiere di Is Mirrionis, che portò avanti una politica di carattere maggiormente rivendicativo sui tanti problemi che il quartiere presentava.
Due iniziative in particolare meritano un approfondimento maggiore. La prima riguardò l’organizzazione dei mercatini dimostrativi sia di libri usati durante l’apertura delle scuole sia di generi di largo consumo nelle piazze, in modo da sollecitare una maggiore politica calmieratrice dei prezzi. Alla metà degli anni ’70, infatti, anche Cagliari e in particolare i quartieri popolari stavano subendo le conseguenze legate alla diminuzione del potere d’acquisto di redditi e salari, causate dall’aumento dell’inflazione, del carovita e delle tariffe pubbliche.
A ciò si aggiungeva la totale incapacità del Comune di far fronte a questi problemi. L’ente comunale di consumo, nato nel 1966, non fu in grado di attuare una seria politica calmieratrice dei prezzi e solo cinque furono le rivendite al dettaglio aperte nel corso dei primi sei anni di attività7. In questo senso l’organizzazione dei mercatini da parte del Comitato rappresentava una forte opposizione dei ceti subalterni rispetto alla politica dei sacrifici portata avanti all’epoca dai ceti dominanti.
La seconda attività riguardò l’organizzazione delle feste di primavera nel 1976 e 1977. Nel piazzale antistante alla sede del Comitato furono organizzati dibattiti, mostre, creazioni di murales, animazione per ragazzi e spettacoli teatrali e musicali. Il Comitato organizzò diverse altre iniziative: per ottenere la manutenzione degli alloggi dello Iacp, il potenziamento dei trasporti pubblici e l’aumento di servizi come scuole, asili, uffici postali e ambulatori; per impedire la costruzione di un distributore in via Campania, ritenuto un esempio di speculazione edilizia in città. Il Comitato fu inoltre protagonista, insieme al Coordinamento dei Comitati e Circoli di quartiere, dell’apertura di un ufficio legale attraverso cui difendere gli inquilini dagli sfratti8.
Il settembre del 1979 segnò la conclusione delle attività dell’organizzazione. Cinque famiglie di senzatetto occuparono i locali della Gescal in cui il Comitato teneva le riunioni. Nonostante incontri con l’amministrazione comunale dell’epoca, assemblee pubbliche e una raccolta di firme in cui si chiedeva che «si trovi una sistemazione adeguata per gli occupanti, con provvedimenti urgenti prima e con una regolamentazione degli alloggi successivamente per poter consentire loro di vivere in alloggi di fortuna9», il Comitato fu costretto a ripiegare su altri locali, diminuendo notevolmente le proprie attività.
Nella prossima puntata avremo modo di raccontare un’altra importante organizzazione politica: il Comitato di quartiere della Fonsarda.
1 M. T. Arba, C. S. Viola, Frammenti di storia sui muri, Cagliari, GIA Editrice, 1985.
2 Intervista con Franco M. (direttore di Aladdin Pensiero, ex appartenente alla Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis e al Coordinamento dei Comitati e Circoli di quartiere), registrata a Cagliari il 7-12-2017.
3 Claudio Pilleri, La scuola popolare dei lavoratori di Is Mirrionis, Tesi di laurea discussa alla facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Cagliari, Anno Accademico 1981-1982.
4 Intervista con Marco M. (pensionato, ex-membro della Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis e del Coordinamento dei comitati e circoli di quartiere), registrata a Cagliari il 26-01-2018.
5 C. Pilleri, Op. Cit.
6 Intervista con Franco M., cit.
7 Nuove rivendite al dettaglio a Is Mirrionis e nei mercati, Unione Sarda, 07-01-1972.
8 M. T. Arba, C. S. Viola, Op. Cit.
9 Incontro al comune per risolvere il problema dei senzatetto, Unione Sarda, 21 settembre 1979.
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