InfoAut
Immagine di copertina per il post

Singal: trasfigurazioni della guerriglia

***

Il sole è appena sorto su Singal quando attraversiamo la distesa di rovine dei quartieri settentrionali. Una forma si staglia sul tetto di un edificio a quattro piani, talmente immobile da non sembrare umana: invece è una compagna seduta per il turno di guardia, con il mitra a tracolla. Appena sente il nostro richiamo, si alza in piedi e scende ad aprirci la porta sul cortile. Nel giro di cinque minuti, siamo circondati da un folto gruppo di ragazze delle Yja-Star, le unità armate femminili del Pkk. Nessuna di loro parla altra lingua se non il curdo e il turco, ma sono felici di offrirci un té. L’atmosfera che emanano queste donne è difficile da spiegare: è come se l’aria stessa fosse donna, nei luoghi che hanno impregnato della loro presenza. Poco dopo, due furgoni si fermano lungo la strada: scende Aged, comandante delle Ybs, le unità ezide formate nel 2014 per liberare e proteggere Singal.

Due ragazzi delle Hpg (unità maschili del Pkk) vogliono a tutti i costi caricarsi i nostri zaini sulle spalle, mentre percorriamo all’inverso la stessa strada della città. Ci conducono al quartier generale del partito dei lavoratori del Kurdistan, dove prendiamo posto in una luminosa sala, gradevolmente ornata di divani e tappeti – sebbene a Singal, devastata da anni di guerra, non esista edificio dove non scorrazzi anche qualche topolino. Offrono patatine fritte appena cucinate, morbide e calde, e una bibita. (Chi scrive può testimoniare che le patatine del Pkk di Singal non hanno davvero eguali, al netto di qualsiasi simpatia politica o pregiudizio: neanche quelle celeberrime di Shake Shek, su Madison Square a Manhattan – luogo peraltro infestato non da topi, ma dai ratti – reggono il confronto). Tra i giovani che passano attraverso la stanza c’è chi rivendica i propri successi nei combattimenti con l’esercito turco, mentre molti sono i nomi dei loro coetanei caduti di cui tengono le foto appese ai muri o nei portafogli, a fianco di quelle del comandante prigioniero, Abdullah Ocalan, o dei primi “martiri” del partito (così i caduti vengono chiamati in medio oriente, senza necessario riguardo per la religione).

Le zone controllate dal Pkk sono separate da quelle del Pdk, il partito curdo di destra guidato da Massud Barzani, da lunghe barricate realizzate con detriti, automobili, grosse lamiere. Sugli edifici sventolano le bandiere rosse e gialle del Pkk e delle Hpg, altre con il volto di Ocalan. Poco lontano, nel quartiere delle Ybs, sventola la bandiera delle unità ezide. Tra le strade distrutte spuntano gli ingressi dei tunnel costruiti dai miliziani dell’Is per muoversi nella città e salvarsi dai bombardamenti quando, fino allo scorso autunno, abitavano questi edifici. Nelle stanze giacciono ancora i loro materassi, i loro letti, le loro bustine di neskafé usate e le loro stoviglie, ormai arrugginite. Hanno anche dovuto lasciare delle armi, durante la ritirata. Visto il potenziale considerevole dell’equipaggiamento militare dello stato islamico (che è derivato in parte dagli appoggi forniti da Turchia, Stati Uniti e paesi del Golfo alle “opposizioni” siriane, di cui l’Is era parte, in parte dalla conquista di Mosul in Iraq), la sottrazione di parte di esso da parte del Pkk preoccupa il suo naturale nemico, la Turchia. C’è chi sostiene, non a caso, che la presenza fluttuante e vagamente misteriosa di un migliaio (si dice) di soldati turchi nel nord dell’Iraq, formalmente per “addestrare” i peshmerga del Pdk, serva in realtà a scongiurare la possibilità che il Pkk sposti le armi sequestrate all’Is da Singal verso il suo quartier generale sui monti Qandil, al confine con l’Iran, utilizzando le strade tra Mosul e Zakho, dove non a caso i soldati turchi sono posizionati.

Di tanto in tanto, incrociamo peshmerga a piedi che si aggirano a gruppetti due due o tre. Fingono di fare semplici passeggiate, ma la loro presenza nel settore del Pkk è una provocazione: con queste incursioni, vogliono dimostrare che il settore del Pkk non esiste e che il loro partito ha il controllo completo della città. I peshmerga possono contare dell’appoggio politico degli Stati Uniti, che non hanno alcun interesse a permettere un radicamento ulteriore del Pkk in Iraq (già presente sui monti delle province di Duhok e Suleimaniya, oltre che nella provincia di Niniveh a Singal e Makhmur, e infine nell’importante città petrolifera di Kirkuk, a nord di Baghdad, dove si coordina con l’Upk di Jalal Talabani, partito curdo-iracheno antagonista del Pdk). Gli Stati Uniti furono registi della dilatazione temporale dell’avanzata del Pkk e delle Ybs a Singal contro l’Is (i peshmerga bloccarono questa avanzata a ottobre), per permettere che, una volta superata la delicata boa delle elezioni turche (2 novembre), fossero anche i peshmerga a occupare Singal, grazie al loro supporto aereo e ai loro bombardamenti.

Nuovi veicoli giungono a prenderci per ulteriori spostamenti. A un’ora di auto dalla città, procedendo sulle mulattiere della montagna a nord, giungiamo, accompagnati dalle Ybs, in un loro presidio militare: i distaccamenti di uomini e donne, come sempre nella guerriglia curda, sono separati e indipendenti. I combattenti ezidi (parte dell’antichissima comunità religiosa sincretica che popola Singal) sono qui mescolati a compagni turchi, curdi, arabi, turcomanni. Lungo i monti dell’Iraq e della Turchia sud-orientale, fino alla catena montuosa Zagros in Iran, i rilievi della Mesopotamia sono attraversati da questo incredibile esercito libero, multilingue e socialista, dove l’idea di solidarietà internazionale si trasfigura, in latitudini dove le nazioni furono create dall’Europa, nella convivenza di religioni e lingue, storie e antichissime culture cui i confini disegnati dall’Europa imposero e impongono un’artificiale disciplina, ostile alla contaminazione e al viaggio, e il potere degli uni sulla vita degli altri.

I curdi, per eccellenza vittima sacrificale della configurazione di quei confini, si sono fatti polo attrattore per tutti coloro che non intendono rifiutarli in nome dell’islam, ma della “democrazia” (che per ora qui significa: potere popolare). Hanno come preso su di sé, in qualche modo, il compito storico di negare i confini invidibili che attraversano le loro monragne e attraversarli contro i divieti di tutti i governi, rendendo possibile ai rivoluzionari d’oriente di entrare in formazioni autonome, in cui la vita e la politica sono radicalmente opposte a quelle organizzate dai diversi regimi. Non a caso, tutti gli stati della regione hanno maturato accordi, per tutto il Novecento e negli ultimi quindici anni, che permettono continui sconfinamenti militari degli uni sul territorio degli altri, tolleranili nella misura in cui sono volti a combattere il comune nemico: il Pkk, o “terrorismo”. La Turchia bombarda continuamente le postazioni del Pkk in Iraq, l’Iran lo ha fatto a più riprese; e il Pdk, in passato (fino agli anni Ottanta) vittima delle stesse persecuzioni, collabora talvolta, dagli anni Novanta alla repressione (soprattutto turca) del partito dei lavoratori.

Ciononostante, l’umore nelle file delle Ybs è a dir poco eccellente. Il comandante, un uomo con gli occhiali e la kefiah sul capo, non smette di scherzare sulle diverse origini nazionali dei suoi compagni: come sempre – ma in una forma mai offensiva – a farne le spese maggiori sono i militanti arabi, bersagli dei più frequenti scherzi (ridere bonariamente dei compagni arabi, provenienti da una popolazione “cattiva” e numerosa, tradizionalmente coinvolta in fenomeni di oppressione verso minoranze mediorientali, sembra avere nelle file della guerriglia una funzione politica importante: da un lato di ammonizione permanente, sebbene nascosta, della cultura nazionalista araba e dei suoi lati più oscuri; dall’altro di sfogo catartico, nello scherzo, della tensione che opprime la psicologia degli arabi, come dei loro vicini, in questi anni pesanti).

Della brigata fa parte anche Serhildan, giovane azero: la sua popolazione è turcofona, ma vive fuori dai confini della Turchia, nell’Azerbaigian, tra la Georgia e l’Armenia, a nord dell’Iran. “Il mio paese faceva parte dell’Urss, ma se ne è staccato dopo gli eventi del 1991. Io sono sempre stato socialista, ho sempre letto e apprezzato Marx e Lenin, ma quando ho letto Ocalan, per me è stata un’illuminazione: otto mesi fa mi sono unito al Pkk, poi sono stato inquadrato nelle Ybs”. La pluralità culturale delle unità di guerriglia, dove accanto ai militanti curdi (del Pkk) e ezidi (nelle Ybs) combattono giovani di tutte le provenienze, è uno degli antidoti che il movimento armato usa contro il nazionalismo particolaristico o la degenrazione identitaria, che potrebbero altrimenti dilagare sotto la pressione delle situazioni di guerra. Serhildan dice di aver trovato, nel pensiero del comandante curdo, una critica del sistema sovietico priva di cedimenti alle ideologia capitaliste, oltre che un programma credibile per una nuova formula di convivenza in medio oriente. Saluta dicendo che, quando ci sarà il comunismo e potrà uscire dalla clandestinità, aggiungerà i compagni di Infoaut e Radio Onda d’Urto su facebook.

Mahmud, cecchino momentaneamente prestato al ruolo di autista, ci carica su un altro mezzo e ci conduce ancora oltre, ormai nel cuore della notte, in aree montuose di cui ci sfugge completamente la collocazione e la geografia. Non tiene a far mistero delle sue doti di soldato. Originario del Bakur, ha partecipato alla resistenza del quartiere Sur, a Diyarbakir, in Turchia, nelle file delle Yps (unità di protezione civile) e alla conquista di Singal, dove dice di aver ucciso dieci miliziani dello stato islamico, nelle file delle Ybs. La sua visione politica è quella del militante tutto d’un pezzo, abituato alla pratica della guerra e alla purezza della vita semplice della guerriglia: da una parte ci sono Turchia, il Pdk e Daesh; dall’altra Pkk, Ybs e Ypg. Fine della storia. Non esita ad affermare che, in generale, tende a fidarsi solo dei curdi, e neanche di tutti. Per lui i peshmerga sono un tutt’uno con l’Is, li accusa di avere venduto Singal e di essere amici di Erdogan (“il nuovo Hitler”); ne parla con totale disprezzo. Ne ha anche per i suoi compagni ezidi: “Quella gente mi sembra un po’ tonta a volte: ancora con queste favole sull’esistenza di Dio, ancora con questa barbarie delle differenze tra l’uomo e la donna…”.

Ferma il mezzo all’improvviso, nel buio più fitto, e ci mostra una distesa luminosa poco distante. “Foto” continua a dire; ci fa scendere e la raggiungiamo a piedi: si rivela essere un cimitero e mausoleo per tutti i caduti della guerriglia, uno dei luoghi più importanti di tutto il Kurdistan. Ragazzi delle Ybs e del Pkk spuntano come fantasmi dalla notte, ansiosi di accompagnarci lungo le scalinate illuminate da alti lampioni, ai cui lati giaccioni le tombe dei martiri delle diverse organizzazioni: Hpg e Yja-Star (Bakur e Basur), Ybs-Ybj (Ezidistan), Ypg-Ypj (Rojava). I graffiti delle bandiere di ciascuno di questi movimenti di liberazione sono dipinti su pavimentazioni di pietra, che declinano verso il basso seguendo l’andamento piramidale della grande costruzione, decorata da sculture, iscrizioni, simbologie. Al vertice un enorme schermo luminoso si staglia nel buio della montagna, mostrando il volto di Ocalan, sorridente, e quelli di decine di caduti della guerriglia dai suoi inizi ad oggi. Quando ci svegliamo in un altro luogo, il mattino dopo, l’atmosfera luminosa all’orizzonte, attorno ai giovani ezidi che scaldano le uova e prendono il tè, circondati da distese erbose su cui si aggirano galline e pascolano le caprette, fa contrasto con la memoria recente di quel luogo misterioso, dove l’onore è tributato, tra le montagne, ai combattenti di queste organizzazioni controverse o illegali, perseguitate o represse, ancora inafferrabili, per ora vincenti.

Dall’inviato di Radio Onda d’Urto e Infoaut a Singal, Iraq

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché la Silicon Valley sostiene Trump

Nei racconti della Silicon Valley scritti da sé medesima, tutti disponibili in rete o in libreria, si legge di un capitalismo eccezionale, guidato da uomini fuori dal comune.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Lo storico israeliano Avi Shlaim ha abbandonato il sionismo molto tempo fa. Ora è al fianco di Hamas

Shlaim, dell’Università di Oxford, sostiene che Hamas incarna la resistenza palestinese e si allontana persino dai suoi colleghi più radicali.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gli Stati Uniti e il «capitalismo fascista»

Siamo dentro a una nuova accumulazione primitiva, a un nuovo ciclo strategico innescato da Trump.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Israele sta perpetrando un olocausto a Gaza. La denazificazione è l’unica soluzione possibile

Il micidiale etno-suprematismo insito nella società israeliana è più radicato di Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich. Deve essere affrontato alla radice.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (pt.1)

Traduciamo questo contributo da Chuangcn.  Prefazione a cura di Chuang.  Dal 2020, un gruppo anonimo di netizen si riunisce per redigere una rassegna annuale delle lotte del lavoro (o, nella loro terminologia, “incidenti nel diritto del lavoro”) e delle tendenze sociali ad esse collegate in Cina. L’iniziativa è guidata dall’utente WeChat “Chiapas Eastern Wind TV” […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La questione della Palestina nel mondo di lingua cinese

Nell’ottobre 2023, con l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” lanciata da Hamas e la brutale risposta di Israele, il movimento di solidarietà con la Palestina è ricomparso in Cina.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La società della resistenza e la liberazione degli oppressi. La lunga storia di Hezbollah

Appena il governo di Beirut ha deciso il disarmo di Hezbollah, immediatamente nella capitale sono scoppiate proteste e cortei, non solo opera del partito sciita, ma di molti altri partiti e semplici cittadini.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I signori della terra: i latifondisti transnazionali e l’urgenza di una redistribuzione

Troppa terra in poche mani: le dieci multinazionali che controllano milioni di ettari

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

E’ uno sporco lavoro / 3: Hiroshima Nagasaki Russian Roulette

Sono ancora una volta delle parole, in parte esplicite e in parte giustificatorie, quelle da cui partire per una riflessione sul presente e sul passato di un modo di produzione e della sua espressione politico-militare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato delle realtà palestinesi italiane

Roma, 4 ottobre 2025, un milione in piazza per la Palestina libera e la sua Resistenza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas accetta parte dell’accordo. Trump chiede a Israele il cessate il fuoco

Hamas ha risposto al piano del presidente Usa Donald Trump sul futuro di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: 473 i componenti della Global Sumud Flotilla rapiti. Continua il viaggio della Thousand Madleens to Gaza

Sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla rapiti in acque internazionali dalle forze occupanti dell’esercito israeliano dopo l’assalto alle imbarcazioni iniziato la sera di mercoledì 1 ottobre 2025 a meno di 70 miglia da Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Feroce repressione sui pensionati davanti al Congresso ha fatto 20 feriti

I manifestanti stavano sul marciapiede quando le forze di sicurezza federali sono passate all’attacco. Denunciano l’uso di un nuovo gas irritante, più potente di quelli precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bloccando tutto – E’ sciopero generale

Oltre 100 manifestazioni in tutta Italia. Nonostante le intimidazioni del governo le piazze si sono riempite ovunque. Superati ampiamente i numeri del 22 ottobre in molte città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giorni di protesta in Marocco

Dal 25 settembre sono in corso una serie di mobilitazioni nelle città più grandi del Marocco, da Tangeri fino ad Agadir.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Comunicato di solidarietà all3 compagn3 fermate il 22 settembre a Milano: Ettore e Mina liber3 subito!

Ripubblichiamo il comunicato di solidarietà nei confronti di Ettore e Mina, ora agli arresti domiciliari a Milano scritto e pubblicato dal coordinamento cittadino Torino per Gaza

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bloccata la Global Sumud Flottila: aggiornamenti dalle piazze di tutta Italia

Dalle 20.30 di ieri sera circa è iniziato l’abbordaggio da parte delle navi militari dell’IDF nei confronti delle imbarcazioni della Global Sumud Flottilla.