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Stili della militanza – Dal movimento operaio a Occupy


Formazione militante: da questo compito e da questa esigenza collettiva nasce l’esperienza di Commonware. Estranei a qualsiasi nefasta riproposizione di “scuole di partito”, cerchiamo di iniziare a dare collettivamente prime risposte comuni alla grande domanda che ci troviamo di fronte: come ripensare la formazione politica dentro le muta­zioni sogget­tive e le pratiche di movimento contemporanee? Abbiamo dato a questa sperimentazione il nome di Commonware per dileggiare i pac­chetti didattici delle aziende universitarie, i cosiddetti “courseware”, rovesciandone il senso dentro la libera cooperazione sociale. E non è un caso che abbiamo scelto proprio l’università come luogo degli incontri, in quanto è simbolicamente e concretamente uno dei principali laboratori dei processi di dequalificazione del sapere critico e di precarizzazione delle nostre vite. Commonware si situa quindi dentro e contro l’università della crisi, si colloca tra i tentativi di riappropriazione della produzione dei saperi per costruire istituzioni autonome.

Abbiamo titolato il precedente ciclo formativo “da Marx all’operaismo” (i video sono reperibili sul sito www.uninomade.org, in primavera uscirà un libro che raccoglie le sette lezioni del corso svoltosi tra gennaio e giugno 2012). Con questa indicazione non abbiamo voluto confinare dentro uno stretto recinto un’unica conoscenza indispensabile all’agire politico, né tanto meno fare della rilettura marxiana proposta dall’operaismo ciò che non è mai stata, cioè un’ortodossia o una scuola. Da Marx all’operaismo significa, piuttosto, fissare i fondamentali, condividere un me­todo, aprire quella straordinaria eredità alla verifica del presente.

Ora, forti di questa prima riuscita sperimentazione, ci accingiamo ad affrontare di petto il cuore delle nostre pratiche politiche: la questione della militanza. É un termine, quello di militanza, che nei movimenti italiani degli anni zero (dal ciclo cosiddetto “no global” in avanti) è spesso stato sostituito dalla più anglosassone definizione di “attivista”. Questa parziale eclissi o sostituzione va assunta nella sua ambivalenza: se da un lato marca l’irriducibile distanza dalle forme di organizzazione rappresentativa, dall’altro rischia però di smarrire – insieme alle stucchevoli malinconie identitarie – anche il senso della determinazione storica del pensiero e delle pratiche (parallelamente cancellato dalle recenti riforme universitarie). Affrontando la questione della militanza dobbiamo allora mettere a critica un doppio rischio: da un lato, l’idea di una continuità lineare e atemporale delle pratiche politiche e di organizzazione; dall’altro, un nuovismo che presume di potersi liberare di ciò che sta alle proprie spalle senza conoscerlo e renderlo produttivo. In breve, del bagaglio di ricchezze di cui farsi innovativamente continuatori e degli errori da non ripetere. Nostalgia delle radici e assenza di genealogie sono infatti pericoli alla fin fine speculari, e solitamente si rafforzano per reciproca reazione.

Affrontiamo la questione, quindi, mettendola innanzitutto in prospettiva storica, perché la militanza – nel significato specifico che per noi la connota – nasce nella seconda metà dell’Ottocento con i processi di organizzazione politica e sindacale del movimento operaio. Afferrare questa prospettiva significa comprendere il carattere storicamente determinato delle forme della militanza, ovvero il loro mutare in rapporto alle trasformazioni della composizione di classe e dei processi organizzativi, dei cambiamenti delle forme di lotta e di sfruttamento. Da questa angolazione, nelle discussioni collettive di preparazione del ciclo abbiamo individuato cinque assi tematici che nei vari incontri cercheremo di toccare, attraverso cui osservare continuità e discontinuità negli stili di militanza: 1) le pratiche di lotta e i dispositivi per fare male ai padroni (ad esempio l’arma dello sciopero e i suoi mutamenti storici); 2) la formazione politica e la produzione di soggettività; 3) le forme di comunicazione e i loro cambiamenti in rapporto alle forme di organizzazione; 4) i processi di cooperazione, nella loro ambivalenza (ad esempio il mutualismo, tra strumento di organizzazione e utopie riformiste); 5) il rapporto tra dimensione destituente e costituente, cioè tra rottura e costruzione di nuovi rapporti sociali.

Il corso, pensato dentro il contesto del movimento italiano, avrà uno sguardo necessariamente globale. Il filo rosso che attraverserà tutte le lezioni e che costituisce la ragione di Commonware è di creare degli arnesi di parte, da usare e riprodurre creativamente, per attrezzare il pensiero e dirigere la pratica politica. É dunque il che fare nell’oggi il punto politico e la tensione costituente che anima il nostro percorso. Con questo obiettivo l’intero percorso di autoformazione sarà innervato da un laboratorio collettivo per preparare le lezioni e discutere i punti di avanzamento sul presente. Insomma, non abbiamo modelli di riferimento per una formazione del comune, certo, ma questa non può più essere una giustifica­zione: iniziare a costruirli, sperimentando per prova ed errore, è il nostro compito per dare corpo e sostanza a quello che abbiamo chiamato uno stile di militanza.

 

Programma

  • Figure della militanza: genealogia della questione – Sandro Mezzadra e Adelino Zanini (mercoledì 20 febbraio, h. 17)
  • Militanti di partito e militanti sindacali, consiliaristi e bolscevichi – Maria Grazia Meriggi e Franco Milanesi (mercoledì 6 marzo, h. 17)
  • I wobblies – Bruno Cartosio e Valerio Evangelisti (mercoledì 20 marzo, h. 17)
  • Le trasformazioni della militanza nel lungo Sessantotto – Guido Borio e Mario Dalmaviva (mercoledì 10 aprile, h. 17)
  • La militanza autonoma – Valerio Guizzardi e Toni Negri (martedì 23 aprile, h. 17)
  • Figure della militanza anti-coloniale e del black power – Miguel Mellino e Raffaella Baritono (mercoledì 8 maggio, h. 17)
  • La militanza femminista: dall’autocoscienza al femminismo diffuso – Alisa Del Re e Cristina Morini (mercoledì 22 maggio, h. 17)
  • Militanti e attivisti dai centri sociali al movimento globale – Franco Berardi Bifo e Benedetto Vecchi (mercoledì 29 maggio, h. 17)
  • La militanza dentro la crisi – Gian Luca Pittavino e Raul Sanchez Cedillo (mercoledì 5 giugno, h. 17)

 

Il venerdì prima di ogni lezione alle ore 17 ci sarà il Laboratorio Commonware per discutere e preparare collettivamente gli appuntamenti.

Per info: commonware@uninomade.org

da: Uninomade

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