Stralci di inchiesta (14): il lato oscuro dei grandi centri commerciali. Inventarista in RGIS
Proponiamo qui di seguito una intervista a Donato (nome di fantasia), dipendente di RGIS – Italia da due anni. L’ intervistato ci spiega cosa fa, come e quando all’interno delle grosse catene di distribuzione presenti in Italia che si affidano appunto a RGIS per inventariare i propri prodotti. RGIS é l’acronimo di Regional Grocery Inventory Specialist. Una azienda multinazionale leader nel suo settore che nel corso degli anni ha espanso la sua attività e i suoi affari in 40 paesi. Nata negli Stati Uniti nel 1958, si può considerare una pioniera del mondo dell’inventariato imprenditoriale .
Nell’ intervista emergono alcuni punti che rimandano alla condizione di precarietà diffusa e conosciuta anche in tante altre mansioni: non solo chi parla, ma molti suoi colleghi e colleghe considerano l’attività un secondo lavoro da abbinare a un primo che molto spesso non riesce a soddisfare di per sé le necessità economiche individuali, a fronte di un salario ridotto e tipologie contrattuali che non danno certezze sul proprio futuro.
La mansione che ricopre Donato è quella di inventarista: avvalendosi di un calcolatore elettronico scansiona e conta quanti e quali prodotti sono stipati negli stores richiesti. Un lavoro macchinico in cui sono richiesti precisione e velocità, in cui l’uomo è quasi automizzato, un po’ come nelle grosse catene di montaggio, e in cui deve continuamente confermare la propria disponibilità a eseguire le prestazioni lavorative, perlopiù in orari notturni.
Buona lettura
“Ciao, mi chiamo Donato, ho 28 anni, studio Giurisprudenza, faccio due lavori e sto in RGIS da ormai due anni. Si può dire in realtà molto meno, perchè tra chiamate e tempi vuoti in cui non si lavora effettivamente sono stato impegnato la metà del tempo.
A questo lavoro ci sono arrivato un po’ per la disperazione di riuscire ad avere dei soldi in più per poter fare qualcosa oltre a studiare, lavorare come agente immobiliare per studiare e pagarmi le spese elementari. In questo senso, questo lavoro in RGIS, anche se non mi consente per niente di campare in modo adeguato e mi fa fare degli orari veramente pesanti (come lavorare in agenzia alzandomi alle 7 e tornare poi la notte dopo alle 5 a casa), mi è utile per riuscire almeno ad affrontare delle spese non previste e comprarmi qualcosa di utile che non riuscirei altrimenti a permettermi. E sono in tanti, credimi, a fare più o meno la stessa scelta qui.
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In effetti, sono rimasto sorpreso di avere tanti coetanei, soprattutto studenti universitari o comunque persone che hanno da poco finito gli studi, a fare questa stessa mansione, insieme ad operai che ormai ci sono da molti anni. Se alcuni infatti stanno dagli inizi che RGIS si è insediata nel Nord Italia (credo) e a Bologna, cioè quasi una decina di anni, la stragrande parte dei lavoratori siamo qui da poco tempo. Questo perchè il distretto si è ingrandito e potenziato, e credo che punta sui giovani per sfruttarli una stagione/due e poi riciclarli. Così, oltre a garantirsi con delle forme di contratto precarie a chiamata e decisamente sottopagate per quello che rappresenta un lavoro essenzialmente notturno, può permettersi di mantenere solo chi è più “efficiente” e scartare chi mostra di essere meno produttivo.
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Entrando nel merito del lavoro, si tratta di fare inventari (e nella tipologia del contratto siamo “inventaristi” o qualcosa di simile) di tutti i prodotti catalogabili all’interno di grandi centri commerciali, stores, librerie ecc. in questo modo i centri in cui si effettuano gli inventari hanno un riscontro del volume dei prodotti al loro interno, che poi possono dichiarare nei loro attivi di bilancio avvalendosi di un “garante” che é appunto RGIS tramite il nostro lavoro.
Ecco, nonostante sia un lavoro con cui si viaggia spesso insieme e si fanno esattamente le stesse cose tra tutti, il fatto che un giorno dopo conosci un collega e tra due mesi magari non c’è più perchè ha svoltato di meglio o si è semplicemente stufato degli orari notturni ti rende un po’ sempre estraneo. Eppure, intendiamoci: conosci sempre persone in gamba e con tante cose da condividere e raccontare, solo che appunto per così poco tempo che si fatica a fare “squadra”. Quelli che fanno squadra, sì, sono i team leader che coordinano i vari reparti da inventariare con chi poi sta a RGIS da molto tempo, che diventano una sorta di fiduciari in automatico.
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Non c’è un clima di freddezza o disprezzo tra colleghi che stan più in alto e quelli “nuovi”, ma allo stesso tempo non è un ambiente che stimola alla crescita o alla cooperazione tra le persone. Da un certo punto di vista, personalmente, mi sento un po’ lobotomizzato a fare sempre le stesse operazioni, anche se ho visto di peggio tra mulettisti nei grandi magazzini o persone che caricano e scaricano merci senza un minuto di pausa. Qui almeno lavoriamo in ambienti chiusi, areati e tutto sommato puliti.
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La grande pecca è il compenso, che se non era per il rimborso dato nelle trasferte, sarebbe basso, a fronte di una mole di ore lorda che è molto più alta di ciò che è effettivamente l’orario di lavoro e il salario percepito in base al monte ore. So che c’è molto di peggio, ma qui non si tratterebbe di tanto, se non pagare le ore effettivamente trascorse tra il ritrovo e l’arrivo, giorno per giorno. Con la formula del contratto a chiamata, credo d’altronde che è molto difficile far giungere una rivendicazione istituzionale o sindacale su questo aspetto che l’azienda ritiene di considerare. Mi han detto che negli altri paesi d’Europa dove c’ é RGIS contratti e garanzie sono tutto sommato migliori.
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Però se penso a come poter migliorare la mia condizione e quella degli altri, raggiungendo maggiore serenità e voglia di lavorare senza sentirsi oltremodo sfruttato e “usa e getta”, credo che sta proprio nel pretendere il pagamento anche delle ore morte. Non riesco a vedere qualcosa di meglio in questo campo.”
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