Contro lo Stato d’Emergenza e il Giubileo della Paura: riprendiamoci le strade!
Roma non è più una città aperta, tutt’altro. Lo si respira nell’aria, lo si coglie al primo sguardo. Ogni angolo della città è presidiato da polizia, carabinieri, militari con i mitra alla mano; per le vie e nelle stazioni ogni luogo è buono per un posto di blocco, per un controllo. Ad ogni ora del giorno, mentre andiamo a lavoro, a scuola, mentre ci incontriamo con la nostra famiglia o con i nostri amici, possiamo essere arbitrariamente fermati e trattenuti, senza che questo corrisponda ad una logica se non quella della paura.
Spesso ad essere fermati sono i giovani, che vivono ancora le strade come luoghi di socialità, oppure i migranti, colpevoli di essere portatori di “tratti somatici sospetti”. Non si contano oramai i casi di persone fermate e maltrattate senza ragione nelle metropolitane, gli episodi di arroganza, dai militari che intervengono mitra al collo per un biglietto non pagato, oppure donne costrette a svuotare la propria borsa e a raccogliere dopo mezz’ora le proprie cose inginocchiate per terra. E’ difficile credere che ciò corrisponda al tentativo di prevenire attacchi o attentati. La ragione per cui questo avviene è quella di sfruttare “l’allerta terrorismo” elettoralmente, o peggio, per costruire uno stato di emergenza in cui alle forze dell’ordine tutto è concesso e permesso. Come possono spiegarsi altrimenti le provocazioni messe in atto nei confronti delle occupazioni abitative; le operazioni “antiterrorismo” nei luoghi abitati dai rifugiati in cui vengono intimiditi gli abitanti e rastrellate le bombole del gas utilizzate per cucinare; le pressioni messe in campo ai danni degli studenti per “sgomberare” gli istituti occupati in nome del contrasto al terrorismo? E’ evidente come Gabrielli, Alfano e Renzi stiano utilizzando il Giubileo come occasione per mettere a tacere chi lotta per i propri diritti, per difendere o migliorare le proprie condizioni di vita, per attaccare chi non si arrende alla precarietà e allo sfruttamento. Per questo vengono repressi gli scioperi, vietate le manifestazioni al centro di Roma, intorno ai palazzi dove si decide. Nessuno deve disturbare il “decisore” che in una città commissariata non è neppure stato eletto da nessuno e che quindi risponde soltanto a chi ce l’ha messo: al ministero dell’interno, al governo e ai poteri che lo circondano.
Non possiamo cadere in questo inganno. Non possiamo lasciarci stringere in una morsa da cui poi sarebbe difficile liberarsi. In gioco ci sono i nostri diritti, le possibilità di una vita degna, libertà che non possono essere cancellate e che anzi vanno pienamente riconquistate. Già nel fine settimana appena trascorso si sono tenute a Roma importanti manifestazioni: dal quartiere Prenestino si è alzato di nuovo il grido di chi si batte contro le speculazioni; da Piazza Esquilino la rabbia di chi non si arrende è risuonata fino alle finestre del ministero dell’Interno. Nei prossimi giorni ci troveremo ancora una volta a difendere le occupazioni abitative dalle provocazioni della polizia; ci troveremo in diversi angoli della città, da Cinecittà fino a Torre Angela per bloccare nuovi sfratti alle soglie del natale; davanti ai magazzini della logistica per respingere l’offesa e l’attacco ai danni dei lavoratori che non abbassano la testa e lottano.
Da qui dobbiamo ripartire:
per reclamare, in questo ennesimo natale di crisi, il diritto alla casa, alla salute, l’accesso ai consumi, ai trasporti ed ai servizi, la garanzia del reddito per tutti e tutte, uguaglianza;
per rompere – ora e subito – la gabbia di uno stato d’emergenza, di un clima di guerra, che serve solo ad imporre con la forza un nuovo pesante attacco alle nostre condizioni di vita e alle nostre libertà.
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