Da Corsico a Bari: Ikea sfrutta e licenzia i lavoratori
Negli ultimi due giorni l’azienda svedese di vendita di arredamento per la casa si è resa artefice di due licenziamenti che evidenziano una dura e ferrea gestione del personale nei sui punti vendita.
Del 28 Novembre è la notizia del licenziamento di una lavoratrice, che era impiegata all’Ikea di Corsico (Milano) da 17 anni. La sua colpa è quella di non aver rispettato per due giorni l’orario a lei imposto dall’azienda. La lavoratrice aveva precedentemente cercato di dialogare con il direttore del personale sottolineando come le fosse impossibile seguire il nuovo orario del turno lavorativo, visto che doveva occuparsi da sola dei suoi due figli, di cui uno disabile. A questa richiesta aveva anche avanzato come opzioni, in caso di impossibilità di cambio turno, di essere spostata di reparto o declassata nella posizione lavorativa. Dalla dirigenza non era giunta risposta, finché non è arrivata alla dipendente la lettera di licenziamento con causale “perdita del rapporto di fiducia”, motivata sulla base di due episodi in cui si era presentata in un caso in anticipo e nell’altro in ritardo.
Una vicenda dai contorni simili è avvenuta a Bari dove un lavoratore, con due figli piccoli a carico e anch’esso impiegato di Ikea da più di un decennio, è stato licenziato per aver fatto cinque minuti in più di pausa durante il turno rispetto al tempo previsto.
I due episodi ben mettono in evidenza il clima che si respira sui posti di lavoro da quando è stato approvato il Jobs-Act. La riforma del lavoro ha infatti aumentato la facilità di licenziamento dei lavoratori, che possono essere cacciati, come in questo caso, anche per semplici ritardi di cinque minuti. Le grosse multinazionali, industrie e aziende stanno così sfruttando appieno il mercato del lavoro precario che la legge in questione ha contribuito ad aumentare, licenziando sistematicamente chi non si attiene ai rigidi ritmi lavorativi imposti e assumendo nuovi dipendenti e lavoratori sulla base di contratti a tempo determinato.
Il clima che si vive nel mondo del lavoro sta diventando sempre più disumano, perché da un lato bisogna sottostare alle richieste sempre più pressanti dal punto di vista delle tempistiche di svolgimento del proprio lavoro, dall’altro si vede una generale tendenza di aggravamento dello sfruttamento lavorativo. Quest’ultimo, mai sopito ed elemento essenziale nel funzionamento della nostra economia, ha visto un elevato aumento a partire dalla crisi economica del 2007, presa come pretesto per deregolamentare il mercato del lavoro così da renderlo più funzionale ai bisogni dell’economia globalizzata.
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