Genova, fai paura, facci sognare
Amt è l’azienda che a Genova gestisce il trasporto urbano; Amiu la gestione dei rifiuti; Aster la manutenzione stradale. Sono state tutte “liberalizzate” da tempo ed hanno forma di Spa. Fino ad oggi le azioni delle tre società sono tutte di proprietà del Comune, che nomina gli amministratori.
Il 19 novembre scorso il Consiglio Comunale si riuniva per votare una delibera che prevede la vendita ai privati di parte delle azioni delle società del comune, preconizzandone la gestione privata. Lo stesso giorno i tranvieri hanno fatto uno sciopero unanime, violando la legge antisciopero 146/1990 e la precettazione a lavorare prontamente imposta dal prefetto.
Al pomeriggio, dalle 14, il palazzo del Comune e la sala del Consiglio Comunale riunito sono stati invasi da una moltitudine rumorosa e compatta di tranvieri e alcuni simpatizzanti. Si è trattato di una “presa del palazzo” assolutamente riuscita. La folla era stipata anche tra i banchi dei consiglieri già presenti e del sindaco, assente. La polizia si è tenuta in disparte.
Alle 16 è giunto il sindaco scortato da numerosi agenti della Digos genovese ed ha tentato di parlare, trasmesso da due megaschermi anche nel cortile del comune strapieno. Il coro degli operai all’arrivo del sindaco fa tremare l’aula: “buffone-buffone”.
Contemporaneamente nella sua tomba il cadavere di Milton Friedman spalancava gli occhi, sbarrati, ed i vermi che ancora smangiucolavano quel corpo putrefatto si domandavano l’un l’altro: siamo cannibali?
L’assalto al palazzo è riuscito e il sindaco ne dà subito atto dicendo nel microfono: “questo non è un consiglio comunale, è una assemblea di… persone” (ci ha pensato un po’ prima di chiamarci “persone”). Lamentoso, con le mani sui fianchi, il sindaco rammenta la dura fatica a cui si è sottoposto per salvare l’azienda dal fallimento, dice che i soldi non ci sono. Piagnucola sulle uova rottegli nel paniere dai noiosi operai che vogliono lo stipendio.
La richiesta del comune è semplicissima: vi pagheremo di meno e voi mantenete il posto di lavoro.
A maggio un accordo sindacale ha stabilito i sacrifici per i dipendenti: 8,4 milioni di euro risparmiati ad oggi con vari taglietti agli stipendi, a vantaggio dei conti aziendali. I tranvieri urlano che col patto di maggio il comune ha preteso senza dare in cambio nulla di quanto pattuito.
I sindacati dei tranvieri genovesi a maggio 2013 stipularono un accordo col sindaco Doria, poi ratificato con referendum. Ogni tranviere rinunciava a delle voci di stipendio, tipo premi di produzione, che sono ormai una parte rilevante, per far risparmiare ad Amt diversi milioni (8,4); Doria si impegnava invece a ricapitalizzare l’Amt mediante la vendita di qualche bene immobile comunale, perché l’aumentato capitale allontanasse il rischio di insolvenza e il fallimento.
Da maggio a oggi i tranvieri hanno rinunciato a somme proporzionali allo stipendio, ogni mese, per un totale a testa che varia da 1200 a 6000 euro, ripartiti in questi 6 mesi. Il Comune di Doria non ha invece adempiuto al suo impegno. Da qui la reiterata accusa di bugiardo al Sindaco.
La delibera privatizzatoria del 19 novembre è inevitabilmente rinviata. La tragedia diventa festa. Gli operai ringalluzziti vogliono scioperare, manifestare, stare insieme. Il giorno dopo (20 novembre) blocchi stradali si diffondono in vari luoghi, la sopraelevata, la strada che fa attraversare la città alle auto, è bloccata a sua volta; chiusa quella, tutto si ferma. Nelle scuole si va dopo e si esce prima. Aria di festa. Tutti d’accordo coi tranvieri. Tranvieri ovunque, i cortei non si contano più. Nessun autobus. La sera del 20 novembre, assemblea alla storica sala chiamata del porto, messa a disposizione dai portuali della Culmv.
Si decide: sciopero.
Giovedì 21 novembre, Doria e il Consiglio Comunale si riuniscono a porte chiuse, fuori moltitudine di dipendenti Amt vociante. Votano compatti la delibera che dà il segnale politico per la privatizzazione.
I tranvieri temono la prospettiva già avveratasi a Firenze, dove il sindaco Renzi ha recentemente privatizzato l’azienda vendendo le partecipazioni ai privati. Un sesto dei dipendenti son stati licenziati. Renzi il 19 novembre doveva venire a Genova per un qualche convegno elettorale, decide di non farsi vedere. Il giorno dopo il quotidiano corteo è aperto con la scritta “Renzi assente ingiustificato”.
Ieri, 22 novembre, altra assemblea nella storica Sala Chiamata del porto di Genova. Anzi, due assemblee, la più grande di tranvieri, nella sala accanto dei dipendenti Amiu, gestione rifiuti, che si uniscono alla lotta.
La continuazione dello sciopero dei tranvieri è data per scontata. Parole molto forti sul sindaco Doria e il Presidente della Regione Burlando, entrambi nella coalizione di Centro sinistra (Sel-Pd).
Pare che oggi (23 novembre) lo sciopero si estenderà anche alla impresa Atp, cioè ai trasporti extraurbani in corriera. Dopo l’assemblea parte l’ennesimo corteo che raggiunge la sede della Regione Liguria, bloccando tutto il traffico del centro città. “Noi siamo la scintilla per l’Italia”, “Doria merda”, “Burlando merda” gli slogan più frequenti. In centro arriva Beppe Grillo con un manipolo, circondato da giornalisti; i tramvieri lo tengono lontano dal corteo, sta in coda. Sono previste mobilitazioni un po’ dappertutto, il 22 pomeriggio i tranvieri sono andati ad accogliere Bersani che parla al teatro Modena di Sampierdarena. Pilatesco: “Quando si innesca una miccia la protesta può esplodere. Mettiamoci attorno ad un tavolo per raggiungere una soluzione. Non sono io a dare ricette a Genova: è il sindaco che deciderà”. Oggi (23 novembre) un comitato improvvisato contro le privatizzazioni convoca tutti nella centrale Piazza De Ferrari dalle 15.
La mobilitazione dei tranvieri è stata ininterrotta. La questione si poneva inevitabilmente in capo al Comune ed al sindaco Doria. Eletto dalla fronda anti-mafia-Pd, ha fatto promesse ed ora l’argomento per non mantenere un bel niente è il solito: “ho le mani legate”. A legare le mani è il patto di stabilità, cioè le infami leggi neoliberiste culminate nel nuovo art. 81 della costituzione imposto dalla troika, che rende illegale il deficit spending keynesiano. Se accettiamo che l’Amt debba essere in pareggio, altrettanto vale per scuola, ospedali, qualunque servizio pubblico. Cioè progettiamo l’impossibile, o meglio la fine dei servizi pubblici. Lasciando ai nostri figli un mondo per ricchi con tanti gendarmi a tutela dei privilegi.
Allende s’è fatto ammazzare per difendere la sua legalità, tanto non pretendiamo dal Doria.
Ma quello che possiamo chiedere, a lui e a tutti quelli come lui in Italia, è una alternativa. Iniziare una strada di contrasto al “patto di stabilità” che non permette agli enti locali di spendere o indebitarsi. Qualche esempio c’è già.
Dal Corriere del Mezzogiorno: “La Procura Regionale della Corte dei Conti della Campania ha ritenuto che non sussistono i presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità e ha disposto l’archiviazione della vertenza riguardante l’assunzione, effettuata l’anno scorso, il 2012, dal Comune di Napoli, di oltre 300 maestre a tempo determinato, non avendo provocato nessun danno di tipo erariale alle casse pubbliche” dichiara De Magistris in una nota. “Si tratta – aggiunge – di una decisione che ci conforta e che conforta tutti gli amministratori che, imbrigliati dai vincoli imposti dal Patto di stabilità e dalla spending review, quotidianamente vivono la difficoltà di garantire i servizi e dunque i diritti ai loro cittadini. Quegli amministratori sospesi tra la scelta di seguire i parametri del formalismo burocratico contabile e la Costituzione. Quegli amministratori che si trovano in una condizione paradossale che vede i diritti compressi dalla morsa dell’attenzione al contenimento della spesa, legittima quando non contrasta con la garanzia dei servizi essenziali che spettano, come democrazia stabilisce, alle persone”.
Se la reazione del governo, dei banchieri non permette di garantire il servizio pubblico spendendo e indebitandosi, dimissioni. Un medico a cui tolgono gli strumenti, un insegnante a cui vendono la scuola non può fare il suo lavoro: si dimette e cerca altre strade.
Chi rifiuta di essere il boia della sua città e si dimette, potrebbe stravincere le elezioni successive. Fu il caso di Rafael Correa: nel 2005 ministro delle finanze in Ecuador, rifiutò di applicare la politica di super privatizzazione imposta dal Fondo Monetario Internazionale e diede le dimissioni. Poi stravinse le elezioni ed oggi, da Capo dello Stato e del Governo (rieletto), ha rifiutato di pagare il debito pubblico odioso ed investe in servizi pubblici; così l’Ecuador va avanti, mentre noi andiamo indietro.
Non ci sarà alcun limite alla voracità degli squali finanziari, che non vedono il futuro. Nessun cedimento accontenterà gli psicopatici cleptomani che i (loro) giornali chiamano “i mercati”. Per fare la cosa giusta Doria e i suoi non possono essere soli, devono unirsi ai movimenti che oggi difendono i beni comuni, portarseli dietro in un corteo perenne come scorta.
L’alternativa? La gridano oggi nelle strade genovesi: ma vaff….
Di Buranello-Quaderni SanPrecario
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