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La mucillagine ribelle che imbarazza la sinistra

La mucillagine si sta ribellando. E il mondo della sinistra resta a guardare, o prende le distanze. Minoranze più o meno vitali si rivoltano per tutelare i loro interessi e, per ora, sono gli unici soggetti in campo che provano ad alzare la testa contro il feroce tentativo del governo Monti di «salvare l’Italia» colpendo i più deboli.

Lo scenario è spiazzante e le categorie sociali indistinte che stanno protestando non permettono sintesi né scorciatoie interpretative. Autotrasportatori, tassisti, benzinai, ma anche avvocati e farmacisti. Per il resto, silenzio e rassegnazione. Chi l’avrebbe mai detto qualche settimana fa, quando era chiaro a tutti per quali motivi si era insediato il governo Monti-Bce.

Pur avendo in qualche caso ragione e in altri torto, non c’è niente di più lontano da una coscienza collettiva di queste corporazioni scollegate tra loro che stanno disturbando il manovratore. Anzi. Questo tipo di conflittualità autoreferenziale non può che far comodo a un governo che dice di sapere che in questa fase delicata potrebbero verificarsi «turbolenze», come se i problemi in un paese a rischio default dovessero arrivare da qualche tassista che dà in escandescenze o da un blocco autostradale.

Grande è la confusione sotto il cielo, ma se non altro segnala una certezza: l’unico filo (non rosso) che tiene insieme le categorie che si stanno ribellando è la mancanza di un soggetto politico di sinistra capace di fare sintesi. I partiti storici sono distanti dalla realtà (o sostengono il governo Monti), la cosiddetta «società civile» è scomparsa e il sindacato è debole proprio mentre sta per ricevere la mazzata più pesante, la riforma del mercato del lavoro – «in fretta» e «senza tabù» sull’articolo 18 come chiede Monti.

Impossibile, per esempio, non sottolineare il cortocircuito nella composizione sociale del movimento siciliano dei Forconi, il quale, piaccia o meno, rappresenta comunque la prima reazione in carne ed ossa alla dittatura dell’economia irreale che sta mortificando l’Italia a colpi di spread. Nel pasticcio tipicamente siciliano, hanno sfilato più o meno insieme gli autotrasportatori, i contadini, i pescatori, qualche personaggio in odore di mafia, esponenti di Forza Nuova come Morsello, ma anche gli studenti e – a Caserta, per esempio – anche i giovani di alcuni centri sociali.

La cornice è decisamente imbarazzante, ma cosa sarebbe successo se la stessa protesta fosse stata organizzata dai partiti o dalle forze sindacali? Probabilmente sarebbe stato più complicato prendere le distanze e non sporcarsi le mani avvicinando in qualche modo i manifestanti. La sensazione, ancora una volta, è che la sinistra storica non sappia più cogliere le occasioni che càpitano per tornare ad occuparsi del proprio potenziale elettorato.

I camionisti che bloccano il traffico possono anche essere antipatici, ma è vero che il prezzo della benzina è salito alle stelle. Per tutti. Stando così le cose, è inutile dare lezioni di bon ton sui toni di una protesta che non può che essere popolare e poco raffinata, fino al punto da invocare l’intervento del ministero degli Interni. Limitarsi ad accusare di «spontaneismo» i tassisti che fanno i cori da stadio non può far altro che aprire autostrade alle destre e ai populismi. In alternativa ai blocchi disordinati di questa «società incivile» che lotta solo per i propri interessi, bisognerebbe essere capaci di mobilitare i più deboli su un progetto comune ampio e alternativo al governo. Non arricciare il naso.

Da Il Manifesto

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