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Notevole manifestazione del SI Cobas a Modena

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Sabato 9 febbraio diverse migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno solcato le strade del centro cittadino di Modena, uniti e convinti nell’affermare la propria contrarietà allo sfruttamento e al razzismo del ceto imprenditoriale nella città.

Un corteo molto significativo che, forte della recente vittoria davanti allo stabilimento di Italpizza, ha saputo mettere in discussione un modello politico ed economico denominato ‘Sistema Modena’,  organizzato  essenzialmente su tre diagonali: sfruttamento, collusione e il beneplacito di chi dovrebbe controllare (politica istituzionale in primis).
Andiamo con calma. Il corteo parte da piazza Sant’Agostino verso le 15 di un soleggiato sabato pomeriggio, già diverse centinaia di persone sono pronte per partire, tante le varie realtà politiche di base locali e non giunte per l’occasione. Anche i compagni e le compagne del coordinamento regionale ‘Mai Più Lager Né in Emilia Romagna Né Altrove’ sono presenti.
Il corteo parte. In testa, ovviamente ci sono loro, le ormai famose ‘leonesse’ di Italpizza. Operaie licenziate dopo essersi iscritte al sindacato SiCobas, che in questi mesi, lo diciamo senza retorica, ci hanno mostrato un dettaglio per noi spesso scontato e che invece non dovremmo mai scordare: la gioia e il calore della rivendicazione sociale, della solidarietà e in altri termini del conflitto sociale.
Solo quando il corteo raggiunge via Emilia Centro risulta più comprensibile la quantità di persone scese in piazza. Il corteo più volte si deve fermare in attesa che si ricompattino le prime fila, la spinta operaia è incontenibile. Partono i primi interventi al microfono, tra cui il Collettivo Guernica che parla per ricordare la contrarietà di Modena alla prossima riapertura del CPR di via La Marmora. Nello stesso momento viene appeso uno striscione lungo circa dieci metri contro questo Lager, strumento di oppressione e repressione.
I leitmotiv della manifestazione sono quelli ormai ricordati in più occasioni, un’opposizione concreta e radicale al Decreto Salvini (colpevole di introdurre e aumentare le pene per blocco delle merci e blocco stradale), la denuncia e la promessa di lottare contro questo modello di sviluppo che prevede lo sfruttamento come parte imprescindibile della valorizzazione.
Da ricordare l’intervento e il raccoglimento intorno a Nabil, fondatore e compagno instancabile del Sicobas Modenese deceduto per un tragico incidente due anni fa.
Una manifestazione bella, di impatto e che ha ricordato alla grassa e pigra città emiliana le proprie radici e la propria origine operaia.  Inutile dire come ormai la soggettività migrante sia sempre più vittima di quello sfruttamento di cui Modena si autoalimenta, non è un caso infatti che all’interno delle aziende in cui si muovono questi scioperi la percentuale più alta di scioperanti over 40 anni sia migrante, mentre per una composizione più giovanile (20-35) troviamo anche una percentuale non indifferente di giovani italiani, spesso migranti dal sud Italia. Questo è un dato molto interessante e che indica quantomeno in una rapida, per questo non esaustiva, visuale dall’altro, un fenomeno di redistribuzione e di settorializzazione di una composizione migrante e giovanile disposta e particolarmente bisognosa di trovare nel conflitto sociale una strada per un cambiamento del proprio esistente. Poco possono fare in questo le liste civiche, i partiti istituzionali men che meno i sindacati confederali (visti, a ragione, come i primi colpevoli e i primi traditori).
Non possiamo non considerare, inoltre, come solo un passaggio ulteriore che riesca ad unire soggettività in movimento possa rappresentare un orizzonte per noi consono alla fase all’interno della quale  ci muoviamo e agiamo trasformazioni all’interno della cosiddetta fabbrica sociale di cui, certamente ieri è stato un primo passaggio, si iniziano a vedere i bordi e i confini. Nostro compito sarà quello di far saltare questi confini, agendo da collettori ricompositivi in grado di rendere omogeneo sulla linea del reddito ciò che oggi è estremante frastagliato, atomizzato ma non per questo inesistente.

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