Occupy Pavia: rappresaglie e intimidazioni non passeranno!
L’assessore Assanelli dice che di non potersi più avvalere di chi ha osato sputare nel piatto in cui ha mangiato.
Inoltre, infastidito dall’attenzione mediatica e sociale che il problema della casa sta avendo grazie alla battaglia intrapresa con il recupero degli alloggi popolari lasciati a marcire, si è precipitato a chiamare la moglie del lavoratore che aveva appena licenziato; lo ha fatto per spaventarla, intimandole di non parlare con i giornalisti e le televisioni di quello che sta succedendo alla propria famiglia.
Ha assicurato inoltre la galera per il marito minacciando un peggioramento della situazione qualora i fatti fossero stati resi pubblici. L’assemblea per il diritto alla casa ha deciso di sostenere Attila interrompendo il consiglio comunale e leggendo il seguente comunicato. Tanto per iniziare…
Chiaramente dal consiglio comunale, sulla questione, non sono venute risposte. Non ne aspettavamo! Non ci interessa la loro strumentale collaborazione, nel nostro piccolo, vogliamo far saltare il banco.
La violenza della repressione non tarda a farsi sentire nemmeno a Pavia, dove da poco più di una settimana l’assemblea per il diritto alla casa ha aiutato tre famiglie sfrattate a occupare alcuni tra i 90 appartamenti del comune vuoti perché dichiarati sbrigativamente inagibili. Oggi la repressione assume le sembianze di un anonimo assistente sociale che notifica al cittadino Attila il suo licenziamento perché reo di avere assunto dei comportamenti poco corretti nei confronti del suo datore di lavoro, il comune di Pavia, per l’appunto, avendo abusivamente occupato uno dei suoi appartamenti sfitti.
Attila è stato sfrattato il 9 maggio insieme alla sua famiglia da un appartamento di proprietà di un palazzinaro, che non risiede a Pavia ma possiede, solo nel quartiere, diversi immobili.
Attila ha due figli, di otto e sei anni, e una moglie a suo carico. Da sei mesi a questa parte campa di una borsa-lavoro, erogata dal comune di Pavia: 400 euro al mese per una media di 42 ore di lavoro notturno a settimana. Attila, con i soldi che il comune gli dà, non può mandare avanti una famiglia, dar da mangiare ai suoi figli, e pagare un affitto.
Per questa ragione ha deciso di rifiutare una stanza senza bagno al Villaggio San Francesco e di andare a riprendersi un diritto che gli era stato brutalmente negato, occupando una delle tante case vuote del comune.
Tra i tanti disagi che l’esser buttati in mezzo a una strada comporta, c’è anche quello, non secondario per Attila, di non poter garantire ai propri figli, che frequentano una scuola nel quartiere dal quale è stato sfrattato, una continuità didattica e una serena conclusione dell’anno scolastico. Problema, questo, che il caritatevole comune di Pavia si è ben guardato dal porsi.
Stando alla lettera di licenziamento, tra il comune e il suo dipendente “è venuto meno il rapporto di fiducia a causa di atteggiamenti non completamente corretti del signore in oggetto”: comportamenti, però, totalmente slegati dalle prestazioni lavorative del dipendente comunale. Adesso l’assessore comunale alle politiche sociali Assanelli racconta, con poche parole, ma molto chiare, ai microfoni delle emittenti cittadine, che non può più avvalersi di chi ha osato sputare nel piatto in cui ha mangiato, sottraendo ad una fila di questuanti un posto così ambito.
I servizi sociali si rivelano per quello che sono in realtà: uno strumento di disciplinamento e controllo dei comportamenti sociali delle classi subalterne!
C’è però una novità: la parte migliore di questa città ha deciso di dire basta!
Basta a ricatti sulla pelle di chi è stato spolpato dalla crisi ed è costretto a chinare il capo per un piatto di minestra.
Basta alla carità ipocrita di un comune che, elargendo qualche misero aiuto ai bisognosi, si rifà una verginità, ormai perduta da tempo, e in particolare sul versante delle politiche urbanistiche, nel quale ha mostrato, quantomeno, una tacita accondiscendenza verso i grandi nomi della speculazione immobiliare, assecondando operazioni milionarie. Già, perché, guardacaso, il comune non è stato così solerte nel sanzionare il suo dirigente, architetto Angelo Moro, sotto accusa per abuso d’ufficio e associazione a delinquere per le speculazioni di Green Campus e Punta Est, mentre abbatte senza troppi scrupoli la sua mannaia punitiva sui comportamenti presuntamente illegali di un suo dipendente meno altolocato.
Dice Assanelli: “Pur comprendendo che la casa è un bene fondamentale una persona non può occupare una proprietà altrui senza seguire l’iter di legge”, implicitamente riconoscendo che il diritto alla casa non può essere garantito che violando quello di proprietà.
Vorremmo tranquillizzare l’assessore sul fatto che l’assegnazione degli appartamenti vuoti del comune non dipende dalle decisioni dell’assemblea per il diritto alla casa, ma, men che meno, ci teniamo a ribadire, dagli opinabili criteri di oscuri funzionari comunali avulsi dalle problematiche sociali che emergono nelle periferie cittadine.
L’assegnazione degli appartamenti sfitti dipende dai bisogni dei lavoratori e dei disoccupati colpiti dalla crisi e dall’emergenza abitativa! Il ritmo dell’autorecupero sarà scandito dal procedere degli sfratti.
Assanelli, dopo aver licenziato Attila, denuncia chi occupa le case, salvo poi sostenere di voler aprire una trattativa. L’assessore e il sindaco non hanno capito che noi non cerchiamo le loro briciole, non hanno capito che noi esigiamo ciò che ci spetta e che andremo a riprendercelo. Non hanno capito che devono preparare i loro salotti buoni perché noi andremo ad occuparglieli. Non hanno capito che noi pretendiamo indietro con gli interessi tutto ciò che la crisi del capitale e delle banche ci ha rubato.
Lanciamo un appello alla Pavia solidale: non lasciamo solo Attila!
Lottiamo per ottenere dal comune il ritiro del suo licenziamento, costituiamo una cassa di resistenza a sostegno delle famiglie in lotta per la casa, attiviamoci per garantire una fonte di reddito alternativa alla falsa carità del comune!
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