Per un 1°maggio (e una primavera) di lotta
Chi comanda ha scelto la via della restaurazione. La svolta è avvenuta in una settimana, rieletto Napolitano si è dato il via al governo Pd-Pdl presieduto da Letta. Napolitano aveva già voluto il governo Monti, col sostegno di Berlusconi e del Pd. Un governo che ha prodotto più disoccupazione e centinai di migliaia di lavoratori esodati; ha ridotto le pensioni della povera gente, aumentato le tasse, fatto crescere i costi di benzina, luce, gas, acqua e dei generi di prima necessità. I loro provvedimenti economici non hanno fatto uscire il paese dalla crisi ma costi della crisi li hanno fatti pagare a noi con un forte peggioramento delle condizioni di vita e con la crescita smisurata della precarietà. Oggi per milioni di italiani il salario è precario, il posto di lavoro è precario, i servizi sociali sono precari, la sanità è precaria; la scuola è precaria, la casa è precaria, la possibilità di andare in pensione è precaria. Non sappiamo cosa ci toglieranno domani, ma siamo certi che ci toglieranno qualcosa, che ci chiederanno altri sacrifici.
Le istituzioni sono sempre più separate dal paese reale e i politici, che si considerano i padroni delle istituzioni, gestiscono il potere contro i cittadini. Hanno fatto una campagna elettorale sostenendo solo falsità, promettendo cose che sanno di non poter mantenere. Tutti i partiti che hanno sostenuto Monti hanno perso milioni di voti, più della metà degli italiani ha espresso un voto di protesta o non è andata a votare. Hanno paura che tutto salti ma non sono disposti a introdurre alcun cambiamento, e soprattutto non sono disposti a rinunciare al potere. Nessuno sa cosa fare per uscire dalla crisi, ma tutti vogliono far stare in piedi questo sistema che è marcio, basato su grandi sprechi, privilegi intoccabili e ingenti profitti per pochi. È un sistema che si regge sugli intrecci degli interessi di lobby: della finanza, delle professioni, della burocrazia pubblica, dei baroni universitari, dei costruttori edili e di grandi opere, degli assicuratori, dei giornalisti, dei sindacati, dei politici. Il sistema dei partiti è come una piovra: estende i suoi tentacoli ovunque ci siano interessi, soldi, potere da esercitare. I politici sono infatti gli unici che non rimangono mai disoccupati.
Napolitano ha parlato chiaro, se i partiti vogliono sopravvivere devono rassicurare l’Europa, i banchieri europei, le grandi multinazionali europee, i capitali finanziari globalizzati. Dunque il governo Letta dovrà continuare e completare quello che ha incominciato Monti: far pagare i costi della crisi a milioni di donne, giovani, lavoratori e pensionati. Berlusconi e Letta mettendosi insieme hanno voluto dirci che i loro interessi sono gli stessi, che finita la campagna elettorale la politica che conta è la loro, perché loro comandano e sostengono gli interessi dei poteri forti. I soldi pubblici dovranno continuare ad andare al sistema televisivo, ai giornali, alle banche, alle assicurazioni, alla Tav, a chi distrugge il territorio, a chi privatizza, ai baroni dell’ università, della sanità, ai sindacati e così via.
Ora tutti parlano delle imprese che chiudono, dell’occupazione che diminuisce, del lavoro che non c’è, dei giovani che non hanno futuro. Ma noi ci domandiamo cosa ha fatto il sindacato negli ultimi dieci anni, cosa hanno fatto i partiti del centro sinistra? Quanti sindacalisti, quanti “compagni” si sono preoccupati più dei loro destini personali, si sono affrettati ad andarsi a sedere su qualche comoda poltrona del Parlamento, degli enti locali, dei consigli d’amministrazione delle partecipate.
Chi è rimasto nel territorio, nella città, a costruire partecipazione sociale e politica? Pochi o nessuno.
L’accentuarsi della crisi ci dice il lavoro oggi è sempre più precario, a volte non corrisponde neanche alla certezza di un salario, per molti è solo uno strumento di ricatto, subordinazione e sfruttamento. Se oggi per molti la retribuzione non arriva a mille euro, che senso ha accettare ulteriori sacrifici?
Oggi gli interessi sono più che mai contrapposti. Le condizioni di vita si possono cambiare solo con il rifiuto, la contrapposizione, il conflitto. Bisogna rivendicare collettivamente il cambiamento dei rapporti di forza, costruendo atti e comportamenti concreti per riprendere con la lotta collettiva quello che ci spetta. La contrapposizione collettiva costruita per ottenere le cose concrete che ci abbisognano per vivere può diventare un arma importante per cambiare e modificare i rapporti di forza.
Così oggi è importante intendersi quando si parla di reddito di cittadinanza: non può essere un elemosina per acquietare; deve necessariamente diventare pratica di riapropriazione, multiforme, diversificata ma concreta. Impedire gli sfratti, occupare le case, impedire che chiudano gli ospedali; che restino accessibili i costi dei farmaci e delle cure, che non ci facciano pagare 400 il posto di un bambino all’ asilo; non accettare che gli universitari debbano pagare le tasse, le mense o i testi scolastici per poi avere un diploma o una laurea che attesti l’impossibilità di essere occupati… Tutto questo è reddito sociale. L’intensità delle lotte e dei comportamenti ne sancisce la legittimità, la quantità e la qualità.
I privilegi sono per pochi i diritti sono e devono diventare per tutti e tutte!
(*) Testo dell’editoriale che verrà distribuito in piazza il 1 maggio dal Network Antagonista Torinese
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