Ribelli al debito. Manderemo in crisi la vostra austerity
La risposte si chiamano “razionalità” e austerity. Esse portano in calce il sangue e i sacrifici di quei comparti sociali che, secondo le disposizioni dei vertici, dovrebbero assumersi l’onere di ripagare i danni causati dalla miopia delle banche e degli stati.
Un grande ingranaggio ha cominciato a girare. Un meccanismo di spremitura sociale, che in breve dovrebbe far saltare fuori i soldi scomparsi, direttamente dalle tasche di dipendenti pubblici, precari e studenti.
Il nostro paese ha ricevuto ordini precisi dai direttori di Bce e BankItalia, vertice e ramo della possente macchina di riscossione unitaria. La ricetta siglata Trichet e Draghi prevede: più tasse, meno servizi, più privatizzazioni. Ed ecco la nuova finanziaria di Tremonti rispondere lesta alla chiamata. Ecco la ghigliottina della scomparsa del welfare abbattersi sull’Italia debole, quella che versa i contributi, paga le multe, e permette al teatrino di Montecitorio di continuare nelle sue farse.
Ma un meccanismo non ancora oliato rischia di incepparsi, e nell’era del capitalismo globale e delle risposte comunitarie alle crisi, c’è il rischio che piccoli focolai locali di opposizione sappiano fare rete e sbarrare le porte alla morsa dei poteri forti. C’è il rischio che un grido di allarme nato ad Atene, si scopra valido anche a Londra. Che a Tunisi alcuni studenti e ragazzi dei quartieri lo ascoltino e pensino che anche a casa loro le cose funzionano allo stesso modo. E quando la voce inizia a spargersi, ad inondare le strade di New York, di Barcellona e di Santiago de Chile, allora forse c’è la possibilità che questa volta non vada a finire come sperano gli strozzini che governano l’economia globale.
Il 15 ottobre tutto il mondo risuonerà di questa voce. Dall’Europa al nord Africa, dall’America Latina agli Stati Uniti giungerà l’unica soluzione alla crisi possibile. Un NO netto, definito, sarà la vera risposta globale alla prescrizione di austerity dei medici finanziari.
Non si tratta ora, dimentichi delle disparità che attraversano la nostra società, di affrontare tutti insieme un evento sovrannaturale giunto a colpire indiscriminatamente nel mucchio. Questa crisi è un fatto politico, una colpa tangibile con dei responsabili reali, che vanno individuati e affrontati.
Gli artefici di questa situazione non sono da ricercarsi in chissà quale lontano chiostro del Potere, ma sono invece abilmente dislocati nei nostri territori. Gli striscioni che sono apparsi questa notte su alcuni dei palazzi della nostra città, stanno a sottolinearlo.
BankItalia è stata sanzionata perché comandante locale dei dispositivi di austerity; Equitalia, in quanto agenzia di strozzinaggio che quotidianamente colpisce le fasce deboli della popolazione; Banca San Paolo, poiché colpevole di entrare dalla porta principale della nostra università, rosicchiando futuro e reddito di noi studenti, con prestiti e finanziamenti; Regione Piemonte, in quanto collusa nel tentativo di sopraffazione nei confronti degli abitanti della Val di Susa con il progetto Tav; Provincia di Torino, partecipe dei dispositivi di governance del nostro territorio, che nel tempo della crisi preferiscono continuare a lustrare le proprie immagini, piuttosto che occuparsi dei loro cittadini.
Oggi iniziamo a colpirli e a rifiutare il loro debito
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