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Chiapas, assassinato un compagno a San Sebastian Bachajón

 

San Sebastian Bachajón é una comunitá accanto alla conosciuta riserva della biosfera delle cascate di Agua Azul. In questo meraviglioso contesto naturale, da sempre territorio di indigeni tzeltal e ch’ol, si vive da anni una storia di resistenza e lotta contro i progetti di un governo che vorrebbe – ancora una volta – espropriare il territorio ai suoi abitanti per implementare un progetto di sfruttamento “eco-turistico” su larga scala. Dal 1980 é cominciata la costruzione di negozi e strutture balneari, da quando il luogo fu dichiarato “Zona di protezione forestale e rifugio di fauna silvestre”. Con questo meccanismo l’amministrazione federale dello stato esercita il controllo diretto sul territorio e sulle sue risorse strategiche (terra, acqua, risorse minerarie, biodiversitá etc), inserendo la zona in un“area protetta” di fatto strappando la gestione della zona all’assemblea dei contadini locali.

 

Il terreno delle cascate é oggi circondato da un lato da territori recuperati con l’insurrezione zapatista del 1994, dall’altro dall’ejido (terreno gestito collettivamente) di San Sebastian Bachajón. Questo rappresenta un ostacolo agli interessi di governo e privati, che vorrebbero implementare lo sfruttamento di quella zona con l’allargamento del Centro ecoturistico costruendo hotel, parchi acquatici, parcheggi e negozi. Si tratta di un punto di interesse geo-politico ed economico fondamentale, poiché le mire del governo vorrebbero trasformarlo in un importante punto turistico chiapaneco battezzato “la Cancún verde”. Un mega-progetto che dietro l’ipocrita definizione di “eco-turistico” cela in realtá l’esproprio di terre a chi da secoli le abita e se ne prende cura, nonché la distruzione irreversibile dell’ecosisitema locale, finalizzate alla speculazione e all’accumulazione di capitale ad ogni costo.

 

Contro tutto questo si oppongono dal 2007 gli abitanti di Bachajón. Aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell’EZLN, i membri di questa comunitá sono stati piú volte oggetto di brutali episodi di repressione da parte dei tre livelli di governo (municipale, statale e federale) e delle forze paramilitari, mirati a sfiancarne la resistenza. Dal 2008 gli abitanti hanno riconquistato il punto di accesso alla zona turistica delle cascate, da cui il governo riscuoteva un ticket d’ingresso dai visitanti, con la volontà di riappropriarsi delle risorse anche economiche che gli spettano per finanziare i progetti autonomi della comunità. Nel 2011 va in porto uno dei tanti tentativi di sgombero con una violentissima repressione che porta all’arresto di 117 persone, 107 delle quali vengono rilasciate dopo pochi giorni, ma gli ultimi 5 prigionieri rimangono in carcere per 4 mesi. Fra ripetute detenzioni arbitrarie, sequestri, minaccie, uso della tortura, attacchi di organizzazioni paramilitari e affiliati al sistema di partiti la zona era già stata segnalata come zona “di allerta” rispetto all’intensità della repressione nello stato del Chiapas1.

 

Repressione brutale e militarizzazione del terriorio rappresentano la quotidianeità del contesto chiapaneco e piú in generale di quello messicano, in quella che viene da tempo definita come “guerra integrale di sfiancamento”. La strategia controinsurrezionale di questa guerra é quella di operare su vari livelli – politico, economico, militare – per stroncare ogni resistenza territoriale, ogni esperienza di autonomia, con l’obiettivo di salvaguardare gli interessi dei capitali (trans)nazionali e mantenere al potere il modello neoliberista. Una guerra disegnata direttamente dal Pentagono contro l’EZLN e i suoi alleati2. Sul piano economico si ricorre all’utilizzo di finanziamenti o “piani sociali” assistenzialisti3 che mirano alla disgregazione del tessuto sociale all’interno delle comunitá, favorendo l’assimilazione alla logica del mercato delle componenti sociali che lo rifiutano, facilitandone la governabilitá. Sul piano politico attraverso le argomentazioni demagogiche di guerra al narcotraffico, contrasto della povertá, sviluppo economico sostenibile o pace e sicurezza sociale si giustificano la criminalizzazione della resistenza, il controllo e la repressione. In Chiapas il governo afferma pubblicamente di valorizzare le istanze dell’EZLN, mentre nella pratica agisce inasprendo il conflitto specialmente contro le comunitá zapatiste o aderenti alla Sesta. Sul piano militare, come giá sottolineato, l’intento delle azioni praticate con forze regolari e irregolari é quello di creare nella popolazione il forte impatto psicologico del terrore.

 

Oggi l’omicidio del compagno Juan Vázquez di Bachajón ci ricorda brutalmente che questa guerra é ancora in corso. Messaggi di solidarietá e forza per la sua comunitá sono arrivati da tutto il Messico e non solo, per ribadire che non é con il sangue che si arresterá la resistenza. Oggi piú che mai, a Bachajón come nelle altre comunitá in lotta, la lucha sigue.

 

Nel video: Juan racconta della resistenza di Bachajón e dell’arresto di massa del febbraio 2011.

 

 

1 In un rapporto del Centro per Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas del 2011, dal titolo “Il governo crea e amministra conflitti per il controllo territoriale in Chiapas”. http://www.frayba.org.mx/archivo/informes/110303_informe_territorio_bachajon.pdf

2Potremmo definirlo il corrispettivo messicano della dottrina d’azione integrale del cosiddetto “plan Colombia”.

3Provenienti dal FMI o dalla Banca Interamericana di Sviluppo

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