InfoAut
Immagine di copertina per il post

Cronaca da Beirut: “Magari una guerra potrebbe ridurre la pressione su Gaza”

Durante la scorsa settimana, i jet israeliani hanno sorvolato il Libano a bassa quota, un costante promemoria della minaccia di guerra imminente. “Se vogliono fare guerra contro di noi, così sia. Forse potrebbe ridurre la pressione su Gaza,” dice mia madre.

Fonte:English version

Di Mayssoun Sukarieh, 12 agosto 2024

Immagine di copertura: Sostenitori del movimento Hezbollah del Libano a un raduno e discorso televisivo del Segretario Generale Hassan Nasrallah, 3 gennaio 2023. (Foto: Marwan Naamani/dpa via ZUMA Press/APA Images)

Cosa portare e cosa lasciare in caso di guerra? Dovrei prendere il mio passaporto? Anche se volessi partire, non potrei: l’unico confine è con la Siria. Verrei fermata e interrogata al controllo di frontiera quando tornassi nel Regno Unito. In ogni caso, non partirò come gli stranieri, abbandonando il paese e la mia famiglia solo perché posso permettermi il lusso di farlo. Ho lasciato il passaporto a Beirut e ho portato solo la mia carta d’identità libanese, nel caso ne avessi bisogno.

Sono passati pochi giorni dall’attacco che ha ucciso Shukr, il leader di Hezbollah. I tamburi di guerra sono ovunque e la città è in panico. Si discute se la Bekaa sia più sicura di Beirut. Chi può ragionare con Israele, dopotutto? Abbiamo  chiuso casa e lasciato le porte semiaperte nel caso ci fossero grandi esplosioni, così non ci sarebbe troppa pressione. Stiamo dicendo addio alla casa? E se venisse colpita? Siamo in una zona sicura — Israele non colpirà Ras Beirut, dicono! Ma esistono zone sicure in guerra? Gaza ci dice il contrario.

“Ci sarà una guerra?” ha chiesto un passeggero del taxi collettivo a Beirut. Il conducente ha risposto subito, “Cosa intendi, ci sarà una guerra? C’è già una guerra! Non sono andato al mio villaggio nel sud tutto quest’anno. Più di trenta villaggi sono stati rasi al suolo. Intere aree sono bruciate. Non è guerra questa, o la chiamiamo guerra solo quando è a Beirut? Non è il sud parte di questo paese?”

Abbiamo lasciato Beirut in meno di venti minuti anche se era mezzogiorno, una strada che di solito richiede non meno di un’ora. Le strade erano vuote. Beirut improvvisamente sembrava bella, una città che ha cominciato a ritrovare un po’ della sua vita dopo alcuni anni di terribile crisi economica. Edifici un tempo odiati ora sembrano improvvisamente belli, una sensazione di nostalgia per una città che non esiste più, una città che improvvisamente appare affascinante.

Le strade della Bekaa erano piene. Forse tutti hanno lasciato la città. Forse pensavano anche loro come noi — le guerre sono più sopportabili nei villaggi più piccoli; sono più difficili nelle città, anche se sappiamo che da nessuna parte è sicuro.

Messaggeri di guerra

Ambasciate, media e cittadini libanesi all’estero hanno generato panico e paura nel paese, guidando la guerra psicologica. È estenuante e stressante continuare a ricevere messaggi o leggere nelle notizie riguardo alle ambasciate che chiedono ai loro cittadini di lasciare Beirut — il prima possibile, entro le prossime 72 ore, o sul primo volo disponibile.

I prezzi dei voli sono schizzati alle stelle, con $1500 per la Turchia e $1400 per Parigi. Una volta che la maggior parte delle compagnie aeree ha sospeso i voli per Beirut, i viaggi a Cipro in battello, che prima costavano $150, ora sono schizzati a $1000 ! È deprimente leggere delle compagnie aeree che cancellano voli o sospendono tutti i viaggi verso Beirut — saremo tagliati fuori dal mondo circostante e per quanto tempo? Gli avvisi delle ambasciate e le decisioni delle compagnie aeree sono diventati il barometro della guerra imminente nel paese.

Ci si chiede cosa succederà ai cartelloni pubblicitari che in tutto il paese accolgono i visitatori estivi. È stagione estiva, e i libanesi sparsi in tutto il mondo tornano per le vacanze. È la stagione che il paese aspetta per ottenere qualche dollaro fresco e un tanto necessario movimento economico. In una settimana, quasi tutti coloro che hanno paesi dove andare se ne sono andati! A sostituirli ci sono giornalisti, reporter e operatori delle telecamere di famosi quotidiani che stanno arrivando a Beirut, aspettandosi di poter raccontare una guerra, come leggiamo nelle notizie. Un altro barometro che la guerra sta arrivando. Sarà lunga, secondo i contratti di locazione a lungo termine che i giornalisti stanno assicurandosi. Le ambasciate e i media occidentali sono i barometri delle guerre — in qualche modo crediamo che loro sappiano.

Per chi non è in possesso di un passaporto straniero, ci sono decisioni da prendere — se restare a Beirut o trasferirsi in altre regioni; Bekaa, nord, le montagne, ma ovviamente, non al sud.

Dove colpirà Israele? Forse possiamo controllare gli avvisi degli uffici stranieri. I britannici dicono di evitare Bekaa e il sud, lo stesso fanno gli americani. E, naturalmente, evitare Beirut.

Quindi, cosa resta del paese? Di nuovo, loro sanno. È lì che vengono prese le decisioni e dobbiamo crederci.

C’è qualcosa di surreale in tutto questo. Le ambasciate si preoccupano solo dei loro cittadini, un messaggio che ai libanesi sembra voler dire che è accettabile che vengano uccisi. Va bene se sei insicuro, va bene se sei affamato o bombardato. Le tue vite non contano. Abbiamo già visto questo a Gaza! I giornali sono cacciatori di guerre, saltando da un posto all’altro dove i loro paesi prevedono conflitti. Abbiamo bisogno di questi giornalisti? Che peso ha  la conoscenza globale di quello che sta succedendo ai palestinesi a Gaza? Sono ancora soggetti a un genocidio in corso.

I libanesi all’estero contribuiscono anch’essi al panico. Leggono le notizie e iniziano a spingere le persone a partire. I libanesi in Francia insistono che l’Iran colpirà prima della fine di agosto, o forse il quindici! In qualche modo, ci crediamo. Non vivono forse nel centro? Devono sapere! Sono gli esperti, lo sanno dai loro governi, che avvertono della guerra ma la osservano, semplicemente, la permettono,  sempre che i loro cittadini non siano nel paese.

“Non vogliamo la guerra!”

La strada per la Bekaa è piena di cartelloni “Non vogliamo la guerra!”. Mostrano immagini di libanesi felici, tutti occidentalizzati, in spiaggia, nei ristoranti o in vari luoghi turistici del Libano. Su alcuni di questi, le persone hanno scritto: “La guerra non è una scelta, ci è imposta” Questo mi ha ricordato la campagna I Love Life dopo la guerra del 2006. Era una campagna sponsorizzata da Saatchi e Saatchi, che affermava che alcuni libanesi non amano la vita e hanno una cultura della morte, mentre altri hanno una cultura della vita e amano vivere. A quel tempo, Hezbollah lanciò una contro-campagna, scrivendo sotto “I love life” parole come “con dignità, con libertà.”

Questa volta, tuttavia, molti di coloro che sono per una vita con dignità restano scettici riguardo a una guerra totale. Questo è in parte perché dopo Siria e Iraq l’Iran non è affidabile, in parte a causa della delusione verso Hezbollah per non aver sostenuto maggiormente i palestinesi nella guerra attuale su Gaza, e in parte perché gli Stati Uniti e l’Iran non vogliono la guerra. Mentre nel 2006 c’era una netta distinzione tra chi era per la resistenza e chi era contro, la guerra in Siria e il coinvolgimento di Hezbollah in molti altri paesi arabi hanno fatto perdere il sostegno di molti nel campo pro-Palestina. Lo slogan, il nemico del mio nemico è mio amico, non vale più. Il nemico del mio nemico non deve essere mio amico.

Cosa faremo se Israele colpirà la Bekaa?

Anche coloro che non credono che ci sarà una guerra totale ritengono che un certo tipo di conflitto potrebbe scoppiare in qualsiasi momento. Cosa diremo ai bambini, allora? O cosa diremo alle persone più anziane che sono spaventate? Ci sono molte finte risposte: che il nostro villaggio è sicuro, che stanno estraendo sabbia dalle montagne, o forse, usando  una battuta, che i risultati del baccalaureato — scuola superiore — sono stati pubblicati, e tutti sono stati promossi  e i genitori stanno festeggiando in un nuovo modo.

È panico ovunque, che si creda o meno che ci sia una guerra. Siamo destinati a preoccuparci, e le immagini di Gaza che continuamente vediamo sono un buon promemoria di come potrebbe essere la guerra e di come il mondo ci lascerà soli. Per mia madre, però, “non siamo migliori dei gazawi, e se vogliono farci la guerra, che sia. Forse potrebbe ridurre la pressione su Gaza, e quella sarà l’unica buona ragione per la guerra. Quella sarà l’unica ragione per cui possiamo accettare una guerra!”

Intervento divino

Durante la scorsa settimana, i jet israeliani hanno sorvolato il paese a bassa quota, un costante promemoria della minaccia di guerra imminente. Nelle notizie, si parla solo dell’Iran e dei suoi alleati che affermano che, in realtà, Israele sta conducendo guerre ovunque. Biden si vanta di essere l’unico presidente che non ha avuto guerre durante il suo mandato. Ridiamo. Come chiama la guerra su Gaza? Non è forse una guerra americano-israeliana completamente finanziata dagli Stati Uniti? Munizioni, armi, missili guidati? Come chiami questo? Non è la tua guerra!!

È un mondo impazzito. Per chi è pro-Palestina e preoccupato per il genocidio, c’è un totale disincanto verso qualsiasi forma di giustizia. Non c’è speranza in nessuna legge o diritto internazionale; è una trappola. Non c’è speranza tranne nell’intervento divino. Alcuni di noi immaginano di essere invisibili e di liberarsi di tutti coloro che partecipano attivamente al genocidio. Altri sognano superpoteri che possono portarci a  incontrare determinate persone per farle saltare in aria, e altri ancora sognano disastri naturali come terremoti che possano spazzare via coloro che sono coinvolti nell’uccisione.

Penso a Walter Benjamin, che scriveva durante l’Olocausto. Benjamin scrisse: “Marx dice che le rivoluzioni sono la locomotiva della storia mondiale. Ma forse è esattamente il contrario. Forse le rivoluzioni sono un tentativo da parte dei passeggeri di questo treno — cioè, della razza umana — di tirare il freno d’emergenza.” Solo ora capisco cosa intendeva. Forse tutti dobbiamo fermare le nostre vite e agire ora. In tempi di genocidio, tirare il freno è un atto di rivoluzione. Tireremo il freno? Poco probabile.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAbeiruthezbollahiranisraelelibano

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio a Venaus

Ripubblichiamo due contributi radiofonici che hanno il pregio di illustrare le caratteristiche che si propone di avere l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio alle ore 12.30 a Venaus, durante il Festival Alta Felicità.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: il bilancio degli scontri settari a Sweida sale ad almeno 250 morti. Israele bombarda anche Damasco

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani il bilancio delle vittime degli scontri settari intorno alla città meridionale a maggioranza drusa di Sweida è di almeno 250 morti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Google ha aiutato Israele a diffondere propaganda di guerra a 45 milioni di europei

Uno studio ha rilevato che, da quando ha colpito l’Iran il 13 giugno, l’Agenzia Pubblicitaria del Governo Israeliano ha speso decine di milioni in annunci pubblicitari solo su YouTube.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Che ci fanno dei soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?

Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali attraverso una associazione di “volontari” chiamata in inglese “Heroes for life” e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Obbligazioni di guerra a sostegno di Israele

Un’indagine rivela che sette sottoscrittori di “obbligazioni di guerra” sono stati determinanti nel consentire l’assalto di Israele a Gaza.  Dal 7 ottobre 2023 le banche hanno sottoscritto obbligazioni emesse dal governo israeliano per un valore di 19,4 miliardi di dollari. di BankTrack, PAX e Profundo (*), da La Bottega del Barbieri Un’indagine condotta dal gruppo di ricerca finanziaria olandese Profundo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: nasce la Global Sumud Flotilla, “il più grande sforzo civile per rompere l’assedio di Gaza”

Attivistɜ e volontariɜ della Freedom Flotilla Coalition, della Global March to Gaza e del convoglio Sumud si sono uniti per lanciare la Global Sumud Flotilla (GSF) – il più grande sforzo civile via mare dalla nascita dell’assedio illegale imposto dall’occupazione israeliana a Gaza. A giugno, migliaia di volontari sono stati mobilitati via terra, via mare […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

E’ uno sporco lavoro / 1: ma qualcuno deve pur farlo…

Almeno per una volta l’alter ego dell’ispettore Stephan Derrick, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ha lasciato da parte l’ipocrisia con cui da tempo l’Europa maschera le sue posizioni dichiarando che «Israele sta facendo il lavoro sporco anche per noi». di Sandro Moiso, da Carmilla Una frase che più che dai dialoghi della serie televisiva che […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La ribellione dei ricercatori: 300 membri del CNR rifiutano di collaborare al riarmo

Oltre 300 ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno dichiarato la propria indisponibilità a prestare la propria attività intellettuale a studi finalizzati al settore bellico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

UK: Palestine Action e legislazione anti terrorismo

23 giugno 2025 – Yvette Cooper, Home Secretary del Regno Unito, dichiara l’intenzione di mettere al bando Palestine Action ai sensi della legislazione antiterrorismo, ponendo quindi l’organizzazione sullo stesso piano di gruppi armati come al-Qaeda.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Boicottaggio respinto, verità distorta: UniPi sceglie la guerra e la chiama pace

Un contributo del Collettivo Universitario Autonomo – Pisa in merito alla votazione del senato accademico dello scorso venerdì 11 luglio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Le applicazioni più vendute create da spie israeliane

Alcune delle applicazioni di Apple e Google più scaricate sono state sviluppate da spie e Criminali di Guerra israeliani, generando miliardi di entrate per l’Economia dell’Apartheid.