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Gaza resiste

Tutti sono pronti a rischiare la propria vita. Un ragazzo, con la faccia coperta dalla Kefia, ci racconta che ha 3 figli a breve ne arriverà un quarto, lui sa che potrebbe morire e che anche i suoi figli rischieranno la vita per la causa palestinese, ma è convinto che questa sia la strada giusta per permettere che un giorno i figli dei suoi figli potranno vedere la Palestina libera. Sono giovani, giovanissimi i volti che vedo camminare spediti verso il valico di Heretz, si è appena sentita un’esplosione e del fumo nero sale alto dove volano gli elicotteri, intanto dalle torrette i cecchini sparano, viene colpito un medico che cercava di soccorrere i feriti. Le sirene delle ambulanze sovrastano le voci che ininterrottamente gridano ‘Free Palestine’, arriva la notizia del primo morto, un ragazzino di 13 anni colpito da un mortaio.

Non c’è il tempo di fermarsi, qui con la morte si convive da sempre, bisogna continuare a resistere, perché oggi si è troppi per indietreggiare. Volano pietre contro il muro del valico, bisogna fare qualcosa, la rabbia è tanta, l’occupazione  di Israele illegittima e oggi bisogna gridarlo forte, gli occhi del mondo sono tutti puntati su questa striscia di terra; sapere che anche in altri confini si combatte da forza a tutti e tutte le palestinesi che sono qui oggi. Le ambulanze continuano a correre, arriva la notizia che l’ospedale potrebbe essere un obbiettivo dell’esercito israeliano. Decine di vedette israeliane pattugliano la costa, c’è il timore che attracchino come fanno spesso la notte e sparino su Gaza. Questo è l’atteggiamento di Israele, questa la sua “democrazia”.

E in tutta questa giornata Vittorio è presente, è stato ricordato in mattinata prima del corteo, nel porto di Gaza, lo stesso che lo aveva accolto 3 anni fa; i pescatori lo hanno voluto ricordare insieme a tutto il Convoglio Restiamo Umani: una bandiera palestinese scivola sull’acqua come ultimo saluto nel posto che lui preferiva. Qualcuno riesce ad arrivare fino al confine di Heretz, e qualcun altro riesce a prendere delle bandiere israeliane, ritorna indietro, e in un attimo le bandiere bruciano perchè è un simbolo d’Israele: un messaggio forte, un grido che si alza da una terra martoriata che vive con le macerie in ogni angolo di strada e che lancia quei pezzi di macerie e chiama la sua resistenza intifada.

Il gruppo si ferma un attimo, qualcuno prosegue, passo dopo passo verso il valico e lì nel terreno arido pianta una bandiera palestinese, che fiera sventola nella buffer zone. Un campo di battaglia quello di oggi che ha richiesto il suo tributo di sangue, ma che ha anche dimostrato la forza e la determinazione di un popolo che lotta  resiste.

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