I combattenti di Rojava bloccano il genocidio dello Stato Islamico in Iraq e si rafforzano nel paese
Nonostante la complessa e parzialmente improvvisata catena logistica, che ha scortato i profughi su jeep, camion ed altri mezzi di fortuna, oltre 100.000 di loro hanno trovato scampo in Rojava; e, tra essi, più di duemila famiglie sono state soccorse con cibo, acqua ed assistenza medica al Campo Newroz di Derik approntato nel cantone autonomo di Cizire. Altri sono stati successivamenti accompagnate anche per mezzo di pontoni in zone sicure dell’Iraq come Lalesh, importante santuario yezida ora sotto la protezione delle YPG (Unità di Protezione del Popolo).
Il tutto mentre in Siria l’avanzata jihadista dilaga nel residuo territorio controllato dal filo-occidentale Esercito Libero Siriano, infrangendosì però alle porte dei cantoni di Rojava. E mentre in altre parti della Mezzaluna lo Stato Islamico, avvalendosi dell’esperienza militare di ex-ufficiali dei partiti Ba’ath iracheno e siriano, guadagna terreno anche grazie ad una brutale quanto accorta strategia di guerra psicologica. Quella che, sfruttando il panico generato dalla diffusione virale di foto e video delle atrocità sui social network e media globali, mira ad instillare terrore nelle zone di volta in volta annunciate essere nel mirino dei miliziani jihadisti. Ad esempio sono stati creati account twitter in dialetto curdo, che hanno veicolato voci di 17 autobombe introdottesi nella città di Erbil e di evacuazione delle famiglie della classe dirigente locale, secondo quanto riportato da Middle East Eye. Con esiti drammatici tra le popolazioni – tradottisi anche in episodi di intolleranza anti-araba nella capitale regionale del Curdistan iracheno governata dal partito filo-occidentale DKP.
Una pericolosità a cui gli sporadici raid statunitensi e la tardiva operazione di interposizione di mercoledì (presumibilmente dettata da ragioni tattiche e di immagine) hanno finora offerto una risposta blanda e di maniera. Laddove la pace che parte dalla cooperazione sociale espressa in Rojava è effettiva e reale. Come nella città di Qamishlo dove le comuni locali, dopo aver provveduto all’autodifesa ed alla rete idrica, hanno iniziato ad autogestire i rifornimenti di energia attraverso l’acquisto di generatori. Riuscendo in condizioni di estrema precarietà ed effettivo embargo da parte delle entità circostanti ad assicurare 10 ore di elettricità al giorno a 230 famiglie, secondo il sito Kurdish Question. Nel frattempo guerriglieri delle montagne di Kandil, ausiliarie dei battaglioni al femminile dell’YJA-Star, volontari dei cantoni autonomi curdi siriani iniziano a confluire e a schierarsi al fianco della popolazione irachena in nuovi ed inediti fronti – come la città petrolifera di Kirkuk minacciata dallo Stato Islamico. Dai quali potrebbe ora partire quella riscossa che tutta la regione attende, dopo decenni di settarismo, imperialismo ed oscurantismo.
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