InfoAut
Immagine di copertina per il post

I servizi segreti israeliani e i Think Tank definiscono i piani per la pulizia etnica di Gaza

Sembra che ci sia una vera e propria spinta dall’interno del regime israeliano a ripulire etnicamente la popolazione di Gaza verso il deserto del Sinai in Egitto.

di Robert Inlakesh, tradotto da Palestine Chronicle

Il primo giorno della guerra di Israele contro la Striscia di Gaza, il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha lanciato un avvertimento provocatorio a circa 2,3 milioni di civili nell’enclave costiera assediata: “Andatevene subito”, ha detto, sapendo che la gente era in trappola e non poteva farlo.

Tuttavia, con il passare del tempo e la fuga di documenti, sembra che ci sia una vera e propria spinta dall’interno del regime israeliano a ripulire etnicamente la popolazione di Gaza verso deserto del Sinai in Egitto.

Il think tank israeliano “Misgav Institute for National Security & Zionist Strategy” ha pubblicato un documento di posizione il 17 ottobre, in cui ha delineato il piano di pulizia etnica proposto, dichiarando che “al momento esiste un’opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza in coordinamento con il governo egiziano”.

A ciò ha fatto seguito, poco dopo, un rapporto pubblicato dall’agenzia di stampa israeliana Calcalist, che ha delineato un documento che propone la stessa strategia. In questo caso, però, il documento recava il simbolo ufficiale del Ministero dell’Intelligence israeliano, diretto da Gila Gamliel.

Entrambi i piani, che sostengono lo stesso piano per ripulire etnicamente Gaza dalla sua popolazione civile palestinese, cercano palesemente di approfittare della situazione attuale per creare una “soluzione” al “problema Gaza” di Israele.

L’idea è quella di fornire all’Egitto un incentivo economico – anche se si tratta di 20-30 miliardi di dollari, secondo il documento del think tank – per indurlo ad accettare gli sfollati.

C’è anche un elemento inserito, evidenziato nel piano del Ministero dell’Intelligence israeliano, che parla di creare una zona di sicurezza/buffer all’interno del territorio egiziano, “larga diversi chilometri”; proponendo di fatto un’occupazione de facto del territorio egiziano al solo scopo di impedire agli abitanti di Gaza di tornare alle loro case.

Fin dal primo giorno della brutale guerra di Israele contro la popolazione di Gaza, il piano è stato reso chiaro attraverso le azioni del regime di Tel Aviv. La leadership israeliana ha dichiarato di voler distruggere Hamas, ma ha annunciato piani e li ha attuati in modo da colpire quasi esclusivamente la popolazione civile palestinese all’interno di Gaza.

Il 9 ottobre, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ordinato un assedio totale alla Striscia di Gaza. “Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto è chiuso”, ha dichiarato, aggiungendo: “Stiamo combattendo contro animali umani e ci comportiamo di conseguenza”.

Per anni si è parlato, all’interno dei circoli di potere israeliani, di costringere la popolazione di Gaza nel Sinai egiziano come soluzione, con un piano che risale a una strategia simile, proposta dalle Nazioni Unite negli anni ’50, quando Gaza era sotto il governo del presidente egiziano Gamal Abdul Nasser.

La proposta delle Nazioni Unite fu fortemente osteggiata e l’intera idea andò in fumo in seguito a forti proteste contro di essa. Eppure, per il governo israeliano, che non sa cosa fare della Striscia di Gaza, questa idea sembra essere più allettante che mai.

Se leggiamo tra le righe, è chiaro che il governo israeliano ha cercato, fin dal primo giorno, di bloccare l’ingresso a Gaza di forniture mediche, cibo, acqua, carburante, elettricità e altri aiuti umanitari fondamentali.

Ha anche distrutto alcune delle aree più ricche e delle destinazioni più popolari all’interno della Striscia di Gaza, nel tentativo di distruggere completamente l’infrastruttura civile del territorio. Inoltre, la portata delle atrocità commesse contro i civili è pari a quella di qualsiasi altra grande guerra a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, se non peggiore per alcuni aspetti.

Se foste un governo che cerca di costringere 2,3 milioni di persone a fuggire dalle loro case, questa sarebbe la strategia da utilizzare per spaventarle e costringerle alla sottomissione.

Tuttavia, ci sono alcuni problemi importanti per il regime israeliano, il primo e più ovvio dei quali è il fatto che il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi si è opposto fermamente all’idea di assorbire così tanti rifugiati palestinesi nelle tendopoli del Sinai.

Il secondo problema più grande per gli israeliani è il fatto che, nel caso in cui si verificasse una tale spinta, gli Hezbollah libanesi lancerebbero quasi certamente una guerra da nord.

Mentre i politici israeliani continuano a usare un linguaggio genocida e a parlare di cancellare completamente Gaza dalla mappa, la realtà sul campo è ben diversa.

Israele non si trova più nella posizione in cui si trovava nel 1948, quando i suoi crimini potevano essere nascosti ed era molto più potente militarmente dei suoi vicini arabi. Nonostante la dura retorica e la continuazione del massacro della popolazione civile di Gaza, l’esercito israeliano è nella sua posizione più debole di sempre.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAisraelepalestinapulizia etnica

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Free Shahin! Appello alla mobilitazione

Apprendiamo con grande preoccupazione del mandato di rimpatrio emanato dal ministro Piantedosi su richiesta della deputata Montaruli nei confronti di Mohamed Shahin, compagno, amico e fratello.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Quando il popolo si organizza, il sistema vacilla

L’ultimo periodo di lotte ha mostrato che il potere trema solo quando il popolo smette di obbedire.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Mohamed Shahin libero subito!

Ripubblichiamo e diffondiamo il comunicato uscito dal coordinamento cittadino Torino per Gaza a seguito della notizia dell’arresto di Mohamed Shahin, imam di una delle moschee di Torino che ha partecipato alle mobilitazioni per la Palestina.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.