
Il Cairo si infiamma di nuovo: il vecchio regime non vincerà
Che sia stata la pressione degli aspetti religiosi (come nel caso del candidato Morsi) , i brogli elettorali o ancora la “voglia di stabilità” alquanto pilotata dalla propaganda del regime militare (sostenendo così il candidato Shafiq), i risultati elettorali non hanno rispecchiato le dinamiche rivoluzionarie che da un anno e mezzo imperversano nelle strade egiziane.
Complice anche il forte astensionismo, gli egiziani torneranno alle urne il 16 e il 17 giugno prossimi per il ballottaggio tra Ahmed Shafiq, ex ministro in carica durante il regime di Mubarak, e Mohammed Morsi, il candidato della fratellanza musulmana, movimento politico che ha spesso dimostrato la propria contrarietà al proseguimento della rivoluzione.
Alcune tra le organizzazioni rivoluzionarie affermano già di voler sostenere il candidato dei Fratelli Musulmani in funzione anti-Shafiq; nel frattempo si susseguono le richieste di squalifica di Shafiq dalle elezioni per “incostituzionalità”, data la sua precedente carriera nel vecchio regime.
In questo quadro non si è fatta attendere la reazione della piazza egiziana: nella giornata di ieri, poche ore dopo l’annuncio dei risultati ufficiali, in migliaia sono scesi in piazza al Cairo, ad Alessandria, a Port Said, a Suez e ad Ismalia.
La giornata di lotta più intensa si è vista nelle strade del Cairo dove in migliaia si erano ritrovati in piazza Tahrir per manifestare contro Shafiq al grido di “Via, Via il vecchio regime” o ancora “Shafiq, piazza Tahrir non ti vuole!”.
I manifestanti poi sono stati attaccati da uomini armati – con tutta probabilità uomini pagati dalle forze armate o dal vecchio regime – che hanno iniziato a colpirli con coltelli e bastoni. Scena questa che si ripete ciclicamente quando ad essere sotto attacco è il regime di Mubarak, il regime militare del colonnello Tantawi ed oggi Shafiq, candidato del nuovo-vecchio regime.
La notte scorsa la piazza della capitale egiziana si è nuovamente riempita con ancora maggiore determinazione: centinaia di manifestanti hanno incendiato il quartier generale di Shafiq. La rabbia popolare è esplosa, gli stabili sono stati devastati e dati alle fiamme, tutti i materiali di propaganda elettorale sono stati distrutti.
Mentre nelle strade egiziane è già in corso una caccia all’uomo per trovare chi materialmente abbia assalito la sede di Shafiq, ciò che oggi emerge è che l’Egitto non accetterà che un uomo del vecchio regime – sostenuto a spada tratta dalle autorità militari – possa comandare un popolo che ha a lungo lottato per abbattere quello stesso sistema che adesso si ripropone di guidare il paese. Non c’è propaganda o guerra del terrore che tenga.
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