La Tana dei Leoni non è un fenomeno transitorio: si profila una rivolta armata
Disincantati dal modello politico fallito dell’Autorità Palestinese e sempre più impressionati dalla resistenza armata a Gaza, una ribellione armata in Cisgiordania è semplicemente una questione di tempo.
Fonte: English version
Di Ramzy Baroud – 20 dicembre 2022
Immagine di copertina: Il gruppo armato della Fossa dei Leoni nella città vecchia di Nablus, foto pubblicata il 3 settembre 2022 (Tana dei Leoni/Telegram)
Proprio quando Israele, e persino alcuni palestinesi, hanno iniziato a parlare del fenomeno di Areen al-Usud, La Tana dei Leoni, al passato, un gran numero di combattenti appartenenti al gruppo palestinese appena formatosi ha marciato attraverso Nablus nella Cisgiordania occupata la scorsa settimana. A differenza della prima apparizione del gruppo il 2 settembre, il raduno nella Città Vecchia il 9 dicembre è stato notevolmente più grande e meglio organizzato, con combattenti che indossavano divise militari e mettevano in atto una sicurezza più stretta.
“I Leoni appartengono a tutta la Palestina e credono nei legami di sangue e nella lotta armata”, hanno dichiarato. Questo era un riferimento al tipo di resistenza collettiva che supera gli interessi di fazione.
Inutile dire che l’evento è stato significativo. Solo due mesi fa, il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha cercato di sminuire il gruppo in termini di numero e di influenza. Ha stimato che avesse solo “30 membri” e si è impegnato a “stanarli ed eliminarli”.
Anche l’Autorità Palestinese è stata attiva nella soppressione del gruppo, sebbene utilizzando un approccio diverso. I media palestinesi e arabi hanno parlato di generose offerte di incarichi e denaro da parte dell’Autorità Palestinese per i combattenti della Tana dei Leoni nel caso in cui accettassero di deporre le armi.
Le dirigenza israeliana e palestinese hanno entrambi frainteso la situazione. Hanno presunto erroneamente che il movimento nato a Nablus sia un fenomeno regionale e transitorio che, come altri in passato, può essere schiacciato o comprato con facilità.
I membri della Tana dei Leoni, tuttavia, sembrano essere aumentati di numero e si è già ramificata a Jenin, Al-Khalil (Hebron), Balata e altrove. Per Israele, e anche per alcuni palestinesi, la Tana dei Leoni è un problema senza precedenti, le cui conseguenze minacciano di cambiare completamente le dinamiche politiche nella Cisgiordania occupata.
Poiché le insegne della Tana dei Leoni ora appaiono in ogni quartiere palestinese nei Territori Occupati, il gruppo è riuscito a diramarsi da uno specifico quartiere di Nablus, Al Qasaba, per diventare un’esperienza palestinese collettiva.
Un recente sondaggio condotto dal Centro di Ricerca Palestinese di Politica e Sondaggio ha dimostrato la suddetta affermazione in un modo inequivocabile. Il sondaggio del Centro ha suggerito che il 72% di tutti i palestinesi sostiene la creazione di un maggior numero di gruppi armati di questo tipo in Cisgiordania. Quasi il 60% teme che una ribellione armata rischi uno scontro diretto con l’Autorità Palestinese. Il 79% rifiuta l’appello ai combattenti di arrendersi alle forze dell’Autorità Palestinese, e un enorme 87% rifiuta l’idea stessa che l’Autorità Palestinese abbia il diritto di effettuare tali arresti.
Tali statistiche attestano la realtà sul campo. Indicano la quasi totale mancanza di fiducia nell’Autorità Palestinese insieme alla significativa convinzione che solo la resistenza armata, simile a quella nella Striscia di Gaza, sia in grado di sfidare l’occupazione israeliana.
Queste nozioni sono basate su prove concreto: il fallimento della finanziariamente e politicamente corrotta Autorità Palestinese nel promuovere le aspirazioni palestinesi in qualsiasi modo, per esempio; il totale disinteresse di Israele per qualsiasi forma di negoziato di pace; e la crescente deriva estremista verso destra nella società israeliana, che è direttamente collegata alla violenza quotidiana inflitta contro i palestinesi a Gerusalemme Est occupata e in Cisgiordania.
L’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente Tor Wennesland ha riferito di recente che il 2022 è “prossimo a essere l’anno più mortale per i palestinesi in Cisgiordania dal 2005”. Il Ministero della Sanità palestinese ha registrato che solo quest’anno sono stati uccisi 167 palestinesi in Cisgiordania.
È probabile che questi numeri aumentino con l’arrivo del Primo Ministro israeliano di destra Benjamin Netanyahu e della sua coalizione di destra ancora più estremista. Il nuovo governo può rimanere al potere solo con il sostegno di Bezalel Smotrich del Partito del Sionismo Religioso e di Itamar Ben-Gvir dell’Otzma Yehudit (Potere Ebraico). Ben-Gvir è un noto estremista ed è, ironicamente, anche se non sorprendentemente, destinato a diventare il nuovo Ministro della Sicurezza di Israele.
Tuttavia, nell’incombente rivolta armata in Cisgiordania c’è di più della violenza israeliana. Quasi tre decenni dopo la firma degli Accordi di Oslo, i palestinesi non hanno ottenuto nessuno dei loro diritti politici o giuridici fondamentali. Al contrario, gli incoraggiati politici di destra in Israele parlano ora di “annessione morbida” unilaterale di vaste parti della Cisgiordania. Nessuna delle questioni ritenute importanti al momento della firma degli Accordi nel 1993, lo status di Gerusalemme occupata, i rifugiati, le frontiere, l’acqua, ecc., sono ancora all’ordine del giorno oggi.
Da allora, Israele ha investito di più nelle leggi razziali e nelle politiche razziste, rendendosi l’incarnazione di un regime di Apartheid. I principali gruppi internazionali per i diritti umani hanno dimostrato e denunciato la nuova identità completamente razzista dello Stato di Apartheid israeliano.
Con il totale sostegno degli Stati Uniti e nessuna pressione internazionale su Israele che sia degna di nota, la società palestinese si sta mobilitando oltre i canali tradizionali degli ultimi tre decenni. Nonostante l’ammirevole lavoro di alcune ONG palestinesi, la “ONG-izzazione” della società palestinese, che opera con fondi in gran parte ottenuti dai sostenitori occidentali di Israele, ha ulteriormente accentuato le divisioni di classe tra i palestinesi. Con Ramallah e pochi altri centri urbani che fungono da quartier generale dell’Autorità Palestinese e un lungo elenco di ONG, le città di Jenin e Nablus, e i loro adiacenti campi profughi, sopravvivono sotto l’emarginazione economica, la violenza israeliana e l’abbandono politico.
Disincantati dal modello politico fallito dell’Autorità Palestinese e sempre più impressionati dalla resistenza armata a Gaza, una ribellione armata in Cisgiordania è semplicemente una questione di tempo.
Ciò che differenzia i primi segni di un’altra Intifada in Cisgiordania dall’ “Intifada di Gerusalemme” del 2015, nota anche come “Intifada dei Coltelli”, è che quest’ultima è stata una serie di atti individuali compiuti da giovani oppressi della Cisgiordania, mentre la prima era un fenomeno popolare ben organizzato con un fronte politico unitario che faceva appello alla maggioranza della società palestinese. Inoltre, a differenza della Seconda Intifada Palestinese armata (2000-2005), l’incombente rivolta armata è radicata in una base popolare, non nelle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese.
Il riferimento storico più vicino a questo fenomeno è la rivolta palestinese del 1936-39, guidata da migliaia di fellahin (contadini) palestinesi nelle campagne della Palestina. L’ultimo anno di quella ribellione ha visto una grande spaccatura tra la dirigenza dei fellahin e i partiti politici cittadini. La storia si sta quindi ripetendo. E, come nella rivolta del 1936, il futuro della Palestina e della resistenza palestinese, di fatto, il tessuto sociale stesso della società palestinese, è in gioco.
Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Il Dr. Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Università Zaim di Istanbul (IZU).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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