MUOS e droni, la Sicilia piattaforma delle guerre del XXI secolo
È a Niscemi (Caltanissetta), nel cuore di un’importante riserva naturale, che fervono i preparativi per l’installazione di tre grandi antenne paraboliche dal diametro di 18,4 metri, funzionanti in banda Ka per le trasmissioni verso i satelliti geostazionari e due trasmettitori elicoidali in banda UHF (Ultra High Frequency), di 149 metri d’altezza, per il posizionamento geografico. Mentre le maxi-ante trasmetteranno con frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori elicoidali avranno una frequenza di trasmissione tra i 240 e i 315 MHz. Onde elettromagnetiche che penetreranno la ionosfera e i tessuti di ogni essere vivente.
Il terminale terrestre di Niscemi sarà una delle quattro infrastrutture sparse per il mondo che assicureranno il funzionamento dell’ultima generazione della rete satellitare in UHF (altissima frequenza) che collegherà tra loro i Centri di Comando e Controllo delle forze armate Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota), ecc..
Al progetto siciliano, la Us Navy ha destinato oltre 43 milioni di dollari, 13 dei quali per la predisposizione dell’area riservata alla stazione terrestre, del centro di controllo, dei megageneratori elettrici e di un deposito di gasolio; 30 milioni di dollari per gli shelter e l’acquisto delle attrezzature tecnologiche del sistema MUOS.
Star Wars made in Sicily
In realtà, originariamente la base prescelta per il terminal del nuovo sistema satellitare era quella di Sigonella, la principale stazione aeronavale della Marina militare degli Stati Uniti nel Mediterraneo. Poi, la Us Navy ha deciso di dirottare l’impianto terrestre presso la vicina stazione di Niscemi, che dal 1991 assicura le comunicazioni supersegrete e non, delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri di comando ed intelligence Usa e Nato. Il cambio di destinazione è stato dettato dalle risultanze di uno studio sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne del MUOS, elaborato da AGI – Analytical Graphics, Inc., importante società con sede a Exton, Pennsylvania, in collaborazione con la Maxim Systems di San Diego, California. Lo studio, denominato “Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model”, è consistito nell’elaborazione di un modello di verifica dei rischi di irradiazione elettromagnetica sui sistemi d’armi, munizioni, propellenti ed esplosivi ospitati nello scalo aeronavale siciliano (HERO – Hazards of Electromagnetic to Ordnance). La simulazione informatica del modello ha condotto ad un inatteso “No” all’ipotesi di utilizzo della base di Sigonella.
“Il modello Radhaz Sicilia – si legge sul sito internet dell’AGI – è stato implementato con successo a Sigonella, giocando un ruolo significativo nella decisione di non usare il sito per il terminale terrestre MUOS e di trovare una nuova destinazione”. Anche Filippo Gemma, amministratore di Gmspazio Srl di Roma (società che rappresenta in Italia la statunitense AGI), ha confermato l’esito negativo dello studio sull’impatto elettromagnetico. Nel corso di un’intervista a RaiNews 24, trasmessa il 22 novembre 2007 durante lo speciale “Base Usa di Sigonella. Il pericolo annunciato”, Gemma ha dichiarato che “una delle raccomandazioni di AGI era che questo tipo di trasmettitore non dovesse essere installato in prossimità di velivoli dotati di armamento, i cui detonatori potessero essere influenzati dalle emissioni elettromagnetiche del trasmettitore stesso”. I ricercatori hanno cioè accertato che le fortissime emissioni elettromagnetiche possono avviare la detonazione degli ordigni presenti nella base militare.
Con il trasferimento della stazione terrestre MUOS a Niscemi, la Us Navy ha dato per risolti i problemi ai sistemi d’arma e ai mezzi aerei ospitati a Sigonella, “eliminando” possibili rischi ai militari e civili statunitensi che vivono e lavorano nella base. Nessuna considerazione invece per gli effetti sulla salute e la sicurezza delle popolazioni che abitano nelle aree prossime alla stazione di telecomunicazione chiamata ad ospitare il nuovo sistema satellitare. La gravità e le incongruenze degli sudi che hanno spianato la strada alla concessione delle autorizzazioni del MUOS hanno spinto l’Amministrazione comunale di Niscemi ad affidare al Politecnico di Torino un’Analisi dei rischi del Mobile User Objective System presso il Naval Radio Transmitter Facility di contrada Ulmo.
Il rapporto, presentato il 4 novembre 2011 dai professori Massimo Zucchetti (ordinario di Impianti nucleari del Politecnico e research affiliate del MIT – Massachusetts Institute of Thecnology) e Massimo Coraddu (consulente esterno del Dipartimento di energetica), ha rilevato l’insostenibilità ambientale del nuovo impianto e le “gravi carenze” degli studi effettuati dagli statunitensi. “Nella valutazione redatta dalla US Navy nel 2008 – scrivono Zucchetti e Coraddu – non viene neppure esaminato quello che probabilmente è il peggiore dei rischi possibili: un incidente che porti all’esposizione accidentale al fascio di microonde, pericolosissimo e potenzialmente letale, anche per brevi esposizioni, a distanze inferiori a circa 1 Km».
“Nonostante gli scarni dati disponibili – aggiungono i due ricercatori – con la realizzazione delle nuove antenne si verificherà un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche volt per metro rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore. C’è poi il rischio di effetti acuti legati all’esposizione diretta al fascio emesso dalle parabole MUOS in seguito a malfunzionamento o a un errore di puntamento. I danni alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km saranno gravi e permanenti, con conseguente necrosi dei tessuti”.
Incubo MUOS per l’aeroporto di Comiso
Le onde elettromagnetiche avranno pesantissimi effetti pure sul traffico aereo nei cieli siciliani e in particolare sul vicino aeroporto di Comiso, prossimo all’apertura. “La potenza del fascio di microonde del MUOS è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, spiegano Zucchetti e Coraddu. “Gli incidenti provocati dall’irraggiamento di aeromobili distanti anche decine di Km. sono eventualità tutt’altro che remote e trascurabili ed è incomprensibile come non siano state prese in considerazione dagli studi progettuali. I rischi d’interferenza investono potenzialmente tutto il traffico aereo della zona circostante il sito d’installazione del MUOS. Nel raggio di 70 Km si trovano ben tre scali aerei: Comiso, a poco più di 19 Km dalla stazione di Niscemi, e gli aeroporti militare di Sigonella e civile di Fontanarossa (Catania), che si trovano rispettivamente a 52 Km e a 67 Km”. Sigonella, tra l’altro, è oggetto delle spericolate operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli da guerra senza pilota Global Hawk, Predator e Reaper a disposizione delle forze armate USA e NATO.
Un sistema-business per i mercanti di morte
Sino ad oggi, del “rivoluzionario” sistema MUOS si è visto ben poco. Il lancio in orbita del primo satellite è avvenuto solo lo scorso 24 febbraio, ventiquattro mesi in ritardo rispetto ai cronogrammi progettuali. Secondo quanto era previsto in origine, entro la fine del 2012 dovevano entrare in funzione i quattro terminali a terra: uno alle Hawaii; uno a Norfolk, Virginia; uno in Australia e il quarto a Niscemi. Inoltre, le gigantesche antenne dovevano essere puntate e comunicanti con due dei quattro satelliti geostazionari programmati. Si è però verificato un impressionante numero di “imprevisti” tecnici, sono falliti numerosi test, sono state aggiunte soluzioni alternative per le apparecchiature terrestri e spaziali ed è stato modificato il link con la più potente centrale di spionaggio planetario, la NSA – National Security Agency USA. Alla fine si è pure scoperto un macroscopico errore progettuale: i quattro satelliti previsti erano insufficienti a garantire la copertura di tutti i continenti. E i produttori si sono dovuti presentare al Congresso per chiedere un finanziamento straordinario di 340 milioni di dollari per realizzarne un quinto.
Stando ai programmi rivisti e corretti, le infrastrutture terrestri saranno pienamente funzionanti solo entro il primo trimestre 2013, mentre i satelliti verranno lanciati in ordine uno all’anno (il secondo entro la fine del 2012, il terzo nel 2013, il quarto nel 2014, l’ultimo entro l’ottobre del 2015). Ma c’è da credere che i tempi per la piena operatività del MUOS si dilateranno ulteriormente, come cresceranno ancora le spese di progettazione e realizzazione. Con gran gioia dei signori del complesso militare-industriale statunitense, unici beneficiari di un sistema la cui utilità e sempre più messa in dubbio da congressisti e analisti militari.
Il programma MUOS è stato affidato nel 2002 alla Lockheed Martin, la più potente delle compagnie USA del comparto difesa, produttrice dei famigerati cacciabombardieri F-35, oltre 126.000 dipendenti e un fatturato annuo di 45,8 miliardi di dollari. In qualità di prime contractor, la controllata Lockheed Martin Space Systems di Sunnyvale (California) ha il compito di progettare e realizzare quasi tutte le componenti e le apparecchiature dei sistemi terrestri e satellitari. Qualche briciola dell’affare MUOS va anche ad altre importanti società di armamenti: General Dynamics C4 Systems (Scottsdale, Arizona), chiamata ad installare le mega-antenne satellitari e a curare il collegamento tra i quattro distinti segmenti terrestri; Boeing Defense Space and Security (El Segundo, California), per la messa in funzione e la verifica di compatibilità del sistema; Harris Corporation (Melbourne, Florida) per la fornitura della rete dei riflettori; la filiale texana della svedese Ericsson per la costruzione di alcune porzioni del segmento integrato terrestre.
Il costo complessivo del MUOS? Ancora un mistero anche perché nei bilanci del Dipartimento della difesa le voci destinate al sistema satellitare si moltiplicano con gli anni e fare ordine tra i numeri è fatica di Sisifo. In alcuni documenti ufficiali si fa riferimento a una spesa complessiva di 3,26 miliardi di dollari. Un dato a cui non crede assolutamente il Government Accountaibility Office (GAO), la Corte dei Conti degli Stati Uniti d’America, che in un report del marzo 2011 sui sistemi d’arma in via di acquisizione dal Pentagono ha stimato un costo finale non inferiore ai 6 miliardi e 830 milioni di dollari, salvo altri colpi di scena.
La mafia del MUOStro
Ai danni ambientali si è aggiunto l’aggiramento dei protocolli istituzionali in tema di legalità e opere pubbliche. Con l’avvio dei lavori, è comparsa come subappaltatrice la “Calcestruzzi Piazza Srl”, società sotto osservazione da parte degli organi inquirenti per presunte contiguità criminali.
Secondo il senatore Giuseppe Lumia (Pd) che il 14 febbraio 2012 ha presentato una specifica interrogazione ai Ministri della difesa e dell’interno, “la Calcestruzzi Piazza ha come amministratore unico Concetta Valenti, il cui marito convivente è Vincenzo Piazza, che, in base ad indagini della Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Caltanissetta nonché ad altri elementi info-investigativi segnalati dalle Forze dell’ordine, apparirebbe fortemente legato al noto esponente mafioso del clan Giugno-Arcerito, Giancarlo Giugno, attualmente libero a Niscemi”.
Il senatore Lumia rileva che nel corso dell’indagine Atlantide-Mercurio della procura antimafia di Caltanissetta (gennaio 2009) “sono emersi contatti del Piazza con esponenti mafiosi» che «evidenziano ingerenze e condizionamenti di Cosa nostra nell’appalto per i lavori di recupero, consolidamento e sistemazione a verde dell’area sottostante il Belvedere, commissionati dal Comune di Niscemi”. Il 7 novembre 2011, la Prefettura di Caltanissetta ha reso noto che dopo le verifiche disposte dalle normative in materia di certificazione antimafia, “sono emersi elementi tali da non potere escludere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della sopracitata società”. Alla base del pronunciamento prefettizio, i contenuti di un rapporto della Divisione Polizia anticrimine della Questura di Caltanissetta del 6 ottobre 2011, e di quello della Sezione Criminalità organizzata della stessa Questura del 27 dicembre 2010.
A seguito dell’intervento prefettizio, il 25 novembre 2011 il dirigente dell’Area servizi tecnici della Provincia regionale di Caltanissetta ha sospeso la “Calcestruzzi Piazza” dall’Albo delle imprese per le procedure di cottimo-appalto. Venti giorni dopo anche il capo ripartizione per gli Affari generali del Comune di Niscemi ha disposto l’esclusione della società dall’elenco dei fornitori e dall’Albo delle imprese di fiducia. Contro i provvedimenti, i Piazza hanno presentato ricorso al TAR, minacciando querele contro il senatore Lumia e i giornalisti che hanno segnalato la presenza dell’azienda nei lavori del MUOS. “La conoscenza o la frequentazione di Giancarlo Giugno da parte di Vincenzo Piazza non ha influenzato le scelte personali del secondo, che invece sono state di segno esattamente opposto rispetto alla vicinanza ad un comportamento mafioso”, affermano i legali della “Calcestruzzi”. “Non si comprende, dunque, secondo quale passaggio logico il primo avrebbe sul secondo un’influenza così profonda ed estesa, da fare ritenere probabile l’intromissione nella gestione della società, di cui peraltro il secondo non è socio né amministratore”. Una tesi che ha convinto e tranquillizzato il Dipartimento della difesa, il Comando USA di Sigonella, l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma e il Consorzio Team MUOS Niscemi. In questo modo, impunemente, l’azienda ha potuto concludere i suoi lavori. Una visita ai luoghi, in piena zona B della riserva naturale orientata “Sughereta” (area SIC), mostra dolorosi scenari di devastazione del territorio. A seguito delle denunce degli amministratori e delle associazioni ambientaliste, la Procura della Repubblica di Caltagirone ha aperto un fascicolo per “presunti” reati ambientali.
Le innumerevoli illegalità e l’arroganza dei potentati criminali hanno riportato Niscemi indietro di alcuni anni. Il Comune era stato sciolto per infiltrazione mafiosa due volte in meno di dodici anni, la prima il 18 luglio 1992, il giorno prima dell’assassinio del giudice Borsellino e della sua scorta, la seconda il 27 aprile 2004. Faticosamente erano poi stati riconquistati spazi di agibilità democratica e legalità, grazie innanzitutto al coraggio e al protagonismo delle nuove generazioni. Ma con il MUOS e i lavori in mano agli amici del boss, il clima è tornato a farsi pesantissimo.
Pericolo UAV nei cieli siciliani
Da due anni Catania Fontanarossa, il terzo aeroporto d’Italia come volume di traffico, oltre sei milioni e mezzo di passeggeri l’anno, è asservito alla dronomania della Marina e dell’Aeronautica militare degli Stati Uniti d’America. Atterraggi e decolli ritardati, le attività sospese in pista e nelle piattaforme, timetable che per effetto domino impazziscono in tutto il Continente, gli imprevisti e faticosi dirottamenti su Palermo. Volare da o su Catania vuol dire disagi che si sommano ai disagi, nuovi pericoli che si aggiungono a quelli vecchi. In futuro sarà peggio. Entro il 2015, la grande stazione aeronavale di Sigonella sarà consacrata capitale mondiale degli aerei senza pilota (UAV) e ospiterà sino a venti Global Hawk e sciami di droni d’attacco e di morte. E Fontanarossa sarà soffocata, imprigionata, asservita alla guerra.
Nonostante i tentativi della società che gestisce lo scalo di tranquillizzare l’opinione pubblica, negli ultimi mesi la situazione si è fatta sicuramente più pesante. Dall’8 marzo di quest’anno a Fontanarossa sono state sospese tutte le procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza e arrivo degli aeromobili, “causa attività degli Unmanned Aircraft”, gli aerei senza pilota in dotazione alle forze armate statunitensi e alleate, come specificato da una nota ai piloti di aeromobili (NOTAM) emessa dalle autorità preposte al controllo del traffico. Le limitazioni dovevano durare sino allo scorso 5 giugno, ma un giorno prima della scadenza dei termini, tre NOTAM distinti dai codici B4048, B4049 e B4050 hanno prorogato la sospensione delle procedure standard sino al prossimo 1 settembre. Anche stavolta il transito dei voli civili, in piena stagione estiva, sarà subordinato alle evoluzioni dei droni. Semaforo giallo anche per i cacciabombardieri e gli aerei radar e da trasporto uomini e mezzi delle forze armate. Un altro avviso, codice M3066/12, ha ordinato infatti la sospensione di tutte le strumentazioni standard al decollo e all’atterraggio nel Sigonella Airport, dal 4 giugno all’1 settembre 2012, anche stavolta per le attività degli Unmanned Aircraft. Disagi e limitazioni al traffico aereo per tutta l’estate a causa delle evoluzioni dei droni pure nell’aeroporto di Trapani Birgi: tre NOTAM simili a quelli di Catania, emessi la mattina dell’1 giugno, impongono la sospensione delle procedure standard per i piloti di aerei civili fino al 29 agosto 2012.
Affaire droni
La Sicilia trampolino bellico si trasforma in laboratorio sperimentale del piano di iper-liberalizzare lo spazio aereo alle scorribande degli aerei senza pilota. La sicurezza delle popolazioni e dei passeggeri sacrificata all’altare degli interessi economici del complesso militare industriale USA. In Europa e aldilà dell’Atlantico, governi e organismi internazionali sembrano impotenti di fronte all’intollerabile pressing dei produttori di droni. Il business è enorme: secondo gli analisti economici, nei prossimi dieci anni la spesa annua per i sistemi senza pilota crescerà da 6,6 ad 11,4 miliardi di dollari e ci sarà pure un’ampia espansione anche in ambito civile. Solo in riferimento alla tipologia degli UAV ospitati pure a Sigonella (gli RQ-4 Global Hawk, gli MQ-9 Reaper e gli MQ-1 Predator), il Pentagono vuole portarli dagli attuali 340 a 650 nel 2021. Ognuno di essi ha costi insostenibili. Ogni falco globale di US Air Force, quello più vecchio, costa 50 milioni di dollari (in Sicilia ce ne saranno presto cinque). Gli altri cinque UAV previsti per Sigonella con il programma Allied Ground Surveillance (AGS) di sorveglianza terrestre della NATO, costeranno complessivamente 1,7 miliardi di dollari. Spesa record di 233 milioni a drone per la versione Global Hawk acquistata dalla Marina USA nell’ambito del programma Broad Area Maritime Surveillance (BAMS) che vedrà ancora la Sicilia piattaforma avanzata per i raid in Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico.
Due anni fa, senza che sia stato ancora disciplinato l’impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo europeo, l’Aeronautica militare e l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) hanno siglato un accordo tecnico per consentire l’impiego dei Global Hawk di Sigonella nell’ambito di spazi aerei “determinati” (terminologia del tutto nuova rispetto a quella in uso nei NOTAM dove gli spazi sono proibiti, pericolosi o limitati). In linea teorica si annuncia l’adozione di procedure di coordinamento tra autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto sulle attività aeree civili” e “nel rispetto dei principi della sicurezza del volo”, anche se poi si ammette che per le operazioni “connesse a situazioni di crisi o di conflitto armato”, l’impiego dei droni non sarà sottoposto a limitazioni di alcun genere. Nel Mediterraneo cronicamente in fiamme è come dare illimitata libertà di azione ai falchi globali e ai predatori del cielo e del mare.
I velivoli telecomandati rappresentano un rischio insostenibile per il traffico civile e le popolazioni che risiedono nelle vicinanze degli scali utilizzati per le manovre di decollo e atterraggio. Negli Stati Uniti d’America il tasso degli incidenti agli aerei senza pilota è nettamente superiore a quello dell’aviazione generale e di quella commerciale, come più volte sottolineato dalla Federal Aviation Administration, l’amministrazione responsabile per la gestione delle attività nello spazio aereo nazionale. Il 15 luglio 2010, durante un’audizione alla Commissione per la sicurezza pubblica interna del Congresso, la vicepresidente della FAA ha espresso forti perplessità su una “rapida e piena integrazione” dei sistemi senza pilota nel traffico aereo generale, così come auspicato dal Pentagono e dal presidente Obama. “Molti dei dati a nostra disposizione arrivano solo dalla Customs and Border Protecion (CPB) che pattuglia i nostri confini”, spiega la Federal Aviation Administration. “Essi ci rivelano che i ratei di incidenti degli UAS sono molto grandi. Dall’anno fiscale 2006 alla data del 13 luglio 2010, ad esempio, la CPB ha riferito un tasso incidentale grave di 52,7 ogni 100.000 ore di volo, cioè oltre sette volte più alto di quello dell’aviazione generale e 353 volte più elevato di quello dell’aviazione commerciale. Non si deve poi dimenticare che il numero di ore di volo denunciato, 5.688, è molto basso rispetto a quello che viene solitamente considerato in aviazione per fissare i dati sulla sicurezza e gli incidenti…”.
Incidenti, incidenti e ancora incidenti
Un recentissimo report di Bloomberg, la maggiore società statunitense di analisi del mercato economico e finanziario, ha messo il dito nella piaga droni. Da quando sono operativi con US Air Force, Global Hawk, Preador e Reaper hanno subito 129 incidenti in cui i danni hanno comportato una spesa superiore ai 500.000 dollari o è avvenuta la distruzione del velivolo in missione. “Questi tre tipi di UAV sono quelli con il maggior tasso d’incidente di tutta la flotta aerea militare”, scrive Bloomberg. “Insieme hanno cumulato 9,31 incidenti ogni 100.000 ore di volo, tre volte in più degli aerei con pilota”. Il Global Hawk, da solo, ha un tasso di 15,16.
“Effettivamente il rateo d’incidenti dei sistemi aerei senza pilota (UAS) non è incoraggiante”, ammette il maggiore dell’aeronautica, Luigi Caravita, autore di un approfondito studio sui droni pubblicato dal Centro Militare di Studi Strategici (Cemis). “La mancanza di una capacità matura di sense & avoid (senti ed evita) verso altro traffico può diventare ancor più critica se associata alla vulnerabilità o alla perdita del data link tra segmento di terra e segmento di volo: in più di un occasione un Predator è stato perso a seguito d’interruzione del data link”, spiega il maggiore. “Ad oggi gli UAS militari non sono autorizzati a volare, se non in spazi aerei segregati, perché non hanno una banda aeronautica protetta, non sono ancora considerati sufficientemente affidabili, non hanno ancora totalizzato un numero di ore di volo sufficiente da costituire un safety case rappresentativo e convincente, non è stata ancora dimostrata adeguata resistenza da attacchi di cyber warfare”.
Analoghe considerazioni sono state fatte dal comando generale di US Air Force nel documento che delinea la visione strategica sull’utilizzo di questi sistemi di guerra (The U.S. Air Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle – Strategic Vision). “I velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali estreme e vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e non cinetiche”, scrivono i militari statunitensi. Per questo Eurocontrol, l’organizzazione per la sicurezza del traffico aereo a cui aderiscono 38 stati europei, ha stabilito nel marzo 2010 alcune linee guida per la gestione del traffico aereo dei falchi globali destinati allo scacchiere continentale. In particolare, si raccomanda d’isolare i droni-spia da altri usuari dello spazio aereo. “Dato che i Global Hawk non possiedono certe capacità, come il sense and avoid, è necessario che i decolli e gli atterraggi avvengano in spazi aerei segregati dai livelli normalmente utilizzati dai convenzionali aerei con pilota, mentre le missioni di crociera dovranno essere effettuate ad altitudini non occupate da essi”. Nel caso di Catania-Fontanarossa, scalo a meno di una decina di km in linea d’aria da Sigonella, le raccomandazioni di Eurocontrol sono solo carta straccia.
Sulle scellerate scelte USA e NATO d’installare i Global Hawk in Sicilia è intervenuto uno dei massimi esperti dell’aviazione italiana, il comandante Renzo Dentesano, pilota per quarant’anni dell’Aeronautica ed Alitalia, poi consulente del Registro aeronautico e perito per diverse Procure nei procedimenti relativi ad incidenti aerei. “Questi aeromobili militari saranno in grado di partire e tornare alla base siciliana dopo aver compiuto missioni segrete e pericolose, delle quali nessuno deve saper nulla, onde poter effettuare con successo i loro compiti di sorveglianza e spionaggio”, scrive Dentesano. “Questo tipo di ricognitori, concepiti appunto per missioni troppo rischiose per essere affidate a mezzi con a bordo degli esseri umani, nonostante tutte le misure di security di cui sono dotati i loro ricevitori di bordo, possono essere interferiti da segnali elettronici capaci di penetrare nei loro sistemi di guida e controllo, in modo da causarne la distruzione”, aggiunge Dentesano. “I Global Hawk, come pure il Predator, non risultano in grado di assicurare l’incolumità del traffico aereo civile. Essi non sono in grado di variare la loro traiettoria di volo in senso verticale, salendo o scendendo di quota, come la situazione per evitare una collisione prontamente richiederebbe. E la sola variazione della direzione di moto, rimanendo alla stessa altitudine, potrebbe non bastare ad evitare un disastro che coinvolga un traffico civile”.
L’allarme è stato lanciato da tempo ma Governo, Regione ed enti locali non vedono, non sentono, non parlano. Il DC 9 abbattuto da un missile nel cielo di Ustica, il 27 giugno di 32 anni fa, è un ricordo sbiadito. Con i droni liberi di planare sulle teste dei siciliani è scattato il count down per l’ennesima strage di stato.
Scheda elaborata in occasione dell’iniziativa per il trentennale del CEPES, Palermo 26 giugno 2012.
Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista, ha realizzato numerose inchieste sui processi di riarmo e militarizzazione in Italia e nel Mediterraneo. Recentemente ha pubblicato i volumi I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo Stretto di Messina (Alegre Edizioni, Roma, 2010) e Un Eco MUOStro a Niscemi. L’arma perfetta per i conflitti del XXI secolo (Edizioni Sicilia Punto L, Ragusa, 2012). Nel 2010 ha conseguito il Primo premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. È membro della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella e della Rete No Ponte. Per consultare articoli e pubblicazioni: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
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