Palestina: sciopero della fame contro la detenzione amministrativa
Aggiornamento ore 18: migliaia in piazza per il venerdì della rabbia
Manifestazioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza si sono tenute oggi in sostegno allo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi: cortei a Ramallah, Hebron, Tulkarem, Gaza City e Khan Younis. In molti casi.
La battaglia degli stomaci vuoti è ricominciata: da ieri oltre 5mila prigionieri palestinesi, detenuti in carceri israeliane, hanno deciso di iniziare un nuovo sciopero della fame di massa contro la politica della detenzione amministrativa applicata da Tel Aviv a centinaia di detenuti.
Una pratica mai scalfita da nessuno dei precedenti scioperi di massa, seppure più volte Israele ne abbia annunciato la sospensione: nel 2012, a seguito di uno sciopero della fame a cui aderirono oltre 2mila detenuti, Tel Aviv promise la fine dell’utilizzo della detenzione amministrativa, ammessa dal diritto internazionale solo in casi eccezionali, e non su base sistematica come avviene nelle prigioni israeliane. Ma promesse o meno, sono ancora 183 i prigionieri politici palestinesi arrestati e detenuti per mesi – quando non per anni – senza un processo e senza accuse formali.
Ad avviare la protesta, lo scorso 24 aprile, erano stati proprio i detenuti amministrativi, seguiti ieri a ruota dagli altri 5mila prigionieri politici palestinesi. Immediata la punizione da parte delle autorità carcerarie israeliane: i leader dello sciopero, tra cui Muayad Sharab, Sufian Jamjoum e Abd al-Kareem Qawasmi, sono stati trasferiti nella prigione di Beer Sheva e posti in isolamento. Una pratica che Addameer, associazione palestinese che tutela i diritti dei prigionieri palestinesi, ha già denunciato: Israele starebbe facendo pressioni sui detenuti in sciopero per costringerli a terminare qui la protesta, isolandoli, legandoli per oltre 10 ore al giorno e negandogli il sale, necessario a difendere lo stomaco.
“Secondo uno dei prigionieri in sciopero dal 24 aprile con cui uno dei nostri avvocati ha parlato – riporta Addameer – i detenuti nella prigione del Naqab sono stati tutti trasferiti nella sezione di isolamento, separati dagli altri. Le celle sono coperte di sabbia. Vengono maltrattati, subiscono perquisizioni quotidiane e non sono autorizzati a cambiarsi gli indumenti intimi. Sono ammanettati alle celle per dieci ore al giorno. Tre di loro – Fadi Hammad, Fadi Omar e Soufina Bahar – sono in isolamento totale. Infine l’IPS [Israel Prison Service, ndr] nega loro il sale che insieme all’acqua è essenziale alla sopravvivenza”.
Per oggi, ha detto il ministro dei Prigionieri dell’Autorità Palestinese, Issa Qaraqe, sono previste manifestazioni di solidarietà in tutto i Territori Occupati, il “Giorno della Rabbia”. Ma a preoccupare di più le associazioni per i diritti umani è la nuova proposta di legge presentata alla Knesset [il parlamento israeliano] e che intende legalizzare il nutrimento forzato di chi è in sciopero della fame. Una misura che non solo viola la volontà dell’individuo, ma che è estremamente pericolosa per la vita di chi subisce un simile trattamento. Non sono mancati in passato casi di prigionieri deceduti mentre venivano costretti ad ingerire cibo con una sonda che arrivava allo stomaco.
Ma la battaglia degli stomaci vuoti non sarà sospesa tanto presto: ancora una volta il movimento dei prigionieri è il solo in grado di cementare la sempre più divisa società palestinese. In assenza di leader fuori, i detenuti dentro restano la colonna portante del movimento di resistenza. E nonostante gli ultimi anni abbiamo assistito ad un’individualizzazione della lotta e la leadership politica abbia abdicato ai propri doveri cancellando dal negoziato la questione dei detenuti, le carceri israeliane rimangono il luogo della formazione politica e dell’identità comune, con i loro 5.265 prigionieri politici ancora dietro le sbarre.
Da Nena News
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