Penisola Calcidica: la repressione non ferma la lotta contro le miniere
Negli ultimi giorni è stato aperto un procedimento penale contro i venti residenti della Calcidica che erano stati chiamati a deporre sull’incendio doloso nel cantiere della compagnia “Hellenic Gold”. La campagna mediatica messa in piedi per portare discredito alla lotta dei minatori sta assumendo un peso rilevante. Secondo i difensori degli imputati, l’accusa che il gip è intenzionato a formulare, non si basa su elementi oggettivi, ma sulla testimonianza di tre impiegati della “Hellenic Gold” e sull’analisi dei tabulati telefonici. Riportiamo qui alcune testimonianze dirette che fanno chiarezza sulla vicenda e sulla campagna mediatica mirata contro i minatori e la lotta che stanno portando avanti.
La prima cosa che ti colpisce appena entri nel suo ufficio sono le icone: Gesù, la Madonna, innumerevoli santi, preghiere. Strano posto per incontrare persone che forse domani saranno imputate per tentato omicidio, incendio doloso, utilizzo di materiali esplosivi e rapina. Sei dei venti imputati per l’assalto a Skouries hanno deciso di parlare a “Ef.Syn”… “perché siamo infuriati con i media per l’immagine che hanno trasmesso di noi e perché la società greca deve capire esattamente cosa sta succedendo qui”.
G.S ha 41 anni, tre figli ed è un imprenditore di successo, con un giro d’affari di tre milioni di euro l’anno, premi e riconoscimenti. Porta una grande croce al collo: “Ogni domenica vado in chiesa, ho il mio padre spirituale ad Aghios Oros. Mi sembra incredibile che accusino dei miei concittadini per aver fatto uso di violenza contro persone innocenti, come il personale di sicurezza dell’azienda. Cercano di diffamare persone, famiglie, imprese. Nella lotta ci trovavamo tutti in prima linea e questo spiega perché ci accusano. Indipendentemente dalle persone, vengono fatte pressioni su ogni militante. Siamo una società piccola, isolata, poco sviluppata a livello turistico rispetto alle prime due “dita” della Calcidica. In ogni famiglia c’è un parente o amico imputato. È come se venisse accusato l’intero paese”.
Accanto a lui è seduto G.P. Ha appena finito la scuola e lavora nel negozio di suo padre. “Ho appena 18 anni. Di cosa vogliono accusarmi? Cosa ho fatto? Quando mi hanno portato in caserma, mi insultavano, perché mio padre è un migrante. Nel mio paese sono in tanti a lavorare per l’azienda (cioè l’Eldorado Gold, n.d.t.). Mi guardano con diffidenza perché sono contro. Alcuni compagni di scuola non osano rivolgermi la parola, per non trovarsi nei guai. La sicurezza ci segue in continuazione. Non ho ancora superato lo shock del fermo. “In carcere ti fotteranno mattina e sera, sei anche piccolino. Non reggerai… Mi dicevano cose del genere”.
Bomba atomica
La notizia è scoppiata come una bomba tra la gente del paese, che nei giorni precedenti sentiva gli avvocati difensori denunciare il tentativo della polizia di formulare pesantissime accuse, ma non poteva capire cosa significasse. “Come potrei saperlo. Ho 33 anni e non ho nemmeno finito il liceo. In vita mia sono andata via dal paese solo due volte, in vacanza. Adesso vogliono dire che mio marito è un assassino? Un piromane?” ci dice D.M. Al suo fianco c’è suo marito “Mio figlio mi guarda e piange sempre. Quando ci hanno portato alla centrale di polizia di Salonicco ci hanno tenuto ammanettati per sette ore. “Cosa ha fatto papà e perché porta le manette?”. Questo chiede in continuazione, dice il 43enne V.M. “Ma per chi mi hanno preso? Se avessi fatto del male, porca puttana…e adesso?”
“Il mio caso è ancora più assurdo” ci dice il 26enne A.G mentre cerca di sistemare la gamba zoppicante. Soffre di aplasia, la sua gamba destra non ha l’osso dal ginocchio in giù. “Nonostante la mia disabilità di oltre il 60%, sarei un terrorista? Ma dai ragazzi! Non sono mica Superman” dice ridendo. “Nel mio paese ci sono poche famiglie che osano pronunciarsi apertamente contro l’opera. Da quando è cominciata la repressione la gente si è chiusa, ha avuto paura. I miei non hanno fatto nemmeno un passo indietro. Visto che la polizia voleva intimidirci ha scelto il membro della famiglia che ha considerato più debole. Perché zoppico e non vado ai cortei. Adesso però trascinerò la mia gamba in prima linea”.
“È chiaro perché sono imputato” ci dice il 30enne P.T. “Quando hanno soffocato l’intero paese nei lacrimogeni, abbiamo denunciato pubblicamente che la nostra figlia di undici mesi è stata portata in ospedale proprio a causa dei gas; ero sicuro che si sarebbero vendicati. Ma ho corso il rischio, perché non voglio che un altro genitore veda il proprio figlio in queste condizioni. Non voglio che gli studenti si prendano i gas lacrimogeni quando sono a scuola”. P.T. lavora nel bosco e come tutti i suoi compaesani non aveva mai avuto a che fare con la repressione dello stato. “Eravamo ingenui. Vedevamo le manifestazioni ad Atene, la gente che veniva picchiata dai MAT e ci chiedevamo il perché di tutto questo casino. Eravamo indifferenti. Ci importava solo del nostro lavoro, del nostro tsìppuro, della pesca e della caccia. Poi abbiamo visto di tutto…adesso mia figlia grande, che ha cinque anni , mi chiede: “papà, verranno di nuovo i MAT? Ci tireranno ancora i lacrimogeni?”. Quando sono stato fermato mi dicevano: “ami i tuoi figli? Sarai nonno quando li rivedrai”. Mia moglie è terrorizzata e i bambini lo percepiscono”.
“Nemmeno la dittatura ha mai osato fare cose del genere”, ci dice il padre di uno dei venti imputati. Al settantunenne D.S. quello che sta vivendo gli fa ricordare altri periodi: “Quando li ho visti invadere il paese, mi sono ricordato della guerra civile. Avevo sei anni, ma quelle immagini non potranno mai cancellarsi dalla mia mente. E oggi anche i miei nipoti non potranno più dimenticare. Ciascuno degli imputati ha una madre. Mia moglie è impazzita, tutte le madri sono impazzite. Cosa vogliono fare ai nostri figli? Questo intendeva Samaràs quando diceva “l’opera si farà ad ogni costo?”. L’ho votato anche a giugno, spero mi caschi la mano!”.
La vera immagine
Se le maledizioni funzionassero il primo ministro non dovrebbe sentirsi troppo bene ultimamente. Perché nonostante tutta la fretta dei politici e dei giornalisti nel presentare gli imputati come sostenitori di Syriza o come anarchici, il quadro è completamente diverso: “Qui da noi, cinque su sei votano tradizionalmente Nea Dimokratia” spiega G.S. “I nostri paesi sono conservatori. Perciò adesso siamo sotto shock e insultiamo la destra più che la sinistra. Abbiamo visto per la prima volta gli anti-autoritari nei cortei contro le miniere d’oro; per quanto riguarda Syriza, chi l’ha votato ultimamente è perché quel partito sostiene la nostra lotta”.
“Il nostro caso riassume il problema di tutta la Grecia. Se il popolo non prende in mano la situazione, saremo tutti perduti” dice il trentanovenne apicoltore G.K . “Non mi impressiona che ci abbiano accusato, cercano di incriminare le lotte. Quello che stiamo vivendo qui, se gli gira, lo vivrete anche voi: svendita della ricchezza nazionale agli squali greci e stranieri, saccheggio del luogo e del popolo, repressione feroce. Ero di Nea Dimokratia, frequentavo la chiesa, ma ho capito che la sinistra che protestava da anni aveva ragione. La gente si ribella ogni giorno in ogni angolo della Grecia. E quando il fiume straripa dopo non puoi raccogliere l’acqua con lo straccio. Ogni giorno c’è gente che muore d’infarto o che si butta dalla finestra. I memoranda ci uccidono. Almeno noi non moriremo d’infarto, né ci suicideremo. Moriremo in piedi, lottando”.
“No” al piano della “Hellenic Gold”, dicono gli esperti
Ιl SINDACATO DEI LAVORATORI DELL’IGME [Istituto di Ricerca Geologica e Mineraria, n.d.t.] ha pronunciato ieri il suo no al progetto di investimento della “Hellenic Gold” a Skouries, visto che rimangono dei seri dubbi circa le conseguenze sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori e degli abitanti e circa la parte economica del progetto.
L’intervento pubblico dei lavoratori dell’ex IGME è avvenuto ieri durante una conferenza stampa con lo scopo di mettere in rilievo il ruolo dell’istituto, in passato responsabile per la ricerca geologica in Grecia. Oggi l’IGME è stato abolito ed è stato integrato nell’ EKVAA [Centro Nazionale di Sviluppo Sostenibile, n.d.t.] con il personale ridotto a 280 impiegati – quasi la metà, 130 dei quali entrano in aspettativa. La completa destituzione dell’IGME risulta anche dal fatto che l’istituto non è stato chiamato a dare il suo parere sulle miniere d’oro a Skouries, ma ha effettuato solo l’indagine idrogeologica.
Grazie alla loro formazione politica e alla loro esperienza, i lavoratori hanno sottolineato tra le altre cose la loro incertezza circa l’affidabilità del metodo del disgelo istantaneo (“flash smelting”), senza cianuro: “Il mancato coinvolgimento nella questione dell’EKVAA e della stragrande parte della comunità scientifica e degli enti scientifici delle relative professioni fa nascere il legittimo sospetto che l’azienda, conoscendo i problemi e le probabilità di successo del metodo pirometallurgico “flash smelting”, rinvii l’apertura dello stabilimento industriale flash smelting all’ottavo anno. Questa ipotesi diventa quasi una certezza quando la compagnia madre European Goldifields […] modifica unilateralmente la già approvata valutazione di impatto ambientale e in sostanza abbandona la fabbrica. L’unica spiegazione logica di questa decisione è che l’azienda aveva incluso la fabbrica per poter ottenere il via libera e per presentare allo stesso tempo un nuovo metodo privo di cianosi […] cosa che le permetterà per i prossimi otto anni di arricchirsi con l’oro senza una raffinazione a livello nazionale, che avrebbe dato un valore aggiunto”.
I lavoratori sono assolutamente in disaccordo con le “credenze oscurantiste” che rifiutano ogni tipo di sfruttamento della ricchezza mineraria. “La scienza stessa dà delle soluzioni. Quel che cambia è il costo, cioè il profitto. Quando i profitti entrano nelle tasche di aziende di questo calibro, quando i meccanismi di controllo dello stato sono deboli, non c’è alcuna possibilità che venga applicato il progetto migliore” ha detto il presidente del sindacato C. Smyrniotis.
di Dimitris Aggelidis
Li hanno arrestati con accuse da terroristi
Salonicco – Accusati di terrorismo! I venti padri di famiglia indicati dalla pubblica sicurezza di Salonicco come i responsabili dell’attacco a Skouries sono stati accusati di metà dei delitti presenti nel codice penale. Il Procuratore della Calcidica Magdalini Galatali ha chiesto ieri l’apertura di un procedimento penale per sette reati minori e undici reati di maggior gravità a carico dei responsabili ed ha trasmesso il fascicolo al GIP.
Tra i reati a loro attribuiti, associazione a delinquere, tentato omicidio, rapina, detenzione e uso illegale di materiale esplosivo, incendio doloso e danni aggravati (in base alla legge sugli “incappucciati” di Dendias). E ancora: detenzione ed utilizzo illegale di armi, minacce e altri reati. Da segnalare il fatto che il processo è stato avviato in rem, le accuse cioè non sono individuali, ma saranno attribuite a ciascun indagato nel corso delle indagini preliminari. Non è stato inoltre spiccato alcun mandato d’arresto, visto che si tratta di persone che risiedono stabilmente nella zona e per i quali non c’è ovviamente il pericolo di fuga all’estero.
Negli ambienti giuridici si stimava che l’emissione di un mandato di cattura avrebbe provocato nuova tensione nella società locale, mentre in questo modo le accuse verranno attribuite gradualmente ai singoli e penderanno come una “spada di Damocle” sulle teste degli imputati, limitando le nuove proteste contro il funzionamento delle miniere…
Nei prossimi giorni il GIP formulerà le accuse e chiamerà le persone coinvolte a deporre nell’ambito delle indagini preliminari, decidendo ovviamente a seconda del caso sulla loro sorte. In base ad alcune informazioni, la posizione di due dei venti residenti sarebbe particolarmente grave, perché secondo la polizia di Salonicco, come riportato nel fascicolo, ci sono seri indizi sulla loro partecipazione all’attacco incendiario al cantiere. Sembra che siano stati ritrovati dai laboratori criminologici della polizia degli elementi che aggraverebbero la loro posizione.
Immediata anche la reazione del gruppo degli avvocati che difende i residenti. Con un loro comunicato al giornale “Ef.Syn” dichiarano: “Le accuse che probabilmente saranno attribuite non si basano su elementi oggettivi, ma solo sulle testimonianze dei tre impiegati dell’azienda e su qualche analisi dei tabulati telefonici. Quindi le consideriamo truccate… Mettiamo inoltre in dubbio la validità e l’originalità dei pochi elementi per così dire oggettivi a disposizione. La lotta degli abitanti va avanti”.
da AteneCalling
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