Nel CPR ad Atene per la solidarietà alla Palestina
Ci colleghiamo con una delle 8 compagne rinchiuse nel CPR ad Atene dopo lo sgombero dell’università di Economia occupata in solidarietà con la Palestina.
Di seguito il comunicato degli avvocati.
PER I NOVE DETENUTI AMMINISTRATIVI EUROPEI SOGGETTI A ESPULSIONE A SEGUITO DI UNA PROTESTA CONTRO LA GUERRA A GAZA
Il 14 maggio 2024, ventotto (28) persone sono state arrestate nel corso dell’operazione di polizia durante l’occupazione della Facoltà di Giurisprudenza di Atene nel contesto delle proteste internazionali contro lo spargimento di sangue a Gaza. Sono stati portati a nel commissariato centrale GADA, dove sono stati trattunuti senza accesso ai loro avvocati, con cui hanno potuto parlare solo dopo 8 ore. Il 15 maggio 2024 sono state portate davanti al Tribunale per reati minori di Atene, che ha rinviato il caso a una data successiva e ha rilasciato tutte le persone arrestate. Gli agenti di polizia al seguito hanno isolato i 9 imputati europei (otto donne e un uomo) in una stanza adiacente con la motivazione che dovevano tornare a GADA apparentemente per “controllare i loro passaporti”, come è stato detto a uno degli avvocati che ha contattato telefonicamente il Dipartimento di Sicurezza dello Stato in quel momento. Successivamente, sono stati nuovamente ammanettati e portati direttamente alla Sottodivisione Immigrazione di Tavros (senza cioè essere portati a GADA per il presunto controllo). Nel pomeriggio del 15 maggio 2024, la Sottodirezione Stranieri ha informato gli avvocati che i detenuti erano stati inseriti nella lista degli stranieri indesiderabili (ESANA) in quanto pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale, perché arrestati il giorno precedente nella specifica condizione descritta. Agli stessi europei “pericolosi” non è stato comunicato nulla, poiché, come ci hanno informato gli agenti di polizia, non c’era nemmeno un interprete per la lingua inglese (tanto meno per il francese, il tedesco, l’italiano o lo spagnolo) e non è stato notificato loro alcun documento. Tutto ciò che è stato detto e compreso è stata la parola “deportazione” senza ulteriori spiegazioni.
Successivamente, la sera stessa, 8 dei 9 detenuti sono stati trasferiti al Centro di detenzione amministrativa (PRO.KE.KA) di Amygdaleza, dove due giorni dopo (17 maggio 2024) anche il nono è stato trasferito dalla Sottodirezione stranieri di Atene, dove era stato detenuto fino a quel momento.
Il PRO.KE.KA di Amygdaleza è un centro chiuso e sorvegliato, i detenuti sono tenuti in container in condizioni deplorevoli e non ci sono interpreti.
Oggi, 18 maggio 2024, sono stati emessi i provvedimenti di espulsione da parte di un funzionario del Dipartimento Stranieri, che gli agenti di polizia hanno tentato di consegnare ai detenuti in greco e in un testo di fantasia (parte del testo è stata omessa). I detenuti hanno chiesto di ricevere i testi completi delle decisioni e di riceverli in una lingua a loro comprensibile. I servizi per gli stranieri dell’ELAS, tuttavia, non hanno i documenti pertinenti tradotti nemmeno in inglese e non
dispongono di interpreti nemmeno per un incarico così cruciale (quanto è difficile per la polizia greca assicurarsi un interprete inglese o francese, se accettiamo che il farsi e l’urdu siano un lusso?).
Di conseguenza, le decisioni non sono state effettivamente notificate, mentre non sono state nemmeno comunicate ai loro avvocati in lingua greca, nonostante abbiano richiesto copie del loro fascicolo al Dipartimento dei rimpatri del Dipartimento degli stranieri già da giovedì 16 maggio 2024.
Le restrizioni alla libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione, in conformità con le disposizioni degli articoli 21, 22 e 23 del decreto 106/2007, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, possono essere imposte solo sulla base del principio di proporzionalità e devono basarsi esclusivamente sul comportamento personale dell’interessato. Precedenti condanne penali non sono di per sé motivo per l’adozione di tali misure, e tanto meno in questo caso, in cui si tratta solo di un’accusa penale, cioè senza una condanna (e in particolare per reati minori di competenza di una Corte Giudicante Statale a membro unico). L’argomentazione relativa alla “condotta personale” deve consistere in elementi specifici del caso in questione, che dimostrino che tale condotta costituisce una minaccia sufficientemente grave contro un interesse fondamentale della società. Sulla base della giurisprudenza della CGUE, si ritiene che tale interesse fondamentale sia minacciato, ad esempio, nel caso di un cittadino dell’UE condannato in quanto membro di un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti.
La Direzione degli Stranieri ci insegna che, allo stesso modo, “gli interessi fondamentali della società greca” sono minacciati quando si svolge una qualsiasi azione simbolica di protesta per le sofferenze del popolo palestinese, e che, in questo caso, non bisogna nemmeno aspettare una condanna, come invece nel caso del traffico di stupefacenti.
Inoltre, l’Ufficio Stranieri, ora competente, non ha mai chiesto ai detenuti dove vivano in Grecia, se lavorano o studiano, e nemmeno da quanto tempo sono qui. Tuttavia, il funzionario incaricato di firmare le decisioni di espulsione ritiene che “non abbiano passaporti, residenza conosciuta o mezzi di sostentamento”, come di solito si afferma in tutte le decisioni relative a cittadini di Paesi terzi giunti in Grecia irregolarmente per chiedere asilo. I detenuti, in alcuni casi, hanno sviluppato legami di sostentamento in Grecia (la maggior parte di loro ha contratti di locazione registrati sul portale di taxisnet a proprio nome e contratti di lavoro), che le autorità potrebbero verificare prima di decidere arbitrariamente di espellerli sulla base di una vaga invocazione di motivi di ordine e sicurezza.
Allo stesso tempo, le autorità statali con dichiarazioni pubbliche e fughe di notizie sui media, in palese violazione della presunzione di innocenza, presentano i nostri clienti come colpevoli all’opinione pubblica e creano un certo clima contro di loro, come persone con un “pesante passato criminale” e come “coordinatori di incidenti”, fatti falsi per i quali ci riserviamo la responsabilità.
Allo stesso tempo, le autorità statali, con dichiarazioni pubbliche e con la diffusione di informazioni ai media, in palese violazione della presunzione di innocenza, presentano i nostri clienti come colpevoli all’opinione pubblica e creano un certo clima contro di loro, come persone con un “pesante passato criminale” e come “coordinatori di incidenti”, fatti falsi per i quali ci riserviamo la responsabilità.
Infine, si osserva che la detenzione e, ancor più, l’espulsione dei detenuti amministrativi li priverà del diritto di accesso, di presenza fisica e di difesa nell’imminente processo penale, il cui rinvio ha determinato anche la loro designazione come presunti pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale.
Tuttavia, il diritto di accesso al tribunale in termini di presenza fisica e difesa è garantito dalla legislazione nazionale ed europea. Esso deriva dall’articolo 20 della Costituzione [Protezione giuridica] ed è specificato in relazione ai procedimenti penali dall’articolo 92 del Codice di Procedura Civile. Il diritto dell’imputato a comparire personalmente nei procedimenti penali deriva anche dall’oggetto e dallo scopo del diritto a un equo processo [articolo 6 della CEDU] ed è espressamente sancito dal paragrafo 3c, che prevede la possibilità per l’imputato di partecipare personalmente al procedimento durante la fase dibattimentale. Inoltre, il diritto di difendersi personalmente richiede la presenza dell’imputato in aula ed è esplicitamente sancito nel diritto dell’UE dalla direttiva 2016/343 in tutta l’Unione.
Ci si chiede quindi se le autorità greche priveranno i nostri nove clienti del diritto di comparire personalmente e di preparare la propria difesa, e quindi del diritto a un processo equo, davanti al Tribunale plenario a membro unico di Atene il 28 maggio 2024.
Ci aspettiamo che i tribunali amministrativi competenti rivedano in modo imparziale le decisioni di cui sopra, che contesteremo davanti a loro, e che specifichino anche se il diritto di libera circolazione e di residenza dei cittadini europei è valido e applicabile in Grecia o se si applica solo ai turisti e agli investitori ed è sospeso in caso di azione politica, soprattutto se riguarda la Palestina.
Gli avvocati
Δήμητρα Ντόρβα
Άννυ Παπαρρούσου Ιωάννα Σιούπουλη
Έφη Μουγκαράκη Γιώτα Μασουρίδου Βασίλης Παπαδόπουλος
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