
Non possiamo permettere che la Grecia diventi il Parco di divertimento dei soldati dell’IDF: i turisti israeliani che scelgono la Grecia devono confrontarsi con le proteste pro Palestina
Mentre continua l’attacco genocida di Israele a Gaza, i turisti israeliani in Grecia quest’estate si trovano ad affrontare una crescente reazione negativa.
Fonte: Drop Site News
di Alexis Daloumis – 15 Agosto 2025
Immagine di copertina: Sventolando un’enorme bandiera palestinese, i dimostranti filo-palestinesi protestano contro l’arrivo della Crown Iris, una nave da crociera israeliana, ad Agios Nikolaos, sull’isola di Creta, il 29 luglio 2025. (Foto di COSTAS METAXAKIS/AFP tramite Getty Images)
ATENE, GRECIA — Durante questa stagione estiva, una nave da crociera israeliana che effettua ripetuti tour di Atene e delle isole greche è stata accolta quasi ogni volta da proteste, mentre i manifestanti greci solidali con la Palestina intensificano azioni e tattiche in mezzo alla crescente rabbia per il genocidio di Israele a Gaza.
La Crown Iris — una nave da crociera di 10 ponti con casinò, teatro, scivolo d’acqua e campo da basket, capace di ospitare fino a 2.000 passeggeri — parte da Haifa ogni pochi giorni per crociere di quattro-sette giorni nelle vicine isole greche.
Alla sua più recente tappa al porto del Pireo, vicino ad Atene, giovedì scorso, la polizia antisommossa greca ha transennato un’area attorno alla nave per impedire a diverse centinaia di manifestanti di avvicinarsi. I dimostranti hanno acceso fumogeni e sventolato bandiere palestinesi dietro a un cordone formato da autobus della polizia, mentre i turisti israeliani sbarcavano. La Crown Iris ha incontrato proteste lungo il suo percorso fin dalla fine di luglio, quando una manifestazione di massa quasi impedì l’attracco della nave sull’isola di Syros — un episodio che fece notizia a livello internazionale.
Le manifestazioni contro la nave da crociera israeliana fanno parte di una tendenza più ampia di proteste antisioniste in Grecia nelle ultime settimane, culminate il 10 agosto in quella che gli organizzatori definiscono una delle più grandi mobilitazioni pro-Palestina della storia del Paese, quando decine di migliaia di persone sono scese in piazza in oltre 120 località diverse — soprattutto in zone turistiche.
L’appello originario a una giornata di protesta di massa era stato lanciato da March to Gaza, Greece, che l’aveva definita una “Giornata di Azione su isole e destinazioni turistiche… Contro il genocidio del popolo palestinese e dei suoi sostenitori.”
L’iniziativa in parte recitava:
“Con milioni di turisti che affollano il Paese, rendiamo la nostra presenza visibile e rumorosa. Trasformiamo isole, spiagge, vicoli, cime di montagna e rifugi in luoghi di solidarietà — non in luoghi di svago per i soldati assassini dell’IDF. Lo sforzo organizzato per fare della Grecia un ‘rifugio’ per chi partecipa o sostiene il massacro in Palestina non passerà!”
La Grecia è da tempo una destinazione popolare per i turisti israeliani che arrivano in massa ogni estate per trascorrere le vacanze sulle isole del Paese. Nel 2024 circa 621.000 israeliani hanno visitato la Grecia, secondo i dati dell’Istituto della Confederazione del Turismo Greco (INSETE), generando 419 milioni di euro di entrate — un aumento del 55% rispetto al 2023.
Ma mentre continua l’assalto genocida di Israele a Gaza, i turisti israeliani in Grecia quest’anno si trovano ad affrontare una crescente ostilità.
La proliferazione di gruppi locali pro-Palestina è culminata nella mobilitazione del 10 agosto e ha acquisito enorme slancio in poco tempo. “Ha superato le aspettative più ottimistiche; ha anche superato la portata di qualsiasi rete preesistente,” ha detto Paris Laftsis, 33 anni, ingegnere informatico e membro del team di coordinamento di March to Gaza, Greece, il gruppo che ha lanciato l’appello alla manifestazione del 10 agosto. “Continuavano a nascere nuove iniziative, persino il giorno stesso. Ma è stata anche la prima volta che i gruppi pro-Palestina hanno agito con tale coordinamento. In alcuni luoghi è stata segnalata come la più grande manifestazione di sempre — in altri, la prima dopo decenni.”
L’appello alle proteste del 10 agosto è stato subito sottoscritto da BDS Greece e dalla Comunità Palestinese in Grecia, con decine di gruppi locali in tutto il Paese che hanno aderito. I media israeliani l’hanno definita una “Giornata della Rabbia,” con funzionari governativi israeliani che hanno messo in guardia i cittadini in viaggio verso la Grecia. Il Ministero israeliano degli Affari della Diaspora e della Lotta all’Antisemitismo ha pubblicato un rapporto il 9 agosto sulle manifestazioni pianificate, affermando: “Sebbene non siano stati identificati appelli espliciti alla violenza, il crescente sentimento anti-israeliano in Grecia, unito ai recenti episodi di proteste radicali nel Paese, aumenta la probabilità che più manifestazioni possano degenerare in scontri o atti violenti.”
La partecipazione è stata senza precedenti, con appelli guidati da vari gruppi di sinistra e anarchici — e persone di ogni estrazione sociale — che sono scese in piazza, sulle spiagge e sulle montagne di tutto il Paese. Non sono stati riportati episodi di violenza.
La campagna israeliana di fame forzata a Gaza, che sta provocando una carestia sempre più estesa — insieme ai piani di Benjamin Netanyahu di invadere e ripulire etnicamente Gaza City — ha solo alimentato le recenti proteste in Grecia. Attivisti e organizzatori hanno anche segnalato una crescente frustrazione per quello che definiscono un modello ricorrente di provocazioni da parte dei turisti israeliani — talvolta soldati IDF fuori servizio. Secondo gli organizzatori, alcuni turisti israeliani hanno compiuto gesti provocatori come strappare manifesti pro-Palestina da strade e negozi o molestare verbalmente e fisicamente persone che indossavano kefiah o magliette pro-Palestina.
“Non sono solo turisti, ci sono anche proprietari di immobili Airbnb e altri investitori israeliani che continuano a comportarsi in modo provocatorio,” ha detto Dapergolas. “Non sono tutti gli israeliani a farlo, ma sono abbastanza da creare un fenomeno… Abbiamo voluto evidenziare il problema e reagire.”
Cronologia di una mobilitazione crescente
L’11 luglio, il gruppo anarchico Rouvikonas (Rubicon), insieme al gruppo marxista-leninista T-34, ha organizzato la prima di quelle che hanno chiamato “Passeggiate Palestinesi” — con circa 50 persone che indossavano magliette nere identiche con stampata la bandiera palestinese e hanno percorso a piedi alcune delle zone più turistiche del centro di Atene. Gli organizzatori hanno dichiarato di voler rivendicare il diritto di camminare liberamente nella propria città senza essere attaccati o molestati. Un membro di spicco di Rouvikonas, lo scenografo 55enne Spyros Dapergolas, ha detto a Drop Site:
“Il nostro protocollo è semplice. Camminiamo, non disturbiamo nessuno. Se qualcuno, di qualsiasi nazionalità, si sente infastidito da noi ed esprime questo fastidio, rispondiamo in maniera proporzionata.”

L’azione dell’11 luglio è stata criticata come antisemita da vari commentatori e funzionari governativi, tra cui il vicepresidente del partito conservatore di governo Nuova Democrazia, Adonis Georgiadis. “Non solo respingiamo questa accusa, ma la rimandiamo indietro,” ha risposto Dapergolas. “Tra noi non c’è assolutamente antisemitismo. Consideriamo fratelli e sorelle la minoranza della società israeliana e la grande parte della diaspora ebraica che resiste al genocidio.”
Il giorno successivo, in un episodio meno coperto dai media, l’Open Anti-Zionist Assembly ha organizzato una manifestazione nel centro di Atene, durante la quale un ristorante kosher di proprietà israeliana è stato imbrattato con scritte come: “Abbattere sionismo, fascismo, colonialismo” e “Israeli Death Forces — stupratori, torturatori, assassini.” Successivamente il ristorante ha pubblicato un video in cui le scritte venivano coperte e sostituite con la frase “Zionist is safe here.”
Le azioni sono proseguite il 14 luglio, quando migliaia di persone si sono radunate al porto del Pireo — il più grande della Grecia — in seguito all’appello del sindacato dei portuali per bloccare una nave che trasportava carichi militari diretti in Israele. “Ci sporchiamo le mani di grasso, non del sangue di innocenti,” ha dichiarato il leader sindacale Markos Bekris. Il blocco è riuscito e il carico ha dovuto essere trasferito su un’altra nave, che è stata poi bloccata anch’essa dai portuali a Genova, in Italia.
Ma l’evento che ha fatto notizia in tutto il mondo è accaduto il 22 luglio, quando oltre 300 persone si sono riunite al porto dell’isola di Syros per una protesta di solidarietà con la Palestina contro l’attracco della Crown Iris, arrivata da Israele con circa 1.600 passeggeri a bordo.
Man mano che la nave si avvicinava e i manifestanti diventavano visibili, a bordo si è verificata una reazione immediata. I passeggeri hanno alzato bandiere israeliane, gridato slogan sionisti e fatto gesti osceni verso i manifestanti. Contrariamente a molte cronache giornalistiche, allla Crown Iris non è stato impedito di attraccare e i passeggeri non sono stati fisicamente ostacolati nello sbarco. Mentre la maggior parte dei passeggeri ha preferito rimanere a bordo, alcuni sono scesi e sono usciti dal porto, tornando però poco dopo, quando la nave è ripartita qualche ora più tardi, in anticipo rispetto al programma.
“C’era una coppia che a un certo punto è scesa dalla nave,” ha raccontato Maria, una maschera teatrale presente alla protesta. “Sono passati davanti a noi ed entrati in città; non hanno provocato, quindi nessuno li ha disturbati.” Ha aggiunto: “Ce n’erano però altri tre che si sono avvicinati a noi da dietro la polizia e hanno iniziato a provocarci. Uno di loro, il più aggressivo, mentre se ne andava ha detto: ‘Spero che la Turchia vi fotta.’”
Tra i manifestanti è diffusa la convinzione che molti dei turisti israeliani a bordo della Crown Iris siano soldati fuori servizio. “Che tipo di semplice turista innocente porta con sé una bandiera nazionale durante un viaggio?” ha chiesto Petros, un operaio edile di 30 anni che ha partecipato alla manifestazione. “Non possiamo permettere che la Grecia diventi un parco giochi per i soldati dell’IDF… è anche una questione di dignità. Sì, viviamo di turismo, ma c’è un limite.”
Dopo la protesta del 22 luglio a Syros, il ministro degli esteri israeliano Gideon Saar ha dichiarato di aver contattato il suo omologo greco, Giorgos Gerapetritis, per discutere l’incidente e valutare precauzioni future. Due giorni dopo, il ministro greco della protezione dei cittadini (da cui dipende la polizia) ha dichiarato in un’intervista televisiva che la polizia sarebbe stata più proattiva e che “ovunque questo fenomeno si ripeterà, ci saranno arresti.”
Quando la Crown Iris si è avvicinata all’isola di Rodi il 28 luglio, al porto era presente una forte sicurezza, con poliziotti in assetto antisommossa che hanno respinto con la forza una piccola folla di 100 manifestanti e arrestato almeno otto persone. Il giorno successivo, però, una folla molto più numerosa si è radunata alla tappa successiva della nave da crociera ad Agios Nikolaos, a Creta. I manifestanti sono riusciti a sfondare le barricate della polizia ed entrare nel porto, dove hanno srotolato una gigantesca bandiera palestinese. I passeggeri sono sbarcati su autobus costretti a farsi largo tra la folla che gridava slogan, scortati dalla polizia. Sono stati lanciati alcuni oggetti, e a quel punto la polizia antisommossa ha usato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti.
Mentre proseguivano le azioni contro la Crown Iris e le proteste decentralizzate sulla terraferma, l’ambasciatore israeliano in Grecia, Noam Katz, ha attaccato pubblicamente il sindaco di Atene, Haris Doukas, che aveva espresso critiche alla guerra di Israele a Gaza. I cittadini israeliani si sentivano “a disagio,” ha dichiarato Katz in una nota del 3 agosto, accusando Doukas di “non proteggere la città da minoranze organizzate” che tappezzavano di graffiti antisionisti.
Il sindaco di Atene ha risposto poche ore dopo affermando:
“Non prendiamo lezioni di democrazia da chi uccide civili e bambini in fila per gli aiuti alimentari, da chi ogni giorno porta alla morte decine di persone a Gaza con bombe, fame e sete.”
Traduzione a cura di Grazia Parolari
da Invictapalestina.org
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