InfoAut
Immagine di copertina per il post

Sono un medico americano che si è recato a Gaza. Quello che ho visto non è stata una guerra, è stato un annientamento

Il mio ultimo giorno, un ragazzo è corso verso di me e mi ha dato un piccolo regalo. Era una pietra trovata sulla spiaggia, con un’iscrizione in arabo scritta con un pennarello: “Da Gaza, con amore, nonostante il dolore”.

Fonte: English version

di Irfan Galaria, 16 febbraio 2024

Immagine di copertina: “Un medico di Gaza perde suo figlio durante un’operazione senza anestesia”  (disegno di Mahmoud  Abbas)

Alla fine di gennaio ho lasciato casa mia in Virginia, dove lavoro come chirurgo plastico e ricostruttivo, e mi sono unito, per fare volontariato a Gaza, a un gruppo di medici e infermieri in viaggio verso l’Egitto con il gruppo di aiuti umanitari MedGlobal.

Ho lavorato in altre zone di guerra. Ma ciò a cui ho assistito a Gaza nei dieci giorni successivi non era una guerra: era l’annientamento. Almeno 28.000 palestinesi sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani di Gaza. Dal Cairo, la capitale dell’Egitto, abbiamo guidato per 12 ore verso est, fino al confine di Rafah. Abbiamo superato chilometri di camion di aiuti umanitari parcheggiati perché non era loro consentito di entrare a Gaza. A parte la mia squadra e altri inviati delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sul posto c’erano pochissimi altri.

Entrare nella parte meridionale di Gaza il 29 gennaio, dove molti sono fuggiti dal nord, è stato come trovarsi nelle prime pagine di un romanzo distopico. Le nostre orecchie erano intorpidite dal ronzio costante di quelli che mi avevano detto fossero i droni di sorveglianza che giravano costantemente in cerchio. Le nostre narici erano consumate dal fetore di un milione di sfollati che vivevano nelle immediate vicinanze senza servizi igienici adeguati. I nostri occhi si sono persi nel mare di tende. Abbiamo alloggiato in una guest house a Rafah. La nostra prima notte è stata fredda e molti di noi non sono riusciti a dormire. Ce ne stavamo sul balcone ad ascoltare le bombe e a guardare il fumo alzarsi da Khan Yunis.

Il giorno successivo, mentre ci avvicinavamo all’ospedale europeo di Gaza, abbiamo trovato file di tende che fiancheggiavano e bloccavano le strade. Molti palestinesi gravitavano verso questo e altri ospedali sperando che potessero rappresentare un rifugio dalla violenza: si sbagliavano.

Anche le persone si erano riversate nell’ospedale: vivevano nei corridoi, nei pianerottoli delle scale e persino nei ripostigli. I passaggi pedonali, un tempo larghi – progettati dall’Unione Europea per accogliere il traffico intenso di personale medico, barelle e attrezzature – sono ora ridotti a un unico corridoio di passaggio. Su entrambi i lati, coperte pendevano dal soffitto per delimitare piccole aree per intere famiglie, per offrire un briciolo di privacy. Un ospedale progettato per ospitare circa 300 pazienti stava ora lottando per prendersi cura di più di 1.000 pazienti e di altre centinaia di persone in cerca di rifugio.

C’era un numero limitato di chirurghi locali disponibili. Ci è stato detto che molti erano stati uccisi o arrestati, e non si sapeva dove si trovassero o addirittura della loro esistenza in vita. Altri sono rimasti intrappolati in aree occupate nel nord o in luoghi vicini dove è troppo rischioso recarsi in ospedale. Era rimasto solo un chirurgo plastico locale e copriva l’ospedale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La sua casa era stata distrutta, quindi viveva in ospedale e poteva riporre tutti i suoi effetti personali in due piccole borse a mano. Questa narrazione è diventata fin troppo comune tra il personale rimanente dell’ospedale. Questo chirurgo era fortunato perché sua moglie e sua figlia erano ancora vive, mentre quasi tutti gli altri che lavoravano in ospedale piangevano la perdita dei loro cari.

Ho iniziato immediatamente a lavorare, eseguendo dai 10 ai 12 interventi chirurgici al giorno, lavorando dalle 14 alle 16 ore per volta. La sala operatoria tremava spesso a causa degli incessanti bombardamenti, a volte con una frequenza anche di ogni 30 secondi. Abbiamo operato in ambienti non sterili, impensabili negli Stati Uniti. Avevamo un accesso limitato ad attrezzature mediche critiche: eseguivamo quotidianamente amputazioni di braccia e gambe, utilizzando una sega Gigli, uno strumento dell’era della Guerra Civile, essenzialmente un segmento di filo spinato. Molte amputazioni avrebbero potuto essere evitate se avessimo avuto accesso ad attrezzature mediche standard. È stata una lotta cercare di prendersi cura di tutti i feriti all’interno di un sistema sanitario che è completamente collassato.

Ascoltavo i miei pazienti che mi sussurravano le loro storie, mentre li portavo in sala operatoria per un intervento chirurgico. La maggior parte stava dormendo nella propria casa, quando sono stati bombardati. Non potevo fare a meno di pensare che erano fortunati quelli morti all’istante o per la forza dell’esplosione o sepolti tra le macerie. I sopravvissuti hanno dovuto affrontare ore di intervento chirurgico e più viaggi in sala operatoria, piangendo la perdita dei loro figli e dei loro coniugi. I loro corpi pieni di schegge che dovevano essere estratte chirurgicamente dalla loro carne, un pezzo alla volta.

Ho smesso di tenere il conto di quanti nuovi orfani avevo operato. Dopo l’intervento sarebbero stati portati da qualche parte in ospedale, non sono sicuro di chi si sia preso cura di loro o di come sopravviveranno. In un’occasione, una manciata di bambini, tutti di età compresa tra i 5 e gli 8 anni, sono stati portati al pronto soccorso dai genitori. Avevano tutti un solo colpo di cecchino alla testa. Queste famiglie stavano tornando alle loro case a Khan Yunis, a circa 4 chilometri dall’ospedale, dopo che i carri armati israeliani si erano ritirati. Ma i cecchini, a quanto pare, erano rimasti indietro. Nessuno di questi bambini è sopravvissuto.

Il mio ultimo giorno, mentre tornavo alla guest house dove la gente del posto sapeva che alloggiavano gli stranieri, un ragazzo è corso verso di me e mi ha dato un piccolo regalo. Era una pietra trovata sulla spiaggia, con un’iscrizione in arabo scritta con un pennarello: “Da Gaza, con amore, nonostante il dolore”. Mentre stavo sul balcone a guardare Rafah per l’ultima volta, si potevano sentire i droni, i bombardamenti e le raffiche di mitragliatrici, ma questa volta qualcosa era diverso: i suoni erano più forti, le esplosioni più vicine.

Questa settimana, le forze israeliane hanno fatto irruzione in un altro grande ospedale a Gaza e stanno pianificando un’offensiva di terra a Rafah. Mi sento incredibilmente in colpa per essere riuscito a partire mentre milioni di persone sono costrette a sopportare l’incubo di Gaza. Come americano, penso ai soldi delle nostre tasse che servono a pagare le armi che probabilmente hanno ferito i miei pazienti lì. Cacciate dalle loro case, queste persone non hanno nessun altro posto a cui tornare.

Irfan Galaria è un medico che esercita la professione di chirurgia plastica e ricostruttiva a Chantilly, Virginia.

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAisraelepalestinarafahsalutesanità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina, i coloni attaccano volontari internazionali: feriti tre italiani

Un nuovo attacco dei coloni israeliani ha colpito la comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Drone assassino israeliano massacra due fratellini palestinesi

Fadi Tamer Abu Assi e Juma Tamer Abu Assi, bambini palestinesi di 10 e 12 anni, sono stati ammazzati da un drone israeliano a est di Khan Yunis (sud della Striscia) mentre raccoglievano legna per il padre ferito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Membro della Knesset: Israele sta “importando la guerra di sterminio” da Gaza alla Cisgiordania

Un membro israeliano della Knesset (Parlamento) ha affermato che Tel Aviv sta “importando” la sua “guerra di sterminio” dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

CONTRO I SIGNORI DELLA GUERRA E PADRONI DELLA CITTÀ, BLOCCHIAMO TUTTO!

Oggi, nell’ambito dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base, come realtà autorganizzate del movimento milanese abbiamo deciso di bloccare l’ingresso principale della sede dirigenziale di ENI S. p. a. di San Donato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Linee gialle e zone verdi: la divisione di fatto di Gaza

Crescono i timori che il nuovo mosaico di zone diverse di Gaza, separate da una Linea Gialla, possa consolidarsi in una partizione permanente del territorio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Germania è in crisi e vaga nella nebbia

Le ultime notizie dal paese teutonico indicano che la sua crisi economica non si arresta ed entra ormai nel suo quarto anno.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale e cortei nazionali: di nuovo decine di migliaia in piazza in tutta Italia

La due giorni di mobilitazioni del 28-29 novembre contro la finanziaria di guerra ed il genocidio del popolo palestinese ha nuovamente portato in piazza decine di migliaia di persone da nord a sud.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Colpirne uno: Mohamed Shahin, il rischio deportazione e la repressione della solidarieta’ con il popolo palestinese

Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Giornata contro la violenza sulle donne: “boicottiamo guerra e patriarcato”. La diretta dalle manifestazioni

Oggi è la Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Una giornata che non ha visto grandi miglioramenti, a 26 anni dalla sua proclamazione, nel 1999, da parte dell’Onu.