InfoAut
Immagine di copertina per il post

Una Gaza planetaria

Già nelle prime otto settimane dell’ultima terrificante escalation della guerra contro la popolazione di Gaza, Israele aveva ucciso più Palestinesi che nei 106 anni trascorsi dalla nota Dichiarazione di Balfour, quella in cui il ministro inglese si diceva favorevole a una “dimora nazionale per il popolo ebraico” in Palestina. I politici, i militari e gran parte della società civile israeliana invocano apertamente e senza alcun tabù il massacro dei civili.

da Comune-info

Mai l’evidenza di un suicidio morale aveva avuto tanti spettatori, scrive Rafael Poch in questo suo articolo, come sempre, di grande lucidità e interesse. Quella che in queste settimane si consuma a Gaza, scrive, è per molti versi una tragedia anacronistica: l’eliminazione totale della popolazione autoctona e la sua sostituzione è qualcosa che non andrebbe mostrato e raccontato al mondo intero, come avvenne per i genocidi dei popoli originari d’America. La memoria storica del Sud ha ricordato a Gaza che il colonialismo ha esteso la sua “civilizzazione” a forza di genocidi perfettamente compatibili con l’Illuminismo e il parlamentarismo. Per altri versi, invece, si tratta di qualcosa che indica con evidenza un disegno strategico del futuro. Le complicità dei governi occidentali, rivendicate senza alcun pudore nella propaganda mediatica, allargano a dismisura le distanze con il resto del mondo e contengono un chiaro avvertimento su come la parte elitaria e privilegiata del mondo pensa di poter risolvere il vicolo cieco in cui il sistema capitalista ci ha condotto in questo secolo. In assenza di “nuovi mondi” verso cui esportare le vite di scarto, l’orizzonte che si disegna è una “Gaza planetaria”. Si tratta di creare isole del benessere e del diritto, rigorosamente protette da eserciti e armate, per più o meno il 20 per cento della popolazione mondiale, e di confinare il resto delle persone in aree umanamente e ambientalmente disastrose

foto wikimedia commons

In Medio Oriente si sta consumando una tragedia anacronistica: il tentativo di risolvere una situazione che accade nel XXI secolo con metodi dei secoli passati. Quello israeliano è un colonialismo molto particolare: la popolazione colonizzata non serve come forza lavoro da sfruttare. Per il colonizzatore israeliano, “il miglior palestinese è quello morto o che se n’è andato”, secondo le parole di Edward Said, citate dal meraviglioso libro di Rashid Khalidi sulla guerra dei cento anni contro la Palestina.

L’eliminazione totale della popolazione autoctona e la sua sostituzione è stata fattibile in passato, nel XVIII e XIX secolo, in Nordamerica o in Australia, ma Israele arriva tardi a quella “soluzione finale” di cui furono vittime gli stessi ebrei d’Europa nel più grande crimine razzista della storia moderna. Questo tragico paradosso porta alla folle aggressività del sionismo con il suo amalgama di violenza coloniale vecchia scuola, armi di ultima generazione e un’ideologia suprematista avvolta in scene bibliche primitive.

Libro di Rashid Khalid, Bollati Boringhieri

Radicata in una storia orribile e secolare di persecuzione, l’ansia di sicurezza di un piccolo popolo di nove milioni di abitanti, privo di risorse naturali e circondato da stati ostili e popolazioni radicalizzate da decenni di ingiustizia e doppi standard, si traduce in una politica aggressiva e suicida, con tutto il suo enorme contesto, insostenibile senza il sostegno degli Stati Uniti. Un sostegno che non durerà per sempre. Un’intera società di emigranti insicuri è stata educata a questa aggressività. Con i suoi politici, i militari e la società civile che invocano apertamente e senza alcun tabù il massacro dei civili. Mai l’evidenza di un suicidio morale aveva avuto tanti spettatori. (Si veda il resoconto delle dichiarazioni di genocidio fatte dalle autorità politiche e militari israeliane, compilato da Yaniv Cogan e Jamie Stern-Weiner)

La schiacciante superiorità militare israeliana, amplificata dal ponte aereo statunitense, ha trasformato questo conflitto in “uno dei più distruttivi e letali del XXI secolo”. Walid Al Khalidy, autorevole storico e fondatore dell’Istituto di Studi Palestinesi, stima che, al 4 dicembre, Israele abbia ucciso quasi 20.000 palestinesi, la maggior parte dei quali civili, in otto settimane di guerra contro Hamas a Gaza, più che nei 106 anni della presenza ebraica in Palestina, iniziata con la Dichiarazione di Balfour che annunciava la creazione di una “Casa Nazionale Ebraica in Palestina” nel 1917. Da parte sua, Haytham Manna, presidente dell’Istituto Scandinavo per i Diritti Umani (SIHR) e decano degli oppositori politici siriani, ha osservato che la guerra per distruggere Gaza ha mietuto in 55 giorni il doppio delle vittime civili rispetto ai due ultimi anni di guerra in Ucraina (2022-2023), e che il numero di giornalisti, medici e personale delle agenzie delle Nazioni Unite che operavano nell’enclave e sono morti è infinitamente superiore a quello registato in 20 anni di guerra del Vietnam (1955-1975) o in 8 anni di guerra in Iraq (2003-2011). Più precisamente, sono stati uccisi 50 giornalisti in 45 giorni a Gaza, 11 di loro nell’esercizio delle loro funzioni: uno dei numeri di vittime più alti di questo secolo.

L’atteggiamento dei governi occidentali nei confronti dello spettacolo di un massacro sostenuto politicamente e militarmente, giustificato e manipolato dai loro media e trasmesso in diretta, ha ampliato come mai prima la distanza esistente tra l’Occidente e il Sud del mondo, perfino nelle metropoli occidentali, in alcune delle quali le manifestazioni di sostegno alle persone massacrate sono vietate e criminalizzate. All’improvviso è diventata evidente la negazione del principio di uguaglianza tra gli esseri umani praticato dall’Occidente allargato. E con quella negazione si è mostrata chiaramente la compatibilità dei “valori europei” e di tutto il repertorio semantico sulla democrazia e i diritti umani. La memoria storica del Sud ha ricordato a Gaza che il colonialismo ha esteso la sua “civilizzazione” a forza di genocidi perfettamente compatibili con l’Illuminismo, la separazione dei poteri e il parlamentarismo. Lo specchio della memoria storica europea ha ricordato anche la coesistenza dell’umanesimo rinascimentale con le guerre di religione e quella di Auschwitz con la “grande cultura” tedesca. In Germania e in Francia, i successori e i discendenti di Hitler e Pétain – così come nell’insieme dell’establishment dell’Unione Europea un intero esercito di politici, funzionari e uomini della comunicazione – hanno voltato le spalle alla realtà del genocidio in un modo che ricorda il conformismo apparso con l’ondata genocida degli anni Trenta e Quaranta. Per colmo di incongruenza, l’attuale sostegno a Israele e la corrispondente islamofobia si basano sulla responsabilità del giudeicidio di quel tempo. Questo suicidio morale suggerisce che la continuazione di quella famigerata serie storica è perfettamente possibile oggi e ha un futuro.

Il comportamento dei governi occidentali, dei loro mezzi di comunicazione e di propaganda contiene un chiaro avvertimento su come la parte privilegiata di questo mondo può risolvere il vicolo cieco in cui il sistema capitalista ci ha condotto in questo secolo. In assenza di “nuovi mondi” verso cui esportare surplus demografici e metabolismi vitali insostenibili e incompatibili con il principio di uguaglianza tra gli esseri umani, l’orizzonte che si disegna è una “Gaza planetaria”. Si tratta di creare isole del benessere e del diritto, rigorosamente protette da eserciti e armate per, diciamo, il 20 per cento della popolazione mondiale, e di confinare il resto delle persone in aree umanamente e ambientalmente disastrose. Come osservava Immanuel Wallerstein, questo non è un piano molto diverso da quello che avevano in mente Hitler e i suoi contemporanei. Per chi tentasse la fuga da quelle zone ci saranno muri, proiettili e naufragi. Questo è ciò che mostrano, come anticipazione della grande emigrazione ambientale che ci attende, i 28.000 morti registrati nel solo Mediterraneo a partire dal 2014. Se questo modello funziona politicamente e nei media per quel che accade in Palestina, può funzionare anche ad altre latitudini e situazioni che verranno.

Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha fatto riferimento a questo nel sottolineare che “ciò che il barbaro potere militare del nord ha scatenato contro il popolo palestinese è il preludio di ciò che scatenerà contro tutti i popoli del Sud del mondo quando, in conseguenza della crisi climatica, saremo rimasti senza acqua; il preludio di ciò che scatenerà l’esodo di persone che, a centinaia di milioni, cercheranno di andare dal sud al nord”. Il genocidio di Gaza, ha detto il filosofo italiano Franco Berardi “è l’epicentro di un cataclisma che dividerà il genere umano: il sud del mondo e le periferie delle metropoli occidentali circondano la cittadella bianca con un muro di odio che alimenterà vendetta nei mesi e negli anni a venire. Questo evento inaugura il secolo della resa dei conti tra razza coloniale e mondo colonizzato. Israele è l’avamposto del razzismo colonialista nel mondo.


Fonte e versione originale in spagnolo: Ctxt

Traduzione per Comune-info: marco calabria

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAcolonialismoisraelepalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele e Turchia premono sulla Siria del Sud-Ovest e del Nord-Est

In queste giornate di repentini cambiamenti vogliamo fare il punto con Eliana Riva, caporedattrice del giornale di informazione Pagine Esteri, rispetto a due elementi di particolare pressione sul territorio siriano, ossia Israele da un lato e la Turchia dall’altro.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kobane pronta a resistere all’imminente invasione guidata dalla Turchia

Le Forze Democratiche Siriane (SDF), martedì, hanno lanciato un duro monito contro l’imminente invasione di Kobane da parte della Turchia. Sottolineando la storica resistenza della città, le SDF hanno giurato di difenderla insieme al suo popolo, facendo appello alla solidarietà internazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la Turchia ammassa le truppe al confine e bombarda Kobane

Siria. La Turchia continua ad ammassare truppe al confine per invadere con le sue milizie jihadiste la città di Kobane, simbolo della lotta anti-Isis e della rivoluzione confederale del nord-est siriano. Da questo martedì 17 dicembre in corso anche bombardamenti di artiglieria sulla città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gli USA minacciano la Siria: via le sanzioni solo se Damasco abbandonerà Teheran

Caduta Aleppo, si combatte intorno a Hama. Ieri migliaia di miliziani di Ha’yat Tahrir al Sham (Hts) e di altre formazioni jihadiste appoggiate dalla Turchia hanno ripreso ad avanzare verso la città un tempo roccaforte dell’islamismo sunnita. Incontrano la resistenza delle forze governative che sembrano aver in parte ricompattato i ranghi dopo il crollo ad […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Oltre 800 banche europee investono 371 miliardi di euro in aziende che sostengono gli insediamenti illegali in Cisgiordania

La Coalizione Don’t Buy Into Occupation nomina 58 aziende e 822 istituti finanziari europei complici dell’illegale impresa di insediamenti colonici di Israele.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: jihadisti filo-turchi entrano ad Aleppo. Attacata anche la regione curda di Shehba

In Siria a partire dal 27 novembre, milizie jihadiste legate alla Turchia hanno lanciato un’offensiva dalla regione di Idlib e raggiungendo i quartieri occidentali di Aleppo. Come sottolinea ai nostri microfoni Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica, l’Esercito nazionale siriano, responsabile di attacchi nella regione di Shehba, è strettamente legato ad Ankara. Questo gruppo, che […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale: l’opposizione al governo Meloni si fa nelle piazze

Qualcosa oggi è successa. Lo sciopero lanciato da CGIL e UIL ha parzialmente travalicato gli apparati sindacali ed ha aperto uno spazio di partecipazione, ancora politicamente frammentata, nella contrapposizione al governo Meloni. A fronte dell’eterno Aventino delle opposizioni istituzionali parti di società hanno occupato le piazze e questa è una buona notizia. Ci saranno sviluppi […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

29 novembre: sciopero generale

Proponiamo di seguito una rassegna di approfondimento verso lo sciopero generale del 29 novembre a partire dalle voci collezionate durante la settimana informativa di Radio Blackout

Immagine di copertina per il post
Contributi

Torino Per Gaza aderisce al corteo del 29 Novembre

Condividiamo il comunicato di Torino Per Gaza: Il 29 novembre anche Torino per Gaza parteciperà al corteo sindacale previsto alle 9.00 da piazza XVIII Dicembre.Riconosciamo la necessità di mettere al centro la questione del lavoro, dei tagli ai servizi e del progressivo impoverimento che le persone stanno subendo come conseguenza alla scelta del nostro governo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”: Esecuzioni sommarie, fame e sfollamenti forzati da parte dell’esercito israeliano nel Nord di Gaza

La squadra sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato strazianti episodi di uccisioni sommarie ed esecuzioni extragiudiziali di civili da parte di soldati israeliani, eseguite senza alcuna giustificazione. Fonte: English version Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 17 novembre 2024Immagine di copertina: Il fumo si alza da un edificio residenziale dopo un attacco israeliano a Beit […]