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VoiceCorner: ripartire dal Globalmay!

I movimenti in Quebec, Stati Uniti, Messico sono stati i protagonisti di questo maggio, ma anche nella Spagna del #12#15m e nella 4 giorni di Francoforte si sono avuti momenti che, sebbene non siano riusciti (per limiti di diverso tipo) a creare quell’onda europea di mobilitazione necessaria in questa fase, sicuramente testimoniano una vitalità dei movimenti del vecchio Continente.

Negli Stati Uniti la giornata del primo maggio era quella più interessante, poiché metteva in campo quella pratica di sciopero generale autorganizzato che da sempre negli States è spauracchio per le èlites; di fatto il meccanismo della rappresentanza sindacale, il suo rapporto con il movimento è una delle variabili più interessanti del movimento Occupy. Ci illustra questa dimensione Felice Mometti, esperto conoscitore della realtà statunitense e collaboratore di Radio Onda d’Urto, con un intervento tratto dall’iniziativa “What’s up, Occupy?” organizzata dal C.U.A. di Bologna.

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Con Gigi Roggero invece ci soffermiamo su un altro aspetto del movimento Occupy, ovvero la sua capacità di uscire da un movimento tutto incentrato sulla politica interna per collegarsi al movimento transnazionale che ne moltiplichi le forze utili per poter essere incisivi anche in patria. Anche questo intervento è tratto da “What’s up, Occupy?”

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In Italia il contesto sembra invece ancora abbastanza freddo, nonostante il consenso al governo Monti sia visibilmente calato (il voto a Grillo lo testimonia) ed alcune giornate di lotta come la contestazione torinese a Fassino, quella napoletana ad Equitalia, quella di Brescia alla commemorazione ufficiale di piazza della Loggia, ma anche la bagarre sulla gestione delle conseguenze del terremoto in Emilia e sulla parata del 2 giugno, mostrino prime scintille da cui ripartire nella costruire di un’opposizione sociale al governo delle banche.

Riportiamo alcune voci prese a Bologna durante la Take the Square Parade organizzata dal Collettivo Universitario Autonomo: voci che testimoniano da un lato la condizione sempre più precaria dell’universo giovanile, dall’altra l’insofferenza crescente verso il governo dei banchieri. Un governo che sarà impersonificato dalla presenza dello stesso Monti a Bologna il 16 giugno alla festa di Repubblica.

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Altra dimensione importante è quella della Spagna, in cui la lotta del movimento delle acampadas si è tornata ad esprimere con forza nei confronti del governo Rajoy, le cui difficoltà nel gestire le contraddizioni di una crisi che si era promesso di risolvere a colpi di politiche di tagli ed austerity si manifestano senza sosta. Il 12 e il 15 maggio tantissime persone sono tornate nelle strade. Abbiamo sentito cosa ne pensa Adrià, studente di Barcellona e militante del Knowledge Liberation Front, poche ore dopo l’importante sciopero dell’insegnamento del 22 Maggio.

  • Che ruolo sta il giocando il movimento 15m alla luce dell’esito straordinario dello sciopero dell’insegnamento?

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  • Il movimento studentesco può rappresentare un connettore dei saperi che si trasmettono dentro il 15m e diventare motore di proposta politica per lotte più ampie?

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  • Che prospettive di rilancio si sta dando il movimento a Barcellona dopo le mobilitazione continue sorte dopo il 29 marzo e la linea dura adottata dal governo? 

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Hacktivism, azione diretta in rete, sabotaggio informatico, mediattivismo, hacking, attivismo 2.0, citizen journalism, clicktivism. Un vortice di termini che sempre più ritroviamo nel vocabolario con cui, ad ogni latitudine, i movimenti globali dalla Tunisia a Wall Street stanno costruendo il loro discorso e le loro pratiche di contrapposizone alla crisi. Ma cosa significano esattamente questi termini? Quali sono le differenti forme e tattiche di attivismo in rete praticate oggi? Quali sono le loro origini storiche e culturali? Ne abbiamo parlato con Arturo di Corinto, autore de “I nemici della rete” ed “Hacktivism”, giornalista di Repubblica esperto di tematiche digitali ed hacktivista della prima ora fin dagli anni ’90.

Ascolta l’intervista ad Arturo di Corinto

In conclusione possiamo dire che il rifiuto dell’austerity e della gestione di parte delle conseguenze della crisi senza dubbio è presente e si esprime, oltre che nelle mobilitazioni descritte sopra, anche in forme non immediatamente di piazza. Il dato delle ultime consultazioni elettorali europee ne è prova evidente; la crisi della rappresentanza si aggrava sempre più e vengono sempre più a galla le contraddizioni tra un èlite sempre più arroccata nel mantenimento dei propri privilegi e un corpo sociale sempre più conscio dell’impossibilità che quelle èlites possano offrire una soluzione ai loro problemi. Da qui ripartiamo nel post-#globalmay: dalla necessità di insistere sulla costruzione di meccanismi di autorganizzazione sociale che, come dimostrato dalla grande solidarietà dal basso verso le popolazioni terremotate, possono essere in grado di costituire la vera exit strategy da questa crisi.

 

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