Acqua di montagna: la salute ci guadagna?
Con questo articolo dal titolo amaro desideriamo dare spazio al sit in organizzato a Bussoleno dal Comitato L’Acqua SiCura di venerdì 24 gennaio. Il tema è quanto mai alla ribalta delle cronache e mette di fronte a un paradosso sconcertante. Quello che dovrebbe essere un fatto chiaro e naturale, vale a dire la purezza dell’acqua di montagna, pare in realtà essere divenuto un ricordo di tempi passati.
Parliamo di PFAS, un acronimo tanto inquietante quanto fastidioso da pronunciare. Parliamo di sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate. Parliamo degli “inquinanti eterni”: sostanze di sintesi non esistenti in natura, caratterizzate da catene di fluoro e carbonio, da alta persistenza e pervasività. Il loro rilascio in natura avviene in ogni fase, dalla produzione, all’uso sino allo smaltimento, tanto che abbiamo finito col trovarcele ovunque e ovviamente anche dentro di noi.
Secondo una recentissima campagna indipendente di analisi di Greenpeace, che ha esaminato l’acqua del rubinetto di tutta Italia, i PFAS sono presenti nel 79% dei casi. Livelli alti si riscontrano soprattutto al nord (con Piemonte e Veneto a guidare la classifica) e il luogo con maggiore concentrazione di PFOA, sostanza decretata cancerogena, è risultato essere proprio Bussoleno, in Val Susa. Anche altri luoghi della valle mostrano livelli importanti di queste sostanze perfluoralchiliche, creando allarme e attivazione da un anno a questa parte.
É proprio in questo frangente che nasce il Comitato L’Acqua SiCura, comitato di cittadini che chiede che venga effettuata un’indagine indipendente sulle cause e sulle fonti di inquinamento, indagine che dovrebbe essere affidata al CNR. L’obiettivo del sit in, partecipato da tantissime persone, è stato proprio quello di informare i residenti della valle, per tenere alta l’attenzione e mettere pressione sulle amministrazioni locali al fine di ottenere tale indagine.
Il Comitato L’Acqua SiCura nel comunicato stampa diffuso in vista dell’iniziativa scriveva: “ Le analisi di SMAT e quelle di Greenpeace portano a 25 i comuni della Val Susa interessati dall’inquinamento. Il record italiano di PFOA di Bussoleno è l’ennesima conferma di una situazione inaccettabile per la salute degli abitanti e per l’ambiente naturale di una valle alpina. Adesso basta attese e rinvii, SMAT e ATO forniscano tutti i dati in loro possesso. Vogliamo analisi di ARPA nei cantieri, nelle grandi opere legate al TAV, nei siti di deposito materiali e smaltimento illegale di rifiuti e su ogni altra possibile fonte di contaminazione delle acque. Subito una indagine indipendente affidata dalle Unioni Montane al CNR”.
Vista l’ottima riuscita di questo momento verranno organizzati ulteriori appuntamenti pubblici informativi insieme a tecnici ed esperti, inoltre il Comitato ha richiesto un incontro con la Sindaca di Bussoleno per capire come intende muoversi per affrontare la situazione. L’obiettivo della mobilitazione è la messa al bando dei Pfas, la bonifica dei siti già individuati come contaminati, risalire alle cause di un’incidenza così importante in Val di Susa oltre ad avere accesso ai dati rispetto alle analisi e del monitoraggio. Infine, vista la presenza massiccia e invadente in tutta la Valle di grandi cantieri, stradali, autostradali e ferroviari, viene preteso un maggior controllo sui siti di stoccaggio dei materiali inerti, sulle aree a rischio sversamento illecito.
Riportiamo di seguito un commento audio di Valeria, un’esponente del Comitato L’Acqua SiCura.
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