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Assemblea regionale di Confluenza Sabato 12 luglio a Mazzé: “Il destino dell’agricoltura e del suolo in Piemonte: tra agri-fotovoltaico e nucleare”

Il progetto di rete territoriale Confluenza invita a una giornata di incontro regionale in Piemonte sul tema della transizione energetica e su come essa abbia già delle conseguenze materiali sui territori. In Piemonte siamo di fronte a un doppio binario: la prospettiva riguardante una modifica della natura di molti terreni, da suolo disponibile a strumento di produzione energetica attraverso impianti fotovoltaici e agrivoltaici e la questione dello smaltimento e della bonifica di scorie e centrali nucleari. La crisi agricola diventa una realtà alla quale occorre volgere l’attenzione oggi, anche a fronte della totale indifferenza da parte del Governo, nonostante le proteste degli agricoltori. Sappiamo che i benefici della transizione energetica non finiranno nelle tasche dei cittadini ma in quelle delle multinazionali, così come sappiamo che l’inganno del nucleare sostenibile è già smentito in partenza: nella nostra regione infatti ancora si deve affrontare lo smaltimento delle vecchie centrali e non si è ancora trovata una soluzione per il Deposito di Scorie Nucleari a livello nazionale.  

Si invita a partecipare a una giornata di confronto su questi temi SABATO 12 LUGLIO a partire dalle ore 9.30 a Mazzé presso il Palaeventi in Strada Provinciale di Mazzè, 10035 Mazzè TO. La giornata si concluderà con una cena e musica popolare.

Si prega di compilare il FORM qui per avere indicazioni sulla partecipazione e organizzare al meglio l’accoglienza. 

INDIZIONE dell’ASSEMBLEA REGIONALE SABATO 12 LUGLIO ORE 9.30 A MAZZE’ 

La transizione energetica applicata ai territori assume i contorni di un processo che ha come unico obiettivo produrre energia come se fosse una merce seguendo il mantra del “cambiamento”. In Piemonte nello specifico siamo di fronte a un doppio panorama. Da un lato, la probabile prospettiva che riguarderà la trasformazione dei terreni da produttori di cibo a suolo da occupare per la produzione di energia attraverso impianti fotovoltaici e agrivoltaici. Dall’altro lato, un passato che non passa e che riguarda lo smaltimento e la bonifica di scorie e centrali nucleari. 

Ci troviamo dunque di fronte a una doppia sfida per la quale occorre preparare il terreno, in tutti i sensi del termine, per non farci trovare impreparati in un contesto più generale di economia di guerra. 

Nel silenzio assordante della politica in alcune zone della regione stanno iniziando espropri di terreni agricoli in favore della costruzione di nuovi impianti energetici, nello specifico per le centraline considerate “opere di interesse strategico nazionale”, e allo stesso tempo assistiamo alla vendita di terreni ad aziende private che offrono cifre esorbitanti pur di ottenere la proprietà di suoli ancora fertili o funzionali all’agricoltura per renderli produttori di energia. La Regione Piemonte non ha ancora varato la legge regionale per le Aree Idonee ma sono uscite le indicazioni del GSE per supportare la pianificazione locale di Regioni e Province. Nella prima fase di concertazione con le associazioni di categoria e associazioni ambientaliste la Regione ha ricevuto alcune tiepide osservazioni da parte di Legambiente e alcune ben più sostanziose da parte di Pronatura. Questa manovra avviene in un momento in cui la crisi agricola a livello nazionale è galoppante, anche a seguito delle indicazioni della nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria) che ha visto la protesta di molti agricoltori, anche nelle nostre zone. Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida non ha dato risposte, anzi, è stato contestato dagli agricoltori perché non vengono proposte soluzioni ai debiti e alle aziende agricole che chiudono senza alcuna prospettiva. La necessità di chi si trova a dover fronteggiare queste situazioni è quella di avere sostegno da parte di chi detiene il sapere tecnico scientifico per opporsi a questo triste e ingiusto destino ma, più in generale, vi è anche la necessità di sviluppare nuove possibilità che favoriscano i piccoli impianti, per l’autoconsumo e per l’autoproduzione energetica, oltre all’utilizzo di superfici già impermeabilizzate e cementificate per un processo di reale pannellizzazione democratica. 

La favola della transizione energetica che andrà a beneficio delle bollette dei cittadini è già smentita in partenza dal momento che la transizione come sta venendo progettata e applicata privilegia gli interessi di multinazionali e l’estensività degli impianti, anteponendo l’obiettivo di produrre sempre più energia (e profitto) a tutto il resto. Questa tendenza è evidente anche nella narrazione del Governo che vorrebbe sdoganare il nucleare come energia pulita e sicura: nella nostra regione, ma non soltanto, ancora si deve affrontare lo smaltimento di vecchie centrali e, a livello nazionale, non si è ancora trovata una soluzione per il Deposito ei fu Unico Nucleare (che non vedrà mai luce) ma si ha il coraggio di parlare di “nucleare di ultima generazione” (inesistente) e di small reactor ossia piccoli reattori che dovrebbero provvedere al sostentamento energetico della produzione a livello nazionale. Immaginiamo in uno scenario bellico generale sempre più alle porte delle nostre case cosa potrebbe significare puntellare il territorio di obiettivi sensibili. Immaginiamo anche cosa dovrebbe significare mettere in sicurezza (con quali soldi?) le centrali e i territori in cui dovrebbero sorgere, laddove le nocività ad esse connesse sono una realtà concreta e tangibile già oggi per molte zone del Piemonte. 

La nuova linea del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Pichetto Fratin è quella di mantenere le scorie radioattive nei depositi già esistenti, compresi i materiali ad alta intensità destinati a rientrare da Francia e Regno Unito entro il 2025. Pensiamo quindi al chivassese, al vercellese, all’alessandrino dove le scorie ci sono e il rischio per le falde acquifere e per l’ambiente, a causa degli scarichi di radioattività in aria e in acqua, continua a essere presente perché mai affrontato negli anni in maniera seria, anzi, si è andato a sommare a tutti gli altri inquinanti e nocività che molto tipicamente si concentrano in quelle che vengono ad assumere la natura di zone da sacrificare perchè ormai imbonificabili: pensiamo alla Val Bormida o a Spinetta Marengo. Ormai oltre dieci anni fa Pronatura formulava una denuncia in base a quanto emergeva dall’annuario Ispra che evidenziava come a Saluggia fossero stoccati rifiuti provenienti da Olanda e Canada, e non in maniera temporanea. La Regione Piemonte, da sola, ospita oltre il 96% dei rifiuti radioattivi italiani e i siti piemontesi sono considerati a elevato livello di rischio. 

In barba a tutto questo il Governo semplifica e accelera le normative : il MASE a febbraio 2025 ha approvato un disegno di legge per conferire una delega all’Esecutivo sul nuovo nucleare sostenibile. Il Ministro Pichetto Fratin in quell’occasione ha messo un tassello per rendere più immediata una prospettiva che metta il nucleare al centro della ricerca e della produzione energetica, celandosi dietro il gigantesco inganno del “nucleare sostenibile di ultima generazione”, che tutti i tecnici e i fisici ribadiscono essere inesistente, unendolo alle rinnovabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e sicurezza energetica delineati dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), aprendo a un orizzonte in cui – a colpi di decreti – si andrà a  ristrutturare tutta la legislazione in materia di nucleare. La semplificazione delle norme (e l’imposizione dunque) è un atteggiamento generale che risulta evidente anche nella decisione di rendere inefficaci le osservazioni della VIA (Valutazione Impatto Ambientale) per opere considerate di interesse strategico nazionale (in cui rientrano le grandi rinnovabili e tutta la materia relativa al nucleare e al militare) togliendo uno strumento utile alle associazioni e ai cittadini per opporsi e prendere tempo nelle decisioni contrarie all’interesse dei territori.

Non da ultimo, il quadro generale si offusca a causa delle guerre in corso e, soprattutto, a seguito della decisione dell’Unione Europea di puntare sul riarmo a ogni costo: vedremo innumerevoli conseguenze anche sui nostri territori. Questo sta già avvenendo con il reindirizzamento da parte della Commissione europea di parte dei fondi di Coesione verso il rafforzamento della Difesa comune che rischia di compromettere il sostegno ai territori e con tutte quelle piccole opere che danno priorità alla produzione di energia per un futuro e obiettivi poco chiari ma sicuramente non pacifici. Anche dai nostri angoli di provincia assistiamo alla conversione bellica: le esercitazioni militari in Baraggia, riserva naturale protetta, impattano ciclicamente sul territorio e, a partire dagli investimenti che fanno di Torino città laboratorio per la ricerca militare e nella produzione bellica, si avranno importanti conseguenze nella riarticolazione del territorio circostante che verrà considerato hub della logistica di guerra, utile al sacrificio in nome della Difesa. In questo senso il TAV come corridoio militare non è che il più mostruoso esempio della devastazione di un’intera Valle, di un impoverimento e di una crisi sociale ed economica che nessun riarmo potrà mai colmare, anzi. 

Queste le sfide che pensiamo si pongano oggi a chi abita la nostra regione, per questi motivi invitiamo tutti coloro che si interrogano su queste o altre questioni a incontrarci per un momento di confronto pubblico sabato 12 luglio dalle ore 9.30 presso il Palaeventi di Mazzé Strada Provinciale di Mazzè, 10035 Mazzè TO. 

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