Il caso di corso Belgio a Torino: un esempio di transizione verde fallita.
In corso Belgio dalla primavera del 2023 è nata un’attivazione spontanea per la difesa di un’alberata composta da 241 aceri che, secondo il Comune di Torino, dovrebbero essere abbattuti per lasciare spazio a un “rifacimento di look” del quartiere. A seguito di questa introduzione tematica verranno pubblicati alcuni comunicati stampa del Comitato Salviamo gli alberi di Corso Belgio, per tenere traccia della vicenda.
L’esperienza dei residenti di Corso Belgio e di altri cittadini, costituitisi in comitato per darsi la possibilità di organizzare la tenuta della mobilitazione, si è articolata su differenti piani. Innanzitutto, il piano giuridico, sul quale il Comitato si è mosso nominando un’avvocata per portare avanti un ricorso d’urgenza davanti al giudice ordinario, con l’obiettivo di ottenere la sospensione del progetto di abbattimento dell’alberata. Parallelamente si è data grande importanza al radicamento territoriale attraverso alla proposta aggregativa grazie all’organizzazione di momenti di socialità, di festa, di incontro nel quartiere grazie all’istituzione del presidio permanente a seguito del primo tentativo di abbattimento degli alberi, bloccato dai residenti il 26 giugno dell’anno scorso a suon di tamburi e passeggini. In conseguenza, è stato organizzato un piano di monitoraggio popolare, che consiste in un’attivazione costante per restare vigili su ciò che succede in quartiere e per intervenire in caso di necessità, come avvenuto il 6 e il 20 febbraio in occasione dei blitz militarizzati per eseguire il taglio di 17 aceri considerati più a rischio di altri secondo l’ottica emergenziale e propagandistica del Comune di Torino. Infine, il piano del sapere, ossia della riappropriazione dal basso di conoscenze scientifiche e tecniche, grazie al confronto con l’agronomo scelto dai ricorrenti come perito: i cittadini stanno partecipando all’analisi degli alberi in questione, e tutto ciò ha aperto una riflessione profonda in merito al concetto di “verde in città”.
Questa lotta è rappresentativa di alcuni concetti centrali oggi, posti in contraddizione da una volontà politica miope nei confronti di una prospettiva sostenibile della riproduzione sociale: da un lato la salute, che non può prescindere dalla tutela dell’ambiente, degli ecosistemi, dei territori e dunque di chi li abita, dall’altro una certa tecnica, intesa come ambito distante dalla realtà, legittima di per sé e che, tendenzialmente, impone processi in direzione contraria al desiderio di una vita sostenibile. Molto spesso questo genere di sapere viene utilizzato da funzionari e consulenti per legittimare operazioni che non contemplano la salvaguardia dei territori, nel nome di un progresso che non coincide con i bisogni reali di questi. La politica infine, in qualità di istituzione che decide sovradeterminando le scelte di chi abita questi luoghi, fa uso del concetto di “sicurezza”, in un’ottica di persuasione, di imposizione e come strumento per suscitare paure irrazionali verso ciò che non è familiare, compresa la “natura”. La contraddizione tra salute e un certo tipo di tecnica, asservita a logiche di profitto, apre spazi di possibilità, grazie all’attivazione di coloro che, in contrapposizione a questi progetti, vogliono riappropriarsi di un sapere scientifico e tecnico costruito a partire da altre basi, da altre priorità.
La garanzia di un futuro a medio termine in cui poter sopravvivere in maniera accettabile è schiacciata nel ricatto che questa tecnica, assicurata dalla sicurezza, stringe attorno alle questioni che riguardano la vivibilità dei territori e la tutela della propria salute. Il processo generale in corso, reso chiaro da queste lotte, si articola su un piano in cui la dimensione di una certa tecnica è avulsa dalle condizioni reali e oggettive dei territori in quanto sottomessa alla legge del profitto, in un panorama in cui la gestione delle risorse da parte degli ultimi anelli della catena, quali sono le amministrazioni comunali, è vincolata agli enormi buchi di bilancio e a sporadiche iniezioni di finanziamenti a singhiozzo, sottoforma di bonus a rendere, come il PNRR o altri fondi europei. Il tutto condito da una generalizzata incapacità politica, nel senso più profondo del termine, da parte chi gestisce la “cosa pubblica” nel tenere in considerazione un ragionamento che vada oltre la banale esigenza di fare quadrare i conti senza alcuna lungimiranza. Ma anzi, che fa uso della forza.
L’esempio di quanto avvenuto in corso Belgio il 6 e il 20 febbraio, quando il Comune di Torino ha proceduto al taglio di 17 alberi, legittimato dalla propaganda sui temi dell’emergenza e della “sicurezza”, accompagnato da un apparato poliziesco e logistico totalmente immotivato, è lampante di questa gestione rapace e violenta che si fa scudo della tecnica piegata alle priorità di bilancio, atta a escludere qualsiasi possibilità di confronto. Una tecnica che inventa soluzioni estetiche (il rifacimento del look) e di greenwashing (la sostituzione delle alberate “a fine ciclo”), nonostante lo scenario del cambiamento climatico, del peggioramento dell’inquinamento di aria e suolo, della scarsità d’acqua, con effetti conclamati sulla salute, del deterioramento delle relazioni sociali determinate da spazi urbani asettici e inattraversabili.
A fronte di questo totale rifiuto di dialogo che implica l’esclusione dalla partecipazione si colloca invece una tensione popolare da valorizzare e far crescere, che ricerca una possibilità differente, guidata da una volontà conservativa del patrimonio “verde” cittadino e non solo, da una riappropriazione dei territori e della loro cura e salvaguardia, e da una volontà di reale partecipazione dal basso. Come unica possibilità per praticare una diversa ecologia, che si muova in uno spazio reso ostile dalla politica per le trasformazioni imposte dall’alto e lontano dalle esigenze. Un’attivazione che, allargandosi e facendo rete, potrebbe aprire a scenari interessanti, capaci di inceppare il meccanismo di delega a chi detiene un sapere spesso inaccessibile e che fa gli interessi di altri, utile ingranaggio di un sistema nichilista destinato a estinguersi.
Prosegue con pubblicazione dei comunicati stampa del Comitato Salviamo gli Alberi di Corso Belgio.
1464 ore di presidio ininterrotto: a Torino sono tornati i “bogianen”
Dal 26 giugno 2023: tutti i numeri dei primi due mesi di attivismo del Comitato Salviamo gli alberi di corso Belgio, per difendere gli aceri sani dal taglio
26 giugno 2023: una settantina di persone si raduna, a partire dalle 6 di mattina, nell’area di corso Belgio tra via Andorno e via Cossila. Un manifestante sale su un albero davanti al civico 55, un altro – una decina di metri più avanti, verso corso Tortona – si incatena a un acero.
Quando arrivano gli operai per l’annunciato taglio degli alberi del primo lotto, compreso tra corso Tortona e via Andorno (lato cinema Fratelli Marx), questo gruppo fatto di donne e uomini, bambini, giovani e anziani, si frappone pacificamente tra l’alberata e la squadra dell’assessorato al Verde.
Sotto lo sguardo attento della Digos e la curiosità dei passanti, il suono di un tamburo ricorda a tutti il ritmo del cuore e la connessione tra Cielo e Terra che gli alberi consentono.
Alla fine gli operai se ne vanno. Potrebbero tornare: dalle ore 11, si comincia a organizzare un presidio permanente in corso Belgio angolo via Cossila e si raccolgono i primi turni per garantire una copertura h. 24.
E’ iniziato tutto così; il 26 agosto 2023, alle 10:59, si sono conclusi i primi due mesi del presidio che si possono riassumere in questi dati:
- 1464 ore ininterrotte di presenza attiva
- 610 turni coperti (durata: da 2 a 6 ore)
- 10 assemblee, per un totale di circa 30 ore di confronto comunitario.
Numeri da veri “bogia nen” (in italiano, letteralmente, “non ti muovere”), nell’accezione positiva e costruttiva di questo soprannome che – storicamente – rimanda a un temperamento caparbio, capace di affrontare le difficoltà con fermezza e determinazione.
Gli aderenti al Comitato, che nel suo “zoccolo duro” riunisce circa un centinaio di cittadini, non si sono limitati a una presenza statica al presidio ma hanno intrapreso varie attività; tra le principali:
- adesione al gruppo cittadino “Resistenza Verde”;
- raccolta documentazione sull’impatto della presenza degli alberi sul benessere fisico e psicologico dei cittadini;
- realizzazione di una Proposta partecipativa che non sacrifichi la vita di nessun albero sano e migliori su tutti i fronti le condizioni ambientali e il benessere delle persone;
- attenzione e documentazione dello stato delle alberate di Torino;
- supporto e indirizzo a cittadini di altre zone, preoccupati del taglio degli alberi sul loro territorio;
- realizzazione di una mappa concettuale per i cittadini che, ovunque in Italia, vogliano organizzarsi per difendere il loro patrimonio arboreo;
- analisi della situazione e collaborazione con i cittadini di corso Umbria, dopo l’intervento di ‘riqualificazione’ e taglio degli alberi che ha interessato quella via;
- innaffiatura serale periodica degli alberi, con approvvigionamento idrico dai toret, in corso Belgio e in altre zone del quartiere;
- creazione di una rete di 49esercizi commerciali – nell’area Vanchiglia e Vanchiglietta ma non solo – che raccolgono firme cartacee per la petizione contro il taglio degli alberi:
- firme cartacee, al 23 agosto: 4887
- a cui si aggiungono le firme della petizione su Change.org, al 23 agosto: 5599;
- intervento di guerrilla gardening,1 aiuola realizzata a fianco del presidio, sull’angolo con via Cossila:
- 12,5 metri quadrati di superficie
- 1000 litri circa di terriccio
- 70 piantine (di cui una decina portateci dai residenti in zona), tra cui: gerani, rosmarino, peperoncino, menta, bella di notte, erica, portulaca, varie specie di piante grasse, fiori per giardino roccioso, salvia;
- misurazione temperature in corso Belgio e corso Chieti con il termoscanner laser, per identificare le isole di calore;
- apertura e gestione gruppo Facebook “Salviamo gli alberi di corso Belgio – Salviamo gli alberi di Torino”, che conta 2705 iscritti (al 23 agosto);
- apertura pagina Instagram;
- oltre 7500 volantini distribuiti;
- Invio di n. 7 comunicati stampa.
Bogianen di fatto e anche nelle intenzioni: il Comitato infatti è favorevole ai generali criteri di effettiva riqualificazione (rifacimento delle banchine, eliminazione delle barriere architettoniche, installazione di panchine e stalli bici, piantumazioni nelle fallanze) ma con un fermo NO all’abbattimento di anche un solo albero che non si trovi in condizioni di effettiva criticità.
Petizione: https://www.change.org/p/salviamo-gli-alberi-di-corso-belgio
Gruppo Fb: https://www.facebook.com/groups/622141396251622
Pagina IG: @salviamoglialberi_corsobelgio
Sito: cutt.ly/salviamoglialberi
Altri 14 aceri abbattuti: il Comune non attende l’udienza fissata a breve dal Giudice
Né gli scoiattoli sfrattati, né l’udienza fissata dal Giudice tra pochi giorni per esaminare la richiesta di sospensione degli abbattimenti depositata dai ricorrenti, arrestano le motoseghe comunali in corso Belgio, scortate di nuovo dalle FF.OO.
Torino, 21 febbraio 2024
Per difendere il cambiamento climatico dai cittadini che cercano di contrastarlo, opponendosi ai tagli degli alberi a non immediato rischio caduta, Lo Russo pare essersi dotato di un Assessorato al Verde Militare, coadiuvato dal perfetto silenzio degli Assessori all’Ambiente e alla Salute.
Così ieri, martedì 20 febbraio, corso Belgio si è svegliato per la seconda volta invaso da un grande dispiegamento di uomini di tutti i corpi delle forze dell’ordine, in numero maggiore di due settimane fa, proporzionato all’aggravarsi della situazione agli occhi dell’Amministrazione. Nei giorni scorsi i ricorrenti hanno infatti osato troppo, depositando in Tribunale un’istanza di provvedimento cautelare per la sospensione degli abbattimenti, supportata dalla controperizia dell’agronomo e CTP Daniele Zanzi. Il Giudice ha fissato un’udienza tra pochi giorni, prima della quale il Comune ha facoltà di presentare una propria memoria.
Fino alla pronuncia del Giudice i lavori non sono formalmente sospesi, ma rispetto e correttezza verso i cittadini e il Tribunale avrebbero dovuto spingere il Comune ad attendere una pronuncia a suo favore da parte del Giudice per continuare gli abbattimenti. Ma non sia mai che la Giunta torinese più… disgiunta di tutte le precedenti dall’ecologia e dal sentire dei cittadini si fermi per un’udienza in Tribunale! Lunedì sera, a poche ore dalla notifica dell’istanza di provvedimento cautelare al Comune, sono comparsi divieti di sosta tra via Pallanza e il Lungo Po, e martedì mattina invece, furbescamente, si transenna e si bloccano gli isolati tra via Benevento e corso Tortona. Depistati i “dissidenti”, vai di motoseghe. Tocca vedere tortore terrorizzate e scoiattoli impazziti per la distruzione improvvisa della tana (si sarebbe dovuto chiamare l’Assessore alla Tutela degli Animali: peccato che sia sempre Tresso, l’Assessore al Verde Militare). Spruzzi di linfa dai rami tranciati mostrano che alcune delle piante che si abbattono erano ancora vitali, ma non importa: quattordici alberi che hanno elargito ombra, captato inquinanti e prodotto ossigeno per venti, trenta o quarant’anni vengono fatti a pezzi in meno di mezz’ora ciascuno, mentre altri subiscono potature di cui in diversi casi non si vede il senso (certamente non sono fatte nel senso dei Criteri Ambientali Minimi del DM 10 marzo 2020).
Grazie al monitoraggio popolare, anche ieri l’operazione comunale che ha sottratto al Giudice la possibilità di sospendere gli abbattimenti dopo l’udienza è stata documentata con fotografie e riprese: se per il progetto pilota di sostituzione delle alberate i tecnici avevano indicato corso Belgio anche perché periferico, il tentativo di portare a termine l’esperimento in un angolino tranquillo, monopolizzando la comunicazione e tacitando le reazioni dei cittadini non è riuscito; né quello di dipingerli come dissidenti privi di competenze.
Non ci dilunghiamo sull’impressione prodotta dall’incursione di ieri su tutti coloro la cui visione ecologica e non antropocentrica riconosce agli alberi la dignità di organismi che condividono anche con gli esseri umani il miracolo della vita e la sua sacralità… Ma i membri del Comitato non mancano di considerare anche altri aspetti, più terra terra, compreso quello meramente economico. Rimuovere anzitempo elementi del verde urbano ancora in grado di svolgere le loro funzioni ecosistemiche è uno spreco di denaro pubblico. Lo stesso dicasi per il mancato impiego di fondi React per un vero progetto di forestazione (aggiunta di nuove piante a quelle esistenti), anziché per una finta riqualificazione.
La militarizzazione di corso Belgio è un altro insensato sperpero di soldi pubblici. Aveva già suscitato sconcertoil primo, assurdo spiegamento di Forze dell’Ordine all’alba del 6 febbraio, per transennare un isolato ed eseguire tre abbattimenti. Stavolta si è preso a ridicolo pretesto il disturbo arrecato dall’orchestrina “Pentole informate dei fatti” (una decina di cittadini che lunedì 12 febbraio hanno improvvisato un cacerolazo per richiamare gli abitanti del corso a monitorare i lavori di abbattimento e potatura) per dirottare nuovamente su corso Belgio, e per un’intera giornata lavorativa, decine di uomini delle FF.OO., come se non avessero in città tutt’altri compiti, necessari e urgenti.
Il sindaco Lo Russo, che ha tuonato dai giornali contro i disturbatori, minacciando denunce e finendo per ricorrere a una manifestazione di forza, non sembra aver tratto molto frutto dai corsi di comunicazione della Fondazione Bloomberg, che mirano a incrementare l’appeal di amministratori un po’ surgelati, trasformandoli in leader carismatici e persuasivi. Lo Russo è orgoglioso di essere stato scelto come studente: dati i risultati, speriamo che i corsi li abbia pagati di tasca sua, oppure che la Fondazione Bloomberg, che vuole plasmare i sindaci di tutto il mondo secondo standard americani, gli abbia impartito i suoi seminari gratis. Altrimenti alla lista degli scialacqui di quest’Amministrazione a carico della collettività andrà aggiunto anche questo.
(Sprecare è purtroppo umano, perseverare è diabolico, se a farlo sono gli amministratori diventa danno erariale.)
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