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Torino, tangenziale est

Riprendiamo questo articolo di Maurizio Pagliassotti apparso sul sito Volere la Luna. Ci sembra importante dare visibilità alla mobilitazione contro il progetto di tangenziale est, sulle colline torinesi, perché il tema dei trasporti e della vivibilità delle nostre città e territori deve essere al centro di una proposta che comprenda le sfide dell’attualità.

Sabato 1° febbraio si è tenuto, presso il salone dei convegni del palazzo comunale di Montaldo Torinese, un affollato incontro, organizzato dal Comune. Erano presenti circa 200 cittadini che hanno discusso della paventata tangenziale est di Torino, progetto vecchio di trent’anni che ciclicamente, come un carsismo, emerge dal cassetto dei ricordi per poi inabissarsi nuovamente: una grande opera che continua ad attrarre l’interesse della politica e la resistenza dei cittadini, assai dubbiosi che un nastro di asfalto tra le verdi colline che circondano Torino possa definirsi “progresso”. L’idea che la tangenziale est di Torino possa andare oltre la fase progettuale ed entrare dentro quella cantieristica cozza dunque, al momento, con una contrarietà del territorio che sarà bene non ignorare per evitare spiacevoli situazione che il torinese non vuole rivivere.

Come sempre accaduto anche la nostra generazione fatica a comprendere e accettare il fatto che le epoche storiche finiscono e si trasformano in qualcosa d’altro che, il più delle volte, non piace. A ogni cambiamento si pone resistenza, nella speranza che il tempo torni indietro o, ancora meglio, rimanga fermo in un eterno presente. Solo con questa lettura si può spiegare l’incredibile vicenda della tangenziale est di Torino, resuscitata dopo che ne era stata dichiarata la fine qualche anno fa per manifesta inutilità e insostenibilità economica e ambientale. Oggi è tornata di moda e grandi manovre si scorgono affinché si passi dalla fase progettuale propagandistica a quella realizzativa. Un nastro d’asfalto che rovinerebbe senza possibilità di ritorno la collina ad est di Torino, luoghi magnifici che verrebbero prima demoliti a colpi di viadotti e gallerie, e poi spianati con le inevitabili speculazioni edilizie concatenate, in primis le zone industriali – ma sarebbe meglio definire logistiche, vedi alla voce capannoni – che notoriamente seguono queste infrastrutture. Poi villette, benzinai, fast food etc.: insomma tutto quanto ha già devastato la cintura di Torino (dove c’è la tangenziale) e che risponde a ogni desiderio di consumo di tutti coloro che necessitano di tali svaghi.

I proponenti, tra cui la Regione Piemonte, dicono che la tangenziale est è indispensabile e che il progetto è cambiato in senso meno impattante. Come in un eterno 1960 la classe politica locale vive in un boom economico che necessita di sempre nuove strade, ponti, gallerie, tangenziali. Ma tutto questo è finito. Per questo la tangenziale est è un assurdo economico, ambientale e sociale.

Gli interventi durante il convegno hanno messo bene in evidenza questo aspetto: oggi essere moderni significa ridurre l’impatto antropico sul territorio, non costruire nuove infrastrutture che attraggono camion, auto e traffico veicolare privato. Forse non è chiaro a tutti che il tempo dell’automobile è giunto al capolinea inesorabilmente e la mobilità, per le nuove generazioni in particolare, è qualcosa di legato al virtuale e non al fisico. L’enorme stabilimento di Mirafiori, distante pochi chilometri e semi chiuso da tempo, dovrebbe raccontare qualcosa: può non piacere, ma la storia è andata così. La guerra di dazi che si sta per scatenare semplicemente metterà un freno alla globalizzazione: sul piano locale questo significa che l’enorme quantità di capannoni industriali che fungono prevalentemente da magazzino per prodotti in arrivo dall’Asia, perderà di senso. In tale contesto pensare a un ulteriore sviluppo logistico infrastrutturale, per di più in mezzo alle colline, non ha molto senso. Ciò può dispiacere, può essere giudicato triste e barbaro, ma è ininfluente. Le nuove normative europee che colpiscono l’automobile e i gusti dei consumatori, nonché il prezzo sproporzionato delle nuove auto elettriche. rendono la tangenziale est un fossile ideologico.

Ora, sarebbe opportuno chiedere se la pianificazione economica, e territoriale, inerente le grandi opere risponde a una qualche ipotesi prospettica. In poche parole, se i proponenti si domandano «per chi costruiamo questa tangenziale tra le colline? Perché la costruiamo?». Cosa sarà di questa infrastruttura nel 2050 quando il trasporto su gomma di massa sarà, con ogni probabilità, il ricordo di persone ormai anziane? L’impatto di una tangenziale non è reversibile. A questo di solito viene risposto con delle ricadute immediate occupazionali, indubbiamente vere, nella migliore delle ipotesi. Spesa pubblica per redistribuire un po’ di ricchezza. Ma forse non sarebbe meglio investire in settori non saturi e più moderni?

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