Davide: lettera dal rojava per l’alta felicità
il Rojava sta cercando di costruire una società nuova, basata sul potere delle comuni di paese e di quartiere, che gestiscono la vita sociale in modo sempre più autonomo ed ecologico, e costituiscono cooperative dove regna la pratica dell’uguaglianza e il rifiuto della competizione tra individui. Tutto questo è stato possibile grazie al movimento organizzato Tev Dem, che ha fatto della rivoluzione il proprio unico scopo. Tante volte ho pensato a quanto il cuore di ciò che è accaduto in Val Susa in questi anni sia simile, pur nel suo piccolo, a molti aspetti di ciò che accade in Rojava. Le facce e gli atteggiamenti dei protagonisti umili e sconosciuti, ma puliti e determinati, sono così simili da Bussoleno a Qamishlo o da Chiomonte a Kobane. Vi sembrerà incredibile, ma è così.
Così come la Val Susa in Italia, anche il Rojava su un piano più grande è diventato un mito. Eppure tanto lo spirito della Valle quanto quello del Kurdistan è quello di guardare in faccia la realtà, non di perdersi in fantasticherie. Quella del Rojava è una lotta difficile e piena di problemi e limiti, che in alcuni momenti appare senza sbocchi, in altri a un passo dalla vittoria. A volte si percepisce il protagonismo delle masse popolari, altre volte si ha l’impressione che sia soltanto l’avanguardia dei più coraggiosi e dei più decisi a ricordare a tutti che la strada della resistenza non può essere svenduta al nemico, neanche di fronte ai momenti più duri. In questa come in tante altre cose le compagne e i compagni curdi devono essere per noi un esempio.
Qui in Rojava non esistono perquisizioni e arresti, ma proiettili, esplosioni, morti e feriti. Eppure i ragazzi delle Ypj e delle Ypg sono sempre interessati a sapere di ciò che accade ai compagni dei paesi che loro portano solidarietà. Ho detto loro di Giuliano e Luca, di Jacopo e Daniele, di Eddi, così come delle misure contro chi ha occupato gli uffici della Turkish Ayrlines. Pur in una situazione drammatica come questa, non mancano di esprimere interesse, di dedicare alcuni secondi della loro attenzione – persino al fronte! – alle storie di chi come loro difende la propria terra e cerca un mondo migliore.
In queste settimane si combatte una guerra durissima per liberare la grande città di Menbij, a ovest dell’Eufrate, e tagliare i ponti tra i tagliagole dello stato islamico e la Turchia, ossia tra l’Isis e il resto del mondo. A Menbij si combatte una battaglia decisiva strada per strada, casa per casa, in mezzo ai cecchini e alle mine. I morti tra gli amici sono centinaia, purtroppo, i feriti migliaia. Le Ypg stanno evacuando tutti i civili dalle zone liberate, per metterli al riparo, ma l’Isis non permette a quelli delle aree che controlla di lasciare le proprie abitazioni. La guerra è brutta. Purtroppo qui è necessaria.
Sosteniamo la resistenza del Rojava, in tutti i modi possibili: servono medici e medicinali, derrate alimentari, denaro, volontari; ma per sostenere chi è lontano è fondamentale anzitutto continuare la battaglia sulle barricate più vicine, perché tra montagne italiane e deserto siriano possono cambiare i paesaggi e le lingue, gli strumenti e le bandiere; ma la lotta è una, e l’orizzonte è lo stesso. Siamo una cosa sola, in tutto il mondo.
Un saluto e un abbraccio No Tav
Davide
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