I No Tav spiazzano le truppe ad alta velocità
Un’enorme dimostrazione di forza e di abilità strategica e comunicativa: ancora una volta la valle ribelle ha dimostrato la sua capacità di spiazzare tutti, mettendo d’accordo in tempo zero le varie componenti del movimento e cambiando strategie e modalità. Così le defezioni di alcuni sindaci e del presidente della Comunità montana Sandro Plano hanno perso di significato, almeno nel senso che la stampa «embedded» aveva voluto attribuirgli; adesso sarà difficile per chi ha sempre fatto riferimento all’esistenza di due anime del movimento – una istituzionalizzata, l’altra incontrollabile – portare avanti certi discorsi. Molti gradirebbero per esempio un parere sull’andamento della giornata da parte del parlamentare Pd Stefano Esposito, che nei giorni scorsi si è distinto per dichiarazioni di questo tenore: «È evidente che la valle è ostaggio di questi delinquenti che si sentono giustificati nelle loro azioni in parte per l’omertà che li circonda in parte per la paura che induce molti valsusini a tacere». Ma tutto questo in fondo era prevedibile.
Più difficile preventivare questa marcia inconsueta che ha visto allungarsi, quasi in fila indiana, per buona parte dei 6 chilometri che separano Chiomonte da Giaglione, un corteo passato per i sentieri che pochi giorni prima erano stati teatro di una battaglia dura e di una repressione senza sconti. Silenzio, sorrisi ironici, qualche canto lungo le recinzioni. Qualcuno ha messo addirittura dei fiori sulle reti dell’area archeologica: un manifesto ideologico più che un segno di pace, in continuità con uno degli striscioni che hanno aperto il corteo, «Resistere con dignità per esistere con gioia». Niente caschi né maschere antigas, come avevano preannunciato gli organizzatori, che oggi non era il caso.
In corteo anche alcuni rappresentanti del comitato aquilano “3e32″ per la ricostruzione post terremoto che si schiera contro il Tav come contro il ponte di Messina, perché «tutte quelle risorse sarebbe meglio destinarle alla ricostruzione, alla tutela e alla messa in sicurezza dei territori». In marcia bimbi, famiglie, anziani. Sbaglierebbe però chi pensasse che il movimento No Tav abbia deciso di mollare: smontato il campeggio verrà installato un presidio permanente e le iniziative proseguiranno per tutto il mese di agosto. A settembre, in coincidenza con l’inizio dei lavori veri e propri, la pressione tornerà a farsi intensa.
La giornata del 30 luglio consegna alle cronache un vincitore assoluto, quel popolo No Tav che continua a stupire e coinvolgere la parte di Paese che si ostina a immaginare un futuro diverso. Ha perso chi non ha avuto fiducia nelle capacità del movimento, chi si ostina a sollecitare il ricorso alla forza e alla repressione, chi non conosce modo di governare senza ricorrere in continuazione a proclami e minacce. Ma chi esce sconfitto da questa giornata è soprattutto l’informazione tradizionale: dai quotidiani che hanno fatto di tutto per «scaldare» la vigilia con inchieste sull’incremento delle vendite di articoli come maschere antigas e caschetti a Torino, fino ai telegiornali caratterizzati da servizi realizzati con il chiaro scopo di creare allarmi e timori. Le dirette web di qualche quotidiano, introdotte da toni apocalittici, con il passare dei minuti lasciavano quasi trasparire la delusione per l’andamento pacifico della manifestazione: a un certo punto, qualcuno si è aggrappato a una dichiarazione attribuita alla questura che parlava della presenza delle «frange estremiste» in chiusura di corteo. Come dire: aspettate, c’è ancora una speranza. Invece, né un sasso né un petardo.
I media mainstream non possono stare dietro a una realtà come quella della valle ribelle, perché privi dei codici e dell’indipendenza necessari a comprenderlo; molto meglio la copertura del mediattivismo, le dirette via Twitter, l’informazione diffusa dai siti indipendenti. Del resto, un movimento del genere non puoi capirlo né raccontarlo se non sei come lui, distante dal potere e dalle convenienze.
Marco Arturi (Carta)
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