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Le false rappresentazioni del p.m Rinaudo – il caso di Vincenzo

– in data 26/05/2016 il Gip del procedimento, Luisa Ferracane, emetteva misure cautelari in capo a 18 attivisti No Tav (9 misure di arresti domiciliari con firma, 9 obblighi di presentazione quotidiana per firma). A Vincenzo e Lorenzo, nonostante la richiesta di Rinaudo, non vengono date misure poiché, secondo il gip “…deve anticiparsi che l’esame degli atti consente di ritenere senz’altro sussistente un grave quadro indiziario a carico di tutti gli indagati, ad eccezione di C. Lorenzo e P.Vincenzo, in ordine ai quali ultimi, il pur attento esame del materiale video-fotografico in atti non ha consentito di raggiungere quel qualificato livello di probabilità di colpevolezza richiesto ai fini dell’applicazione delle misure cautelari richieste…”

-Al fine di sciogliere le riserve del gip, in merito all’identificazione dei due giovani, Rinaudo delega la DIGOS di Torino ad eseguire perquisizioni personali e domiciliari che avvengono il 17/06/2016. Vengono sequestrati, in tale occasione, alcuni indumenti. Rinaudo scrive che questi elementi dovrebbero  “..fornire granitica certezza circa la diretta responsabilità degli indagati rispetto la commissione degli illeciti contestati”.

– in data 21/06/2016 scatta l’operazione giudiziaria, che dal mattimo preleva gli indagati dalla propria abitazione (quelli che trova) e li porta in questura per la notifica delle misure cautelari. Nonostante il gip avesse RIFIUTATO le misure per i due giovani, questi vengono ugualmente prelevati e portati in carcere per ordine unicamente del pm Rinaudo che li pone in stato di fermo secondo l’art 384 del c.p.p, Decreto di Fermo di Indiziato per cinque giorni dal momento del fermo, in regime di isolamento e col divieto di conferire con il proprio difensore, ai sensi dell’art 104 co. 3 e 4. C.p.p in considerazione delle esigenze di prova…

-dalle carte si evince che la motivazione dell’isolamento in carcere nel caso di Vincenzo sia la “ragionevole probabilità che il prevenuto, ove non si intervenisse, farebbe perdere le proprie tracce”. Aggiunge Rinaudo che c’è la ragionevole previsione che ciò avvenga poiché l’indagato non ha figli né attività lavorativa (infatti, nel caso di Vincenzo che è ancora studente universitario, la situazione è questa ma non ci sembra un “difetto”), che è svincolato da legami col territorio siano essi di natura economica, sociale od affettiva (ma come?! E’ cresciuto ed ha sempre studiato a Torino, qui ha la sua famiglia e i suoi affetti).
Da qui la sua conclusione che, con lapidaria certezza, ci sarebbe il pericolo di fuga.
Aggiunge inoltre Rinaudo che i soggetti della cosiddetta area antagonista sono soliti eleggere domicilio presso indirizzi fittizi, ove sono puntualmente irreperibili. Peccato che nel caso di Vincenzo il domicilio fosse, da sempre, presso la sua casa di famiglia, con la sorella e i genitori, da dove in affetti è stato prelevato per la notifica dello stato di fermo.

– in data 23/06/2016 il gip Ferracane fissa un’udienza presso il carcere delle Vallette a seguito della richiesta del pubblico ministero Rinaudo di convalida del fermo affettato in data 21/06. In tale udienza il giudice prende in esame la richiesta di convalida del fermo e la richiesta di applicazione della misura coercitiva degli arresti domiciliari e le rigetta entrambe. Afferma, infatti, che “…non si ritiene sussistente nel caso di specie il parametro normativo di pericolo di fuga, per il quale, come noto, la giurisprudenza di legittimità richiede elementi di fatto concreti e specifici;….vi è però  da evidenziare: da un lato, come tali circostanze, lungi da rappresentare elementi di fatto specifici dai quali desumere una concreta volontà di fuga dell’indagato, appaiano indicative di una mera astratta possibilità (n.b. Rinaudo aveva parlato di lapidaria certezza)in tal senso e, comunque, come il soggetto, nato, residente e domiciliato a Torino, ove peraltro ancora studia, dunque profondamente radicato in tale contesto territoriale – senza che risulti in atti un suo, recente o anche risalente, allontanamento, neanche dopo la perquisizione effettuata a suo carico il 17/06/2016 presso il suo domicilio (reale e non fittiziamente eletto, come evidenziato dal p.m)…”. Invece, rispetto alla misura coercitiva, “non sussistono a carico del fermato i gravi indizi di colpevolezza dei reati in ordine ai quali vi è richiesta l’applicazione della misura cautelare”
-il 25/06/2016 Vincenzo viene rilasciato.

Alla luce delle carte che vi abbiamo qui sopra brevemente riassunto,  appare chiaro come ci sia stato da parte del p.m Rinaudo uno sforzo notevole nel tentativo di far arrestare i due giovani.
Appare anche chiaro, però, come nel fare ciò egli abbia mentito, sapendo in realtà dove vivesse il giovane (infatti la polizia è andato a prenderlo presso la sua abitazione) e cercando di negare le sue origini, le sue attività di studio e l’oggettivo radicamento presso la città di Torino.

Ora, e la domanda sorge davvero spontanea, chi pagherà per questi 5 giorni passati in carcere in regime di totale isolamento senza la possibilità di parlare neanche col proprio avvocato?
Un pubblico ministero può fornire false informazioni nel momento in cui svolge la sua funzione giudiziaria?
Domande queste, che sappiamo, rimarranno senza risposta da parte di chi dovrebbe giustificare tale condotta indegna, ma che noi poniamo libera, al giudizio di tutti.

ps: consigliamo anche la lettura Le strane amicizie del pm Rinaudo (dossier completo)

da notav.info

 

 

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