Roma: rioccupato (e risgomberato) il teatro Valle. E’ la cultura… del manganello
Rioccupato, dopo 669 giorni di
E’ quanto accaduto in mattinata, sabato 11 giugno, al teatro Valle Occupato di Roma, un’esperienza nata il 14 giugno 2011 grazie a lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, cinema/teatro/danza, artisti/tecnici/operatori, stabili, precari e intermittenti, mobilitati nei mesi precedenti contro i ripetuti attacchi al mondo dell’arte e del sapere, contro i tagli alla cultura e per i diritti.
Il Teatro Valle fu sgomberato nel 2014, con la promessa di mirabolanti operazioni di recupero.
In realtà, quasi due anni dopo, al Valle non è successo nulla: rientrando oggi nel teatro, attiviste e attivisti hanno infatti ritrovato ancora appesi ai loro posti manifesti e volantini del 2014.
Da qui, la decisione di rioccupare e restituire questo spazio a una città, Roma, devastata da anni di gestione parassitaria dei partiti e “normalizzata” da mesi di gestione commissariale a suon di sgomberi, manganelli e dosi massicce di “legalità”.
La risposta è stata affidata alla celere, che attorno alle 12.30 ha sgomberato lo spazio.
Silenti, al momento, i due candidati sindaco al ballottaggio, Raggi (M5S) e Giachetti (Pd)
Da Roma la corrispondenza delle 16 con Silvia, compagna della Capitale, dall’esterno del teatro Valle Occupato.
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Di seguito, la nota diffusa da attiviste e attivisti del Valle dopo l’occupazione del mattino, dietro l’hashtag #luciinsala:
11 giugno 2016, Roma
LUCI IN SALA. La città riapre il Teatro Valle
Da 669 giorni e 669 notti il Teatro Valle è chiuso. Per il restauro non esiste ancora un progetto. I fondi non sono mai arrivati, i lavori non sono cominciati, la manutenzione non è stata fatta. Qui dove si sono sperimentate forme di partecipazione viva, da due anni il buio in sala non annuncia nessuna apertura di sipario.
Di parole in questi anni ne sono state dette molte. Sulla gestione del Valle e degli spazi pubblici in genere. Sul sistema teatro in Italia. Sulla vita culturale della città. Sulla precarietà dei lavoratori dello spettacolo e della cultura. Niente di nuovo, da dire.
Da fare invece, quello sì. C’è da affollare, da popolare uno spazio vuoto. C’è da animare dare corpo e respirare. Il Teatro Valle è un oggetto luminoso del desiderio. Oggi è di nuovo aperto: luci in sala! La città rientra. Per trasformare un vuoto in un pieno. Per riaccendere l’immaginazione. Nel tempo denso di un giorno.
A Roma le politiche culturali e la progettualità artistica non sono mai state così disastrose. La volontà dell’amministrazione, e della sua successiva gestione commissariata, è stata quella di chiudere spazi piuttosto che aprirne di nuovi. Spazi fisici, ma anche spazi per sperimentare, partecipare, autogestire. O anche solamente per respirare.
Roma è stata la cavia del governo Renzi: la retorica del bando e la consuetudine delle nomine dall’alto sono strumenti di istituzioni che funzionano come soggetto privato, riproducendo modelli di gestione distanti e fallimentari, se non corrotti. Anche in questa campagna elettorale la cultura non è stato un tema di discussione, a dimostrare che non si profilano alternative rispetto alle politiche vigenti.
C’è bisogno di fantasia, per generare nuovi strumenti che sostengano l’esigenza e la capacità dei cittadini di organizzarsi, di prendersi cura dei propri spazi di vita. Nonostante questo deserto, la città ha prodotto e produce esperienze di sperimentazione e inclusione che è necessario moltiplicare.
Dalle piazze francesi gli intermittenti e i movimenti europei ci chiamano a riprendere parola non solo sulle politiche culturali, ma sull’intera possibilità di vivere e praticare la città.
Oggi è la giornata dei corpi fuori norma e dei desideri. Oggi non ci accontentiamo.
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