Una grande discarica nucleare: il Piemonte
A luglio, l’Andra -agenzia di Parigi che gestisce scorie radioattive- riportava in un rapporto l’incremento di milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi da rilasciare nei depositi e negli oceani per uno “smaltimento” che si rivela sempre più ingente. Ora l’associazione Pro Natura rivela, senza mezzi termini, come il Piemonte sia una vera e propria discarica radioattiva. Secondo i dati raccolti nell’ultimo Annuario dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), risulta infatti che nel territorio regionale sono depositati oltre il 96% dei rifiuti radioattivi italiani. Ma c’è di più: in progetto risultano esserci cinque nuovi depositi nucleari in Piemonte. Non sono quindi sufficienti i depositi di Saluggia e di Trino (nel vercellese) dove sono stoccati anche i rifiuti radioattivi provenienti da altri paesi come Canada e Olanda. Spacciati per temporanei, i due depositi rappresentano delle vere e proprie minacce per la popolazione che abita queste zone. A Trino, la Sogin -azienda incaricata dello smantellamento di vecchi impianti nucleari- ha iniziato recentemente la decomissioning della centrale di Bosco Marengo (AL), con lo smantellamento e con la decontaminazione della centrale ma tralasciando la rimozione delle apparecchiature per la produzione del combustibile nucleare. E che dire invece di Saluggia, che ospita l’85% dei rifiuti radioattivi italiani, ai quali si sommano i rifiuti di altri paesi devoti alla logica del nucleare. La maggior parte di questi rifiuti si presentano in forma liquida e non è certo una scoperta dell’ultima ora, quella di scorie rilasciate nel fiume Dora Baltea; forse quello che non tutti sanno è che a valle, a meno di 2 km, proprio nel senso in cui scorre la falda acquifera, si trovano i pozzi del più grande acquedotto del Piemonte, che serve oltre 100 comuni. Chissà per quanto tempo ancora i rifiuti radioattivi ricchi di uranio, trizio e plutonio dovranno essere scaricati nell’aria e nell’acqua mentre vedremo ancora le zone densamente popolate attraversate da treni contenenti materiali contaminati. I recenti rapporti e studi non fanno altro che confermare quello che ormai da parecchi anni si sa già e, ancora una volta, a pagarne le spese sono i cittadini e le cittadine che popolano queste zone.
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