
Altri Mondi / Altri Modi – III edizione
E quindi uscimmo a riveder le stelle
Scommettere su altri mo(n)di possibili è l’ambizione del Festival Culturale Altri Mondi Altri Modi che anche quest’anno si terrà al centro sociale Askatasuna.
Sentiamo la necessità di approfondire e conoscere le complessità del mondo in cui viviamo, dotarci di strumenti per conquistare la possibilità di una trasformazione radicale del presente.
Il capitalismo feroce nel quale stiamo vivendo viene presentato come l’unica via possibile e le contraddizioni di questo sistema sono sempre più profonde.
A partire da tre interrogativi vogliamo immaginare itinerari di emancipazione: come rifiutare la guerra? come demercificare le nostre vite? quali ipotesi di lotta e scommesse future?
La guerra contamina ogni aspetto delle nostre vite e delle nostre menti. La scienza, mai neutrale, viene messa a servizio della produzione bellica, che esige metodologie sempre più raffinate come quelle offerte dall’intelligenza artificiale, giustificate dalla promessa del dual use. Gli scenari di guerra sconvolgono molteplici territori: vediamo popoli oppressi che resistono, mentre attori lontani dal campo di battaglia assumono ruoli centrali. L’apparente declino dell’egemonia statunitense, e con essa la crisi del modello occidentale, aprono faglie di possibilità. Una crisi che si traduce a cascata, producendo violenza dall’alto e dal basso. La guerra interna schiaccia forme di riscatto e nega immaginari futuri. Abbiamo bisogno di una prospettiva credibile per un’ipotesi rivoluzionaria in grado di rompere il nichilismo e l’individualismo che caratterizzano l’oggi. Abbiamo bisogno di una proposta concreta di organizzazione della produzione e della riproduzione sociale. Smantellare la propaganda sulle transizioni dell’oggi, da quella green a quella digitale, è la sfida che abbiamo davanti per poter organizzare e pensare risposte concrete alle crisi del presente. Destrutturare le nuove filiere dell’iper sfruttamento che modellano la società fabbrica in tutti gli ambiti dell’esistente, svelare la trappola dell’automazione, per scompaginare un futuro in cui masse di proletari nelle fantasie dei “padroni” dovranno rendersi disponibili alla guerra, sono vie obbligate da percorrere.
Per immaginare i passi da fare verso Altri Mondi abbiamo organizzato quattro giornate in cui tracciare Altri Modi per costruire un progetto concreto e collettivo.
Di seguito il programma del Festival Altri Mondi/Altri Modi
GIOVEDI 10 APRILE ore 18
TECNOLOGIA E SFRUTTAMENTO
Transizione energetico-tecnologica: intelligenza artificiale, sfruttamento e rapporto uomo-macchina e ambiente-macchina
L’intelligenza artificiale è il prodotto di estrazione di vita umana, di materie prime e di lavoro. E’ a partire da questo presupposto che intendiamo tracciare un ragionamento sulla funzione della dimensione virtuale e tecnologica a servizio del capitalismo oggi e della guerra globale. Come sostiene Kate Crawford, vi sono una serie di elementi che permettono la progettazione e la diffusione dell’AI: la terra, il lavoro, i dati, la classificazione e lo Stato. Il punto di origine è l’estrazione: dei dati, della materia prima dalla terra, del lavoro umano. Questo implica che gli impatti dell’AI sulla società vanno misurati a partire dal processo e dall’infrastruttura di cui tale macchina necessita per riprodursi. Nella transizione energetico-tecnologica nella quale siamo immersi, l’AI deve essere individuata come il punto più alto dello sfruttamento della capacità umana resa merce. I costi di tale processo vanno contabilizzati, dal consumo di acqua alla produzione di energia elettrica (che proviene da un mix di fonti tutt’altro che sostenibili) allo sfruttamento del lavoro vivo, sia mentale che manuale, rendendo centrale un’analisi che faccia delle teorie dell’automazione e della fabbrica un punto di partenza. A fronte di questo quadro vogliamo indagare quali sono gli impatti concreti sulle soggettività e quali possibilità individuiamo per “rompere la macchina” ed emanciparsi dallo sfruttamento.
Ospiti
Sara Marcucci è specializzata in governance dei dati, politica digitale e giustizia climatica. Come ricercatrice presso il Governance Lab (GovLab) della NYU, esplora le intersezioni tra tecnologia, partecipazione pubblica e governance, concentrandosi su quadri etici e inclusivi.
Andrea Signorelli giornalista freelance, scrive di innovazione digitale e del suo impatto sulla società. Collabora con La Stampa, Wired Italia, Domani, Il Tascabile, Esquire Italia, cheFare e altri. Nel 2021 ha pubblicato “Technosapiens: come l’essere umano si trasforma in macchina” per D Editore.
Stefano Borroni Barale, è laureato in fisica teorica all’Università di Torino. Sostenitore del software libero da fine anni Novanta, è autore per Altreconomia di “Come passare al software libero e vivere felici”, una delle prime guide italiane su Linux e altri programmi basati su software libero e di “L’intelligenza inesistente. Un approccio conviviale all’intelligenza artificiale”, uscito nel 2024.


VENERDI’ 11 APRILE ore 18
SCIENZA E RESISTENZA
Non neutralità della scienza: l’accademia in dialogo con l’Intifada studentesca
Il sapere che si produce all’interno dell’università si può definire neutrale? L’università non è solo un luogo di formazione, ma è dove il sapere viene prodotto e modellato. In quest’ultimo periodo è stata infatti il centro di dibattiti e mobilitazioni che hanno ridato centralità a questioni su cui pensiamo sia fondamentale riflettere, quali il ruolo giocato dalla scienza all’interno dei modi di produzione capitalistici e la collocazione di studenti e ricercatori nei meccanismi di produzione del sapere. Inoltre, sistemi di oppressione come il colonialismo, e di conseguenza il razzismo, hanno bisogno di investire in tutti gli ambiti del sapere, tanto per armarsi, quanto per creare narrazioni volte a legittimare e normalizzare i propri crimini. Nell’ultimo anno la questione palestinese ha permesso non solo di vedere le contraddizioni di quelle stesse conoscenze che vengono assorbite o prodotte quando si attraversa l’università, quanto soprattutto di mettere in discussione una ‘normalità’ che molti, soprattutto giovani, non sono più disposti ad accettare. Abbiamo pensato a un dialogo tra professori e ricercatori dell’università e gli studenti dell’intifada studentesca per snocciolare questi argomenti e per immaginare insieme nuovi mo(n)di e nuove possibilità nell’ambito della scienza e del sapere.
Ospiti
Michele Lancione professore ordinario di Geografia Politico-Economica al Politecnico di Torino. Si occupa di lotte abitative, con approccio critico alla precarietá abitativa, concentrandosi su una lettura di stampo etnografico. È co-fondatore del Radical Housing Journal e co-direttore del Beyond Inhabitation Lab, nonché attivo in campagne di ricerca e attivismo contro la violenza del regime di frontiera europeo.
Marco Boscolo, è giornalista e science writer con la passione per i dati. Suoi contributi appaiono su LeScienze, ilBoLive, ilTascabile, Aula di Scienze Zanichelli e altrove. Ha scritto “La bianca scienza – Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza” e con Elisabetta Tola ha scritto “Semi ritrovati”.


SABATO 12 APRILE
GUERRA GLOBALE E GUERRA INTERNA
ORE 15 PRESENTAZIONE del libro “La foresta e la fabbrica. Contributi ad una fantascienza del comunismo” con gli autori Phil A. Neel e Nick Chavez insieme alla libreria il Porfido.
Che cosa significa pensare oggi ad una società comunista? In quali termini declinare oggi, in un quadro di crisi ecologica ed esplosione demografica, una transizione verso una società senza classi, senza dominio, senza denaro e senza lavoro salariato? Come potrebbe mai emergere una tale forma sociale dal pantano e dai vicoli ciechi in cui il capitale sembra aver definitivamente confinato l’umanità?
ORE 16 DIBATTITO Scenari della guerra globale
In un certo senso tutto è collegato. I conflitti militari che stanno aumentando di intensità nel mondo, al netto delle loro specificità regionali, si inseriscono in un contesto politico ed economico globale. Non possiamo comprendere fino in fondo il genocidio in corso a Gaza, la guerra tra Russia e Ucraina, le tensioni in Corea e su Taiwan senza considerare che l’inasprimento di vecchie linee di tensione e la nascita di nuove dipende anche da un quadro generale di crisi del sistema di produzione capitalista per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi cinquant’anni. In questo dibattito abbiamo deciso dunque di provare a fare una panoramica degli scenari di guerra e tensione e degli attori protagonisti di questi conflitti. Parleremo di Stati Uniti, Cina, Russia e Medio Oriente tentando di esplorare gli aspetti finanziari, geopolitici, di politica interna e sociali che si inseriscono nella tendenza alla guerra globale.
Ospiti
ALESSANDRO VOLPI docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, collabora con il mensile Altraeconomia.
ROSITA DI PERI Professoressa associata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società (Università di Torino). I suoi interessi di ricerca si concentrano sulle trasformazioni politiche in Medio Oriente, con un’attenzione specifica al Libano e alle relazioni tra potere e spazio nella regione mediterranea.
PIERLUIGI FAGAN pensatore indipendente sul tema della complessità, nella sua accezione più ampia: sociale, economica, politica e geopolitica, culturale e soprattutto filosofica. Ha scritto “Verso un mondo multipolare” per Fazi editore.
PHIL A. NEEL è un geografo comunista che vive nel nord-ovest del Pacifico. È autore di “Hinterland: America’s New Landscape of Class and Conflict”. Su questi temi è stato intervistato da Infoaut https://infoaut.org/approfondimenti/un-pugno-di-odio-grondante-intervista-a-phil-a-neel
NICK CHAVEZ ingegnere meccanico residente negli Stati Uniti. Scrive di ingegneria e comunismo sul blog designformanufracture.wordpress.com
ORE 18.30 DIBATTITO Sicurezza e insicurezza globale: quali itinerari fuori dal capitalismo?
In Europa la costruzione del nemico interno va di pari passo con la narrazione dello “scontro tra civiltà” che vuole contrapporre l’Occidente al resto del mondo, civiltà e barbarie. Assistiamo a una strutturazione della società marcata da un profondo controllo, dalla forte insistenza dello Stato nella vita degli individui, in particolare per alcune categorie come i soggetti razzializzati e musulmani. In Italia vediamo i prodromi di questa guerra interna: la criminalizzazione dei giovani, i decreti ad hoc per le baby-gang, la violenza della polizia per le strade e la violenza dello Stato nella scuola, islamofobia e stigma nei confronti di chi si identifica in simboli religiosi. Nella recrudescenza della crisi sociale la violenza dello Stato si combina con la violenza orizzontale: tra giovani e tra proletari con aumento della violenza di genere. L’insofferenza e l’indisponibilità di certi comportamenti apre a domande più profonde: siamo di fronte a una domanda di ascesa sociale e di un’opzione credibile, di riscatto. Una domanda molto spesso non strutturata, troppo confusa e, soprattutto, potenzialmente nemica a un’ipotesi rivoluzionaria.
Per approcciarsi a questo tema invitiamo a discutere con noi e con un esponente della comunità delle moschee torinesi con le quali abbiamo condiviso molti momenti durante la mobilitazione a sostegno della Palestina, Montassir Sakhi, autore di un’opera dal titolo “La rivoluzione e la jihad. Siria, Francia, Belgio”, un lavoro che prende origine da una ricerca condotta tra il 2015 e il 2023 tra Medio Oriente e Europa con l’obiettivo di indagare la spinta che ha portato moltissimi giovani a partire dall’Europa per andare a unirsi alla lotta armata in Siria, inizialmente nel 2011 al fianco della rivoluzione contro il regime di Assad, e in un secondo momento, per una percentuale minima di essi, a aderire tra le fila di Daesh dal 2014 in avanti. Oggi il territorio siriano è stato nuovamente sconvolto e assistiamo a un passaggio epocale a seguito della caduta del regime di Assad. Questo comporta nuove domande e l’emergere di nuovi attori e proposte che possono essere più o meno attrattive per una composizione giovanile, proletaria, duramente soffocata nelle sue richieste, sino alle nostre latitudini. Partendo dalle questioni poste al centro del libro che vuole indagare la motivazione a partire, la disponibilità alla lotta, l’elemento religioso come domanda sociale e l’islam come opzione politica, i riflessi delle primavere arabe nel superamento delle forme classiche dell’organizzazione politica di sinistra e come questa si possa interfacciare con la dimensione islamista, vogliamo ipotizzare degli elementi di analisi dell’oggi. La critica radicale al potere dominante si traduce, a volte, in ipotesi conservatrici e antirivoluzionarie, allo stesso tempo gli Stati Occidentali rappresentano il fallimento plastico del loro intervento, in merito alle politiche anti-terrorismo basate sulla profilazione razziale e sulla paura, il tema della sicurezza come domanda sociale è uno spazio che viene costantemente strumentalizzato dalle destre, ma ci sono delle faglie da approfondire.
Ospiti
MONTASSIR SAKHI nato a Rabat nel 1988, è antropologo e ricercatore post-dottorato presso la KU Leuven University in Belgio. La sua ricerca si concentra sulle mobilitazioni post-2011 nel mondo arabo e sulle politiche antiterrorismo in Europa, su questi temi ha scritto “La révolution et le jihad”.
in dialogo con un esponente della moschea Omar Ibn al Khattab di Torino



DOMENICA 13 APRILE
PROPOSTE DI ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE E DELLA RIPRODUZIONE SOCIALE
ORE 15 PRESENTAZIONE di La rivista contadina, con Martina Lo Cascio, sociologa e autrice insieme al collettivo Ecologia Politica – Torino
ORE 16 : Pensare la rivoluzione
Il tema di che caratteristiche potrebbe avere oggi una transizione rivoluzionaria può apparire lontano e velleitario. Ma in questo mondo complesso, immerso in diverse crisi sovrapposte e collegate tra di loro, in cui il “realismo capitalista” è un elemento fondamentale della tenuta sistemica, la credibilità di una prospettiva rivoluzionaria dipende anche dalle sue effettive capacità nel rispondere ai problemi concreti del presente. Ed in fondo non è sempre stato così? Il famigerato motto di Lenin “Soviet + Elettrificazione” conteneva in sé una proposta di organizzazione del potere politico e una di organizzazione della produzione e riproduzione sociale di fronte alla Russia del suo tempo. A cosa corrisponde oggi questo motto in tempi di guerra e crisi della globalizzazione, cambiamento climatico e crisi sociale? Per interrogarci sulla transizione rivoluzionaria oggi abbiamo bisogno di ragionare su almeno tre nodi che si influenzano a vicenda: quali sono stati i punti di blocco delle precedenti esperienze rivoluzionarie, quali sono i rompicapi della contemporaneità a cui una prospettiva rivoluzionaria dovrebbe dare risposta ed infine qual è il programma implicito della nostra parte. In questo dibattito vorremmo concentrarci sui primi due nodi di riflessione, dato che il terzo necessita un profondo e costante lavoro d’inchiesta.
Ospiti
GENNARO AVALLONE è ricercatore in sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’Università di Salerno e membro di Flacso-España. Tra le sue pubblicazioni: La sociologia urbana e rurale. Origini e sviluppi in Italia (Liguori, 2010). Di Jason W. Moore e di Ramón Grosfoguel ha curato, rispettivamente, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo. La fine della natura a buon mercato (ombre corte 2015) e Rompere la colonialità. Razzismo, migrazioni ed islamofobia nella prospettiva decoloniale (Mimesis, 2017).
MICHAEL LÖWY nato in Brasile è direttore di ricerca presso il cnrs e ha insegna all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Tra i suoi libri tradotti in italiano “La rivoluzione è il freno di emergenza. Saggi su Walter Benjamin” e “Ecosocialismo. L’alternativa radicale alla catastrofe capitalista”.
JASPER BERNES vive a Oakland e insegna nel Dipartimento di Inglese dell’Università della California, Berkeley. Collaboratore regolare della sezione Field Notes della rivista Brooklyn Rail, è autore di The Work of Art in the Age of Deindustrialization e di due libri di poesia, We Are Nothing and So Can You e Starsdown. In Italia è stato tradotto un suo saggio all’interno del libro “Nutrire la Rivoluzione” della casa editrice Il Porfido.
ORE 18 : Transizione energetica e possibilità di riproduzione sociale
Le crisi ecologiche e sociali che caratterizzano questi anni, ci portano alla necessità di una riflessione sulle possibilità di riproduzione sociale. Un “capitalismo cannibale”, per dirla alla Nancy Fraser, sta erodendo le basi materiali della vita e della riproduzione della stessa. Il paradigma della transizione ecologica e digitale che dovrebbe mettere in salvo il pianeta e l’umanità, incapace di proporre delle soluzioni reali, si rivela per quello che è: la stessa ricetta di sfruttamento per accumulare nuovo profitto sotto le spoglie di una fantomatica “sostenibilità”. Ripercorrere le basi materiali delle trasformazioni dell’oggi è necessario per mettere in luce le contraddizioni che ancora una volta il sistema predatorio ci sottopone. Due nodi principali pensiamo siano il centro di queste contraddizioni: la questione energetica e quella agricola. Centrali nucleari green e mega parchi eolici sono la risposta per l’energia di domani; droni, agricoltura di precisione e ogm sembrano il destino delle monoculture del futuro. Nuove soluzioni tecnologiche che nascondono come il proprio motore sia una nuova erosione dei territori: miniere per le materie strategiche (necessarie soprattutto per l’industria bellica), eliminazione della biodiversità, infertilità del suolo, inquinamento delle acque. Ad essere minacciate sono nuovamente le basi della vita e le possibilità di riproduzione futura. Un sistema cannibale che tenta di divorare i margini di ripensamento materiali di organizzazione della vita al di fuori del suo stesso paradigma. Ma è dalle contraddizioni sempre più emergenti che possono nascere spinte più radicali di difesa del territorio per ripensare a nuovi modi di sussistenza.
Ospiti
PAOLA IMPERATORE, svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca includono la giustizia ambientale, l’ecologia operaia e le politiche climatiche. Co-dirige la rubrica “Italian Political Ecologies” per il blog Undisciplined Environments. Ha recentemente pubblicato Territori in lotta e L’era della giustizia climatica.
STEFANIA BARCA, è senior researcher al Centro de Estudos Sociais dell’Università di Coimbra, dove insegna Ecologia Politica e coordina la Oficina de Ecologia e Sociedade (EcoSoc). È autrice di numerosi lavori in inglese, portoghese e italiano, e del libro Enclosing Water. Nature and Political Economy in a Mediterranean Valley, per il quale ha vinto il premio Turku di storia ambientale nel 2011. Da qualche anno studia il nesso tra ecologia e lavoro in prospettiva femminista e storico-materialista.
ATELIER PAYSAN, Cooperativa francese che supporta gli agricoltori in agro-ecologia, promuovendo sovranità tecnica e autonomia. Nel 2023 è uscita la traduzione di Liberare la terra dalle macchine. Manifesto per un’autonomia contadina e alimentare.



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