Davide Rosci scrive sul manifesto per l’amnistia sociale
L’attenzione riposta sul mio riavvicinamento è stata veramente grande, quello che hanno fatto i miei fratelli antifascisti, la mia famiglia, i miei amici di curva e rifondazione comunista ha spiazzato sia me, sia coloro che avevano progettato un disegno indecente per farmi passare questa reclusione nel peggiore dei modi. Ho vissuto in prima persona una serie di abusi, ogni azione che i miei carcerieri compivano mirava a destabilizzarmi ed isolarmi da tutti, ma il loro obiettivo non solo non è andato in porto, ma gli si è ritorto contro visto che le loro carte sono state svelate. Il mio caso ha avuto una portata talmente ampia che l’indignazione è arrivata sia nelle strade sia all’interno dei palazzi del potere. La mobilitazione ha messo in campo e al centro di tutto il sentimento più nobile chiamato SOLIDARIETA’. Lo stesso ha varcato le mura di cinta del carcere ed è arrivato sin dentro questa cella permettendomi di non soccombere. La battaglia è dura e lo sarà ancora, le loro armi non convenzionali miravano alle spalle sia mie sia dei miei cari, a volte sono caduto sotto i loro colpi, ma tutti coloro che erano al mio fianco mi hanno rialzato da un campo di guerra pieno di mine. Lettere, cortei, presidi, benefit e gesti spontanei in questi mesi si sono susseguiti con un’intensità che poche persone hanno avuto la fortuna di poter ricevere ed io non saprò mai come sdebitarmi. So che sono azioni dettate dal cuore ma veramente non mi sarei aspettato tanto; i detenuti mi dicono che se ricevo tutto ciò è perché fuori mi sono comportato in maniera tale da meritarmeli. Purtroppo questa è una bugia, io ho fatto solo quello che andava fatto ed ho avuto l’onore e l’onere di essere al centro di una significativa lotta che ha portato come primo obiettivo, quello di un’ampia discussione sul tema repressivo e anticarcerario. Questo è il modo giusto e più utile di operare, ora però bisogna concentrarsi non su di me, ho ricevuto fin troppo, ma sulla piaga che ha colpito prima i compagni arrestati durante il G8 di Genova, che ora sono in galera, poi noi imputati per gli scontri del 15 Ottobre a Roma. Le stesse forze spese in questi mesi devono essere moltiplicate all’infinito per ottenere l’abolizione di quel che resta del codice rocco, nato in un’epoca sconfitta dalla storia, il quale utilizza sempre più spesso in modo del tutto sproporzionato, il reato di devastazione e saccheggio. Basta la benché minima protesta per ipotizzare il suo utilizzo e visto che lo stesso prevede l’arresto dagli 8 ai 15 anni, non possiamo accettare che vengano inflitte pene così alte nei confronti di chi ha la forza di alzare la testa contro uno Stato che ha dimostrato in questi anni di saper solo affamare il suo popolo. Il mio appello quindi è rivolto a chi si definisce Antifascista ed è una provocazione nei confronti dell’ANPI nazionale, affinchè venga avviata una seria lotta contro i residui fascisti presenti nel nostro ordinamento giuridico. Penso che non basti sfilare il 25 Aprile alle commemorazioni per definirsi Antifascisti, l’antifascismo è tutti i giorni e vuol dire libertà, uguaglianza, accoglienza, fraternità e molto ancora,ma se accettiamo che nel 2013 ci siano ancora leggi del ventennio, forse non siamo degni di fregiarci di questo titolo. Quindi è giunto il momento non più prorogabile, di chiedere l’abolizione di questo scempio tutto italiano e rendere onore alla memoria dei valorosi Partigiani, impedendo ad un apparato repressivo di soffocare ogni protesta con metodi fascisti. Chiediamo di aprire un tavolo serio di discussione ed appoggiamo la campagna di amnistia sociale avviata dall’Osservatorio sulla Repressione.
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