Elezioni israeliane: chi vince e chi perde
Netanyahu sarà rinominato premier ma i risultati del voto del 22 gennaio sono stati per lui un disastro. Il vero vincitore è stato a sorpresa l’ex anchorman tv Yair Lapid.
Lapid, la sorpresa
Il vero vincitore delle elezioni è stato a sorpresa il candidato ultra centrista Yair Lapid, personalità televisiva che ha evitato di assumere posizioni chiare sulle principali e controverse questioni che lo “stato ebraico” deve affrontare. «Un uomo apolitico è in realtà il grande vincitore delle elezioni più apolitiche che Israele abbia mai conosciuto. Ex presentatore televisivo ed editorialista, che non ha quasi mai ha scritto e parlato di politica, né nei suoi editoriali né nel presentare i telegiornali, è passato in un lampo alla politica e anche qui non dicendo nulla di politico. Israele gli ha detto ieri: sì, sì al giovane; sì al nuovo, sì all’apolitico» ha commentato il noto giornalista Gideon Levy sulle pagine del liberal Ha’Aretz.
«Vittoria della politica moderna, della politica fatta sulla rete, la politica dei reality televisivi» gli ha fatto eco il collega Verter. Yesh ‘Atid (“C’è futuro” in ebraico) è stato fondato a Gennaio dello scorso anno da Lapid figlio del famoso giornalista e politico Yosef che riuscì ad ottenere un risultato simile nelle elezioni di una decina di anni fa.Il partito di Yair non ha alcun chiaro programma politico ed è costruito essenzialmente sulla sua personalità e sul suo carisma. Sulle due principali questioni – le relazioni con i palestinesi e la politica economica – Lapid non ha assunto alcuna posizione nitida.
Anzi, più volte ha eluso la discussione o si è contraddetto. Ha prestato più attenzione alle relazioni tra gli ebrei laici e religiosi, ma perfino qui le sue soluzioni sono risultate “morbide”, politicamente corrette proprio per non inimicarsi nessuno. Quale migliore alleato quindi per la futura coalizione di Netanyahu? Il Primo Ministro non ha mai fatto solo affidamento sulla Destra e sugli ultraortodossi anche quando il suo “blocco” aveva vinto con un margine maggiore alle elezioni. Netanyahu ha preferito sempre larghe coalizioni dove nessun partner, nessun gruppo poteva tenere il governo in ostaggio. A maggior ragione questo ragionamento varrà adesso che il collega “avversario” non ama fare molto rumore. Pertanto Bibi e Lapid dovrebbero andare d’accordo.
Likud-Beitenu, “La Casa ebraica” e Yesh ‘Atid avranno una maggioranza di seggi alla Knesset e, per dare maggiore stabilità al loro esecutivo, potrebbero includere un partito ultraortodosso come Shas che, sebbene a malincuore, potrebbe accettare il laicissimo Yair proprio come fece in passato con il padre.
Laburisti, Livni e “Sinistra”
La laburista Yachimovitch può essere in parte contenta perché ha raddoppiato i seggi della scorsa legislatura restituendo così al partito lustro ed una significativa forza. Ciononostante molti dei suoi sostenitori sono passati a Yesh ‘Atid che è stato più abile ad intercettare i voti degli scontenti per l’operato di Bibi. Il partito, inoltre, dovrebbe interrogarsi se sia stato così utile a fini elettorali escludere il tema politico per eccellenza (la pace con i palestinesi) dalla campagna elettorale. Per un partito che storicamente ha posto il conflitto arabo-israeliano tra i punti principali del suo programma la scelta “tutta economica e sociale” si è rivelata un grosso errore.
Livni esce con le ossa rotte. I sondaggisti la davano a otto seggi, cifra comunque irrisoria per un politico del suo calibro e del suo carisma. Lei ieri è riuscita a fare peggio. Il dato negativo dovrebbe spingerla a riflettere sul senso del suo ritorno in politica a queste condizioni in un partito senza capo né coda. Buon successo di Gal-On che da quando eletta a capo di Meretz, ha riportato un po’ di vigore nella sinistra sionista israeliana. L’enfasi sulla crisi economica senza dimenticare il “processo di pace”, la presenza durante la “protesta delle tende”, una leader forte e decisa hanno permesso alla formazione di sinistra di raddoppiare i suoi parlamentari da tre a sei.
Palestinesi d’Israele
La popolazione palestinese d’Israele guadagna 12 seggi. Un leggero avanzamento rispetto agli 11 della passata legislatura. Da segnalare l’ascesa della Lista araba Unita di Ahmad Tibi che sale da tre a 5 parlamentari. Forte soprattutto nella zona del “Triangolo”, il movimento islamico di Israele riscuote grande successo nella tradizionale Umm el-Fahm. Buono il risultato di Balad che ha confermato i suoi tre parlamentari ottenendo più di 92.000 voti.
Il grosso limite del partito socialista dei nazionalisti arabi è nella sua volontà di rivolgersi solo ad un elettorato arabo. Un po’ deludente è il risultato di Hadash la coalizione di “arabi” e di ebrei con una cospicua componente comunista al suo interno. Nonostante i grandi sforzi compiuti dal partito durante i giorni di “protesta sociale”, nonostante il lavoro assiduo dei suoi militanti giovani nelle università del paese, il partito non è riuscito a far eleggere nella prossima Knesset Nabila Esbanioly, nota leader femminista.
Andrebbe però chiesto perché una donna estremamente nota e tra le più influenti del paese sia stata scelta posta solo quinta nella lista. E perché un partito progressista come è sicuramente Hadash abbia presentato una lista dominata da candidati maschi. Diversi a riguardo sono stati i commenti di disappunto di molti sostenitori del partito sia nel campo arabo che in quello ebraico. A rubargli qualche migliaio di voti è stato sicuramente Da’am il “Partito dei lavoratori” che però non è riuscito a superare la soglia elettorale. Come era prevedibile si è registrata un’altissima percentuale di astensione nel settore arabo.
«Auguri al movimento di boicottaggio delle elezioni che ha dimostrato la sua popolarità ed è riuscito a trasformarsi negli anni – in particolare quest’anno- in un proposta centrale e popolare tra la nostra gente» ha scritto Jamal uno dei ragazzi che non si è presentato alle urne. Una decisione ponderata la sua che prova ad unire la sua comunità e non a dividerla «Coloro che hanno boicottato le elezioni devono lavorare insieme ai partiti e, terminate le elezioni, costruire un programma nazionale che comprenda tutti palestinesi. Noi saremo sempre uniti».
di Roberto Prinzi per Nena News
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