InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il Cinema Palestinese: dal servire la rivoluzione all’espressione creativa

I critici concordano sul fatto che il cinema è rimasto quasi sconosciuto in Palestina prima della Nakba nel 1948.

Fonte: English version

Interactive encyclopedia of the palestine question

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Gli inizi del cinema in Palestina non sono diversi dai suoi inizi in altri Paesi arabi come Tunisia, Algeria, Marocco ed Egitto, dove i fratelli Lumière inviarono cineoperatori a girare tra la fine degli anni 1890 e 1900. I cineoperatori stranieri hanno assunto il ruolo principale nella creazione di film nella regione, aprendo la strada alle iniziative locali dopo l’indipendenza. Il primo film noto girato in Palestina è stato del regista di Lumière Jean Alexandre Louis Promio, che girò alcune scene a Giaffa e Gerusalemme nell’aprile 1897.

I critici concordano sul fatto che il cinema è rimasto quasi sconosciuto in Palestina prima della Nakba nel 1948. Le eccezioni includono i pochi film documentari o semi-documentari realizzati da registi ebrei che ritraggono la Palestina, le sue città e la vita dei suoi abitanti, come il film di 29 minuti: The First Film of Palestine (Il Primo Film della Palestina), girato e prodotto nel 1911 da Murray Rosenberg, e Liberated Judaea (Giudea Liberata) di Ya’acov Ben-Dov, che mostra il Generale britannico Edmund Allenby che entra a Gerusalemme alla fine del 1917. Una vera svolta nel cinema in Palestina ha avuto luogo dopo l’emergere del Movimento Rivoluzionario Palestinese nella seconda metà degli anni ’60. Di seguito, consideriamo tre aree del cinema palestinese che hanno interagito dialetticamente.

I film della rivoluzione palestinese nella diaspora

Dopo la Nakba, i registi palestinesi si rifugiarono in diversi Paesi arabi. Ibrahim Hassan Sirhan è andato in Giordania, dove ha realizzato il suo film Sira’ fi Jerash (Struggle in Jerash – Lotta in Jerash) nel 1957. Si trattava di un lungometraggio, che si dice fosse il primo film del suo genere realizzato in Giordania; il secondo, sempre in Giordania, è stato il film Watani Habibi (Il Mio Amato Paese, 1964), del regista Abdallah Ka’wash. Nel 1969 Abdel Wahhab al-Hindi, diplomato all’Istituto Superiore di Cinema del Cairo, realizza Kifah Hatta al-Tahrir (Lotta Fino alla Liberazione) e al-Tariq ila al-Quds (The Way to Jerusalem – La Via di Gerusalemme), lungometraggi che ritraggono la causa palestinese attraverso storie sulla lotta di liberazione e l’eroismo dei palestinesi contro il nemico sionista. Il regista palestinese Mohammed Salih al-Kilani, emigrato al Cairo dopo la Nakba, ha realizzato una raccolta di film documentari, alcuni dei quali sulla Palestina, come il suo cortometraggio Qaʻidat al-ʻUdwan (Le Ragioni dell’Aggressione) nel 1964. Nel 1969, dopo essersi trasferito in Siria, ha diretto un film intitolato Thalath ʻAmaliyyat Dakhil Filastin (Tre Operazioni all’Interno della Palestina), lungometraggio di cui ha scritto la sceneggiatura in collaborazione con Samir Nawar.

Il cinema rivoluzionario palestinese è decollato quando il movimento Fatah ha istituito il Centro di Cinematografia Palestinese, che ha preso forma grazie agli sforzi di un gruppo di registi tra cui Hani Jawhariyyeh, Salafa Mersal e Mustafa Abu Ali. Questo Centro ha contribuito a fondare il Gruppo Cinematografico Palestinese, che è entrato a far parte del Centro di Ricerca dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che ha prodotto un unico film nel 1973, Mashahid Min al-Ihtilal fi Ghazza (Scenes from the Occupation in Gaza – Scene dall’Occupazione a Gaza) del regista palestinese Mustafa Abu Ali, un documentario di 13 minuti sulla dura realtà nelle città, nei villaggi e nei campi della Striscia di Gaza. Dopo che le forze palestinesi hanno lasciato la Giordania nell’estate del 1971, Mustafa Abu Ali ha girato un film intitolato Bi-l-rūh wa-l-dam (With Soul and Blood – Con Anima e Sangue), in cui analizza i sanguinosi eventi del settembre 1970 attraverso filmati documentari dal vivo, mescolati con scene recitate.

Il Gruppo Cinematografico Palestinese ha successivamente cambiato nome in Palestine Films, l’Istituto Cinematografico Palestinese, come parte dell’Ufficio di Divulgazione Congiunto dell’OLP. Tra i registi che vi hanno contribuito c’erano Mustafa Abu Ali, Samir Nimer, Qasim Hawal e Rasmi Abu Ali. Altri gruppi cinematografici sono emersi come parte del Comitato Artistico del Dipartimento di Divulgazione del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, per il quale Rafik Hajjar ha diretto il primo film del Dipartimento nel 1973, e del Comitato Artistico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina; Qasim Hawal ha diretto il suo primo film nel 1972 e anche il regista Jibril Awad ha lavorato per esso. Il Dipartimento di Cultura e Divulgazione dell’OLP ha prodotto un film nel 1972, diretto da Qais al-Zubaidi; ha continuato a lavorare in quel dipartimento e ha diretto diversi film, tra cui Watan al-aslak al-sha’ika (Homemade Barbed Wire[1] – Terra di Filo Spinato, 1980) e Filistīn: Sjjil Shaʻb (Palestine: The Record of a People[2] – Palestina: Il Record di un Popolo, 1984). La Fondazione di Produzione Cinematografica Samed ha prodotto il suo primo film nel 1976: al-Miftāh (La Chiave), diretto da Ghalib Shaath.

Nella prima fase dello sviluppo del settore cinematografico palestinese negli anni ’70, la produzione cinematografica è stata frammentata tra i vari gruppi di resistenza palestinesi e il Dipartimento della Cultura e della Divulgazione dell’OLP. Il numero totale di film prodotti in quel decennio ammontava a circa 50 documentari di varia durata e un lungometraggio: ‘Ā’id ila Haifa (Return to Haifa[3] – Ritorno ad Haifa, 1982) del regista Qasim Hawal, basato sull’omonimo romanzo di Ghassan  Kanafani. Sono stati pubblicati anche alcuni numeri della Rivista di Cinema Palestinese. A causa di questa frammentazione, i finanziamenti per i film erano esigui e la produzione non era di alta qualità. Tuttavia, alcuni di questi film hanno preso parte a festival internazionali, come il Festival di Lipsia e il Festival di Mosca.

Per unire gli sforzi di produzione, il Dipartimento della Cultura e della Divulgazione dell’OLP ha proposto di creare un istituto generale per il cinema palestinese che avrebbe preso la forma di un’accademia cinematografica, con una ragione giuridica indipendente e un bilancio speciale, che riunisse i dipartimenti di tutte le fazioni palestinesi nell’OLP. Abdullah Hourani, direttore generale del Dipartimento della Cultura e della Divulgazione, ha adottato la proposta con entusiasmo e un apposito comitato di esperti è stato incaricato di definire lo statuto dell’istituto. La proposta è stata sottoposta al Comitato Esecutivo dell’OLP per l’approvazione e l’autorizzazione del suo statuto e del bilancio. Ma il Comitato Esecutivo ha continuato a rinviare una discussione sulla proposta fino all’invasione israeliana del Libano, a seguito della quale l’OLP e le fazioni palestinesi si sono ritirate dal Libano.

“Opere prime” prodotte nella diaspora e nella Palestina storica

Nella seconda fase della produzione cinematografica, molti lungometraggi palestinesi prodotti hanno avuto successo ai festival cinematografici e sono stati proiettati nei cinema commerciali di molti Paesi. A differenza della prima fase, il fatto che molte entità producessero film è stato un fattore positivo perché ha contribuito all’emergere dei lungometraggi palestinesi e al loro successo.

Questa sezione descrive il modo in cui i primi registi i cui film hanno raggiunto un pubblico internazionale significativo hanno affrontato il problema dell’identità palestinese. Viene recensito il lavoro di quattro registi: Michel Khleifi, Elia Suleiman, Rashid Masharawi e Hany Abu-Assad.

Michel Khleifi, palestinese di Nazareth che ha studiato in Belgio, ha iniziato la sua carriera artistica dirigendo quattro film prodotti dalla televisione belga insieme al regista belga André Dartevelle. Ha poi prodotto il film al-Dhakira al-khasiba (Fertile Memory[4] – Memoria Fertile, 1980) e il film documentario Maʻlul tahtafil bi-dimariha (Ma‘lul Celebrates Its Destruction – Ma’lul Celebra la sua Distruzione, 1985), prima di dirigere il lungometraggio Urs al-Jalil (Wedding in Galilee – Matrimonio in Galilea, 1987), che parla della cerimonia di matrimonio del figlio di un capo villaggio palestinese, alla presenza del governatore militare israeliano e dei suoi ufficiali. Questo film, che era una coproduzione palestinese-belga-tedesco- francese-britannica, ha vinto numerosi premi, il più importante dei quali è stato il Premio Internazionale della Critica al Festival di Cannes nel 1987, la Conchiglia d’Oro al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián nel 1987, e il Tanit d’Oro al Festival di Cartagine nel 1988.

Elia Suleiman, anch’egli palestinese di Nazareth e cittadino statunitense, ha iniziato la sua carriera di regista con un cortometraggio intitolato: Introduction to the End of an Argument (Introduzione Alla Fine di un Argomento, 1990), codiretto da Jayce Salloum. Ha fatto seguito nel 1992 con Homage by Assassination[5] (Omaggio per un Assassinio) un cortometraggio, e nel 1996 con un documentario/lungometraggio intitolato Chronicle of a Disappearance[6] (Cronaca di Una Scomparsa), che affronta i problemi di identità degli arabi palestinesi che sono cittadini di Israele. Quest’ultimo film ha vinto diversi premi, tra cui il Premio per la miglior opera prima al Festival del cinema di Venezia. Nel 2002 ha realizzato Yad Ilahiyya (Intervento Divino[7]), che ha vinto il Premio della Giuria al Festival di Cannes, e nel 2009 al-Zaman al-baqi: Sirat al-hadir al-gha’ib [L’ultima Volta: La Biografia del Ruggito Assente] (Il Tempo che ci Rimane[8]). Il consenso della critica è che attraverso questi tre film Suleiman abbia compiuto un salto di qualità nel cinema arabo, nella tecnica narrativa e nello stile e nel linguaggio cinematografico, un salto che ha permesso di cogliere i dettagli della causa palestinese e di seguirne il corso, in un linguaggio che non cade nella retorica rivoluzionaria che il cinema palestinese aveva adottato negli anni ’70.

Rashid Masharawi, cresciuto nel campo profughi di Shati’ (Spiaggia) nella Striscia di Gaza, ha iniziato la sua carriera artistica dirigendo diversi cortometraggi e un cortometraggio documentario. Il suo primo lungometraggio è stato Hatta ish’aar akhar (Coprifuoco), uscito nel 1993, una coproduzione palestinese-olandese-francese- tedesca. Il film racconta la vita dei palestinesi nel campo profughi di Shati’, che fu allestito come rifugio temporaneo per poi diventare una casa permanente per migliaia di famiglie che hanno riposto le loro speranze nell’Autorità Palestinese per garantire il loro ritorno, ma senza successo. Il film ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Piramide d’Oro al 17° Festival del Cinema del Cairo nel 1993 e il Premio per la miglior opera prima alla Biennale del Cinema Arabo di Parigi nel 1994. Masharawi ha poi diretto numerosi film, soprattutto dopo aver fondato il Centro di Produzione e Distribuzione Cinematografica a Ramallah nel 1996.

Hany Abu-Assad è nato a Nazareth nel 1961 e ha la cittadinanza olandese. Ha iniziato la sua carriera artistica nel 2002 dirigendo Urs Rana (Rana’s Wedding – Il Matrimonio di Rana[9]), ma la sua notorietà ha iniziato a crescere dopo l’uscita del suo secondo film, al-Janna al-ann (Paradise Now[10]), su due uomini palestinesi che si preparano per una missione suicida in Israele. Il film ha vinto diversi premi, tra cui il Golden Globe per il miglior film in lingua straniera nel 2006 e il Golden Calf Prize (Premio Vitello d’Oro) a Utrecht per il miglior film olandese. Nel 2013 ha realizzato Omar, che è stato proiettato nella sezione Un Certain Regard (Emergenti) al Festival di Cannes e ha riscosso molto successo di critica e pubblico. Il film racconta la storia di un giovane che lavora in una panetteria e deve scavalcare il muro costruito dalle autorità israeliane in Cisgiordania per incontrare la sua ragazza Nadia, finché non viene arrestato dalle autorità di occupazione e sottoposto a gravi torture psicologiche. Al Festival del Cinema di Dubai nel 2013, il film ha vinto il Golden Muhr Award (Premio Sigillo D’oro) come miglior lungometraggio arabo. Nel 2020 Abu-Assad ha distribuito Salun Huda (Huda’s Salon – Il Salone di Huda), che è stato proiettato al Festival Internazionale del Cinema di Toronto nel 2021. Il film, basato su eventi reali, esplora i concetti di lealtà, tradimento e libertà, attraverso una storia su eventi che si svolgono in un salone di parrucchiere a Betlemme di proprietà di una giovane donna chiamata Huda. Una giovane madre di nome Reem si reca spesso al salone per cambiare acconciatura e le cose si complicano quando viene fotografata in pose compromettenti a causa di Huda, che sta cercando di ricattarla per fare qualcosa che va contro i suoi principi. Alla fine Reem deve scegliere tra il suo onore e tradire il suo Paese.

Oltre a questi quattro registi, sono emersi altri registi palestinesi, tra cui Nizar Hassan, Eyad AlDaoud, Sobhi al-Zobaidi, Fajr Yacoub e Hicham Kayed.

Film di registe donne palestinesi

Shashat (Schermi), una ONG palestinese fondata a Ramallah nel 2005 e gestita dalla regista Alia Arasoughly, è una delle più importanti istituzioni cinematografiche palestinesi che si è concentrata sui film di donne palestinesi sin dalla sua fondazione. Mostra film al femminile come parte del suo progetto Let’s See a Film (Andiamo a Vedere un Film) e ha prodotto circa 60 film di varia durata che mostrano la vita delle donne palestinesi in tutti i settori della società palestinese. Shashat ha vinto il premio per l’eccellenza nel cinema dal Ministero della Cultura Palestinese nel 2010. Oltre ai film che Shashat ha prodotto, ci sono stati film di spicco di registe palestinesi come Mai Masri, Annemarie Jacir e Najwa Najjar.

Nel 1983 la regista, montatrice e fotografa palestinese Mai Masri, che aveva studiato cinema a San Francisco, terminò il suo primo film Taht al-anqad (Under the Rubble – Sotto le Macerie), un documentario di 40 minuti su Beirut e l’invasione israeliana del 1982. Nei due decenni successivi Masri scrisse la sceneggiatura, curò la fotografia e il montaggio e diresse diversi film, a volte in collaborazione con il suo defunto marito, Jean Chamoun. I suoi film includono Beirut: Jil al-harb (War Generation – Generazione di Guerra, 1988), Atfal jabal al-nar (Children of the Fire Mountain – Figli della Montagna del Fuoco, 1990), Hanan Ashrawi: Imra’a fi zaman al-tahaddi (Hanan Ashrawi: A Woman of Her Time – Una Donna del Suo Tempo, 1995), Atfal Shatila (Children of Shatila – Figli di Shatila[11], 1998) e Ahlam al-manfa (Dreams of Exile[12] – Sogni d’Esilio, 2001). Nel 2015 il suo lungo film drammatico, Thalatat alaf layla (3000 Nights[13] – 3000 Notti), è stato proiettato al Festival Internazionale del Cinema di Toronto e ha vinto numerosi premi internazionali. Il film parla di un’insegnante palestinese che viene detenuta in una prigione israeliana con un’accusa infondata e dà alla luce un figlio in prigione.

Annemarie Jacir è nata a Betlemme nel 1974 e ha la cittadinanza statunitense. Il suo primo lungometraggio è stato Milh hadha al-bahr (Salt of This Sea[14] – Il Sale di Questo Mare, 2008), che mostrava le pratiche dell’occupazione israeliana, i posti di blocco e il disprezzo degli israeliani per la dignità umana in Cisgiordania, attraverso la storia di Thoraya, una giovane donna palestinese che nasce a Brooklyn negli Stati Uniti e decide di tornare in Patria per iniziare una nuova vita. Ma presto si scontra con la dura realtà quando scopre che non può reclamare i risparmi di suo nonno che erano stati depositati presso la Palestine-British Bank (Banca d’Inghilterra di Palestina) prima del 1948. Nel tentativo di superare l’amara realtà nei Territori Palestinesi, Thoraya si unisce a Emad, un giovane palestinese anch’egli in gravi difficoltà. I due decidono di rapinare la banca dove il nonno ha depositato i suoi risparmi. Il film è stato proiettato al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nel 2008 e ha vinto il Premio FIPRESCI (Critica Cinematografica Internazionale ) e il Premio Speciale della Giuria al Festival del Cinema di Osian a Nuova Delhi. Annemarie Jacir è stata l’unica regista interessata ai film rivoluzionari palestinesi e ha cercato di riscrivere la storia dei film della rivoluzione e dei suoi inizi in collaborazione con un gruppo di registi e critici. Ha organizzato diverse proiezioni in Palestina, a partire dal progetto cinematografico Dream of a Nation (Sogno di una Nazione) e un programma di film rivoluzionari palestinesi negli Stati Uniti. Nel 2012 ha realizzato Lamma Shuftak (When I Saw You[15] – Quando Ti Ho Visto), un lungometraggio di coproduzione palestinese, giordana ed Emirati Arabi Uniti. Racconta la storia di una famiglia palestinese sfollata in Giordania dopo la guerra del 1967 con Israele e che si stabilisce nel campo profughi della città di Jerash. Il film ha vinto premi al Cairo, Orano, Cartagine e Abu Dhabi.

Najwa Najjar è nata a Washington, DC, nel 1973. Il suo primo lungometraggio è stato Pomegranates and Myrrh[16] (Melograni e Mirra) nel 2008, che affronta le sofferenze dei palestinesi sotto occupazione attraverso la storia di una famiglia cristiana palestinese di Ramallah. Il figlio sposa una giovane donna di Gerusalemme e le autorità di occupazione le confiscano la terra di sua proprietà. Nel 2014 Najjar ha diretto il suo secondo film Uyun al-haramiyya (Eyes of a Thief[17] – Occhi di un Ladro), ispirato a un’operazione condotta da un giovane cecchino palestinese chiamato Tha’ir Hammad a Wadi al-Haramiyya vicino a Ramallah. Hammad è stato in grado di sparare e colpire 23 soldati israeliani, usando un fucile della Seconda Guerra Mondiale e solo 25 proiettili, prima di scappare.

Conclusione

Tra il 1916 e il 2005 sono stati realizzati un totale di 799 film sulla Palestina che hanno coinvolto 204 registi. Tra il 2006 e il 2019 sono stati realizzati 547 film che hanno coinvolto 369 registi. Come spiegare questo interesse cinematografico per la Palestina, nonostante il declino dell’interesse arabo e internazionale per la causa del popolo palestinese?

Una delle ragioni più importanti per la continuazione dell’interesse cinematografico arabo in Palestina è il numero crescente di festival cinematografici arabi, alcuni dei quali finanziano e sovvenzionano la produzione di lungometraggi e documentari, organizzano proiezioni e danno preziosi premi ai film vincitori. Festival internazionali come Cannes, Venezia, Berlino, Locarno e Toronto hanno anche aperto le loro porte a lungometraggi e documentari palestinesi di varia durata, e festival dedicati specificamente ai film palestinesi di ogni tipo sono apparsi in diverse città europee, come Londra, Parigi, Strasburgo e Bruxelles, che hanno contribuito a promuovere i film palestinesi, presentare i registi al mondo e dare loro la possibilità di collaborare tra loro.

Note:

[1] Homemade Barbed Wire – Terra di Filo Spinato, 1980: https://palestinefilms. org/en/Film/1980/Homemade- barbed-wire

[2] Palestine: The Record of a People[2] – Palestina: Il Record di un Popolo, 1984: https://palestinefilms. org/en/Film/1984/PALESTINE-A- PEOPLE-S-RECORD

[3] Return to Haifa – Ritorno ad Haifa, 1982: https://www. palestinefilminstitute.org/en/ pfp/archive/return-to-haifa

[4] Fertile Memory – Memoria Fertile, 1980: https://www.mymovies.it/ film/1980/la-memoria-fertile/ pubblico/?id=755408

[5] Homage by Assassination – Omaggio per un Assassinio, 1992: https://youtu.be/ L25WlRh6OlI

[6] Chronicle of a Disappearance – Cronaca di Una Scomparsa, 1996: https://www. amiciziaitalo-palestinese.org/ index.php?option=com_content& view=article&id=1760&catid=79& Itemid=68

[7] Intervento Divino, 2002: https://www.mymovies.it/ film/2002/intervento-divino/

[8] Il Tempo che ci Rimane, 2009: https://www.mymovies.it/ film/2009/iltempochecirimane/

[9] Rana’s Wedding – Il Matrimonio di Rana, 2002: https://www. amiciziaitalo-palestinese.org/ index.php?option=com_content& view=article&id=1758&catid=79& Itemid=68

[10] Paradise Now, 2005: https://www.longtake.it/ news/paradise-now

[11] Children of Shatila – Figli di Shatila, 1998: https://youtu.be/ eoSrxdrT2EU

[12] Dreams of Exile – Sogni d’Esilio, 2001: https://www. palestinefilminstitute.org/en/ pfp/archive/frontiers-of- dreams

[13] 3000 Nights – 3000 Notti, 2015: https://www.recensito. net/cinema/3000nights- palestina-film-recensione.html

[14] Salt of This Sea – Il Sale di Questo Mare, 2008: https://youtu.be/ 6iNVYvhf9Vw

[15] When I Saw You – Quando Ti Ho Visto, 2012: https://www.mymovies.it/ film/2012/whenisawyou/

[16] Pomegranates and Myrrh – Melograni e Mirra, 2008: https://www.themoviedb. org/movie/74300-al-mor-wa-al- rumman

[17] Eyes of a Thief – Occhi di un Ladro, 2014: https://www.mymovies.it/ film/2014/eyesofathief/

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

cinemapalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Dario Paccino: dall’imbroglio ecologico.. alla crisi climatica

Recensione di Louis Perez, pubblicato su La Bottega Del Barbieri

«Oggi diciamo che “l’ecologia senza lotta di classe è giardinaggio” ma se questo è possibile lo si deve anche al lavoro di chi – come Dario Paccino – e come il gruppo che diede vita alla rivista Rosso Vivo aveva già letto presente e futuro».

Immagine di copertina per il post
Culture

Sostieni Radio Blackout 105.250 fm – Torino

Ultimi giorni della campagna di autofinanziamento per Radio Blackout: sosteniamo le esperienze di controinformazione, sosteniamo l’informazione libera.

Immagine di copertina per il post
Culture

Aldo dice 8×5. L’innovazione non porta nuovi diritti

“Rage against the machine? Automazione, lavoro, resistenze”, il numero 65 di «Zapruder» è in distribuzione da qualche giorno.

Immagine di copertina per il post
Culture

Abolire il turismo

Indipendentemente da dove arriveremo, non è possibile che sia più facile immaginare la fine del capitalismo che la fine del turismo. Il presente testo è la traduzione di un articolo di Miguel Gómez Garrido, Javier Correa Román e María Llinare Galustian (Escuela de las Periferias, La Villana de Vallekas) su El Salto il 21/11/2024 Spain […]

Immagine di copertina per il post
Culture

György Lukács, un’eresia ortodossa / 2 — Affinità elettive

Se decliniamo, infatti, il tema della alienazione dentro l’ambito coloniale avremo la netta sensazione di come le argomentazioni lukácsiane abbiano ben poco di datato, e ancor meno di erudito, ma colgano esattamente la questione essenziale di un’epoca. di Emilio Quadrelli, da Carmilla Qui la prima parte Ciò apre qualcosa di più che un semplice ponte tra Lukács e […]

Immagine di copertina per il post
Culture

György Lukács, un’eresia ortodossa / 1 — L’attualità dell’inattuale

[Inizia oggi la pubblicazione di un lungo saggio di Emilio Quadrelli che il medesimo avrebbe volentieri visto pubblicato su Carmilla. Un modo per ricordare e valorizzare lo strenuo lavoro di rielaborazione teorica condotta da un militante instancabile, ricercatore appassionato e grande collaboratore e amico della nostra testata – Sandro Moiso] di Emilio Quadrelli, da Carmilla […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Difendiamo Franco Costabile e la sua poetica dallo sciacallaggio politico!

Caroselli, feste, litigate e sciacallaggi. Sono quest’ultime le condizioni in cui la città di Lamezia si è trovata ad “onorare” il centenario della nascita del grande poeta sambiasino Franco Costabile.

Immagine di copertina per il post
Culture

Lo Stato razziale e l’autonomia dei movimenti decoloniali

Riproponiamo questa intervista pubblicata originariamente su Machina in vista dell’incontro di presentazione del libro “Maranza di tutto il mondo unitevi. Per un’alleanza dei barbari nelle periferie” di Houria Bouteldja, tradotto in italiano da DeriveApprodi, che si terrà presso l’Università di Torino.

Immagine di copertina per il post
Culture

La bianca scienza. Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza

E’ uscito da qualche mese La bianca scienza. Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza, di Marco Boscolo (Eris Edizioni). Ne proponiamo un estratto da Le Parole e le Cose.

Immagine di copertina per il post
Culture

Hillbilly highway

J.D. Vance, Elegia americana, Garzanti, Milano 2024 (prima edizione italiana 2017). di Sandro Moiso, da Carmilla «Nonna, Dio ci ama?» Lei ha abbassato la testa, mi ha abbracciato e si è messa a piangere. (J.D. Vance – Elegia americana) Qualsiasi cosa si pensi del candidato vicepresidente repubblicano, è cosa certa che il suo testo qui recensito non potrebbe […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Siria: la sfida di una ricostruzione indipendente dagli interessi imperialisti

Abbiamo posto alcune questioni a Yussef Boussoumah, co-fondatore del Partito degli Indigeni della Repubblica insieme a Houria Bouteldja e ora voce importante all’interno del media di informazione indipendente Parole d’Honneur a partire dalla caduta del regime di Bachar Al Assad in Siria.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Oltre 800 banche europee investono 371 miliardi di euro in aziende che sostengono gli insediamenti illegali in Cisgiordania

La Coalizione Don’t Buy Into Occupation nomina 58 aziende e 822 istituti finanziari europei complici dell’illegale impresa di insediamenti colonici di Israele.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

29 novembre: sciopero generale

Proponiamo di seguito una rassegna di approfondimento verso lo sciopero generale del 29 novembre a partire dalle voci collezionate durante la settimana informativa di Radio Blackout

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Una fragile (sanguinosa) tregua

Alle 10 di questa [ieri] mattina è partita la tregua di 60 giorni (rinnovabile) tra Israele e Hezbollah, orchestrata dagli Stati Uniti e in parte dalla Francia. Una tregua fragile e sporca, che riporta la situazione ad un impossibile status quo ex ante, come se di mezzo non ci fossero stati 4000 morti (restringendo la guerra al solo Libano) e 1.200.000 sfollati su un paese di circa 6 milioni di abitanti.

Immagine di copertina per il post
Contributi

Torino Per Gaza aderisce al corteo del 29 Novembre

Condividiamo il comunicato di Torino Per Gaza: Il 29 novembre anche Torino per Gaza parteciperà al corteo sindacale previsto alle 9.00 da piazza XVIII Dicembre.Riconosciamo la necessità di mettere al centro la questione del lavoro, dei tagli ai servizi e del progressivo impoverimento che le persone stanno subendo come conseguenza alla scelta del nostro governo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Li hanno uccisi senza che muovessero un muscolo”: Esecuzioni sommarie, fame e sfollamenti forzati da parte dell’esercito israeliano nel Nord di Gaza

La squadra sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato strazianti episodi di uccisioni sommarie ed esecuzioni extragiudiziali di civili da parte di soldati israeliani, eseguite senza alcuna giustificazione. Fonte: English version Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 17 novembre 2024Immagine di copertina: Il fumo si alza da un edificio residenziale dopo un attacco israeliano a Beit […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Basta armi a Israele: manifestazione regionale a Torino

Nella giornata di sabato 5000 persone provenienti da tutto il Piemonte si sono radunate a Torino per dare vita ad un ricco e partecipato corteo regionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: la Francia (forse) libererà Georges Abdallah, militante comunista incarcerato dal 1987

Originario di Kobayat, nel nord del Libano, militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina prima e tra i fondatori delle Fazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi dopo l’invasione israeliana del Libano

Immagine di copertina per il post
Formazione

Inizia l’Intifada degli studenti medi

Inizia l’intifada degli studenti medi, oggi ci siamo presi la città! Si preannunciava una grande giornata di lotta e così è stato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupata la Leonardo spa dall’Intifada Studentesca a Torino

Ieri come Intifada studentesca abbiamo occupato la sede della Leonardo Spa! In 50 siamo entratə all’interno dello stabilimento mentre altre 50 persone bloccavano l’ingresso.