Ken Loach: la lotta dei lavoratori REAR, la miseria del cinema italiano
Perché? Perché aveva scoperto, su segnalazione dei lavoratori della REAR, una cooperativa che si occupa dei servizi di pulizia e sicurezza per conto del Museo Nazionale del Cinema di Torino (l’organizzatore della kermesse), che i lavoratori venivano pagati una miseria ed erano stati persino ingiustamente licenziati. Quando diciamo “una miseria” intendiamo davvero una miseria: 5€ lordi all’ora, che in busta paga diventavano 3€50, sulla base di un contratto definito “illegittimo” anche dai Tribunali del Lavoro di Milano e di Torino. Inoltre Loach aveva scoperto che un “socio” della cooperativa era stato vittima di un licenziamento discriminatorio (l’articolo 18 non è infatti applicabile ai soci-lavoratori), poiché, insieme ad altri colleghi, aveva rifiutato la decurtazione “volontaria” del proprio salario. Dopo aver chiesto spiegazioni alla direzione del Museo del Cinema e non aver ricevuto alcuna risposta, Ken aveva deciso di parlare, criticando di petto la direzione, e puntando il dito contro la catena dei subappalti e la questione delle esternalizzazioni dei servizi. Un gesto di coerenza che fu molto criticato da registi emblemi di quella “sinistra” italiana tutta lacrime e ipocrisie, come Gianni Amelio, che lo aveva tacciato di “megalomania”.
Oggi la polemica ritorna, perché ieri il regista Carlo Mazzacurati, ricevendo il “Gran Premio Torino” in questa edizione del Festival del Cinema, ha affermato: “Sono certo che se Loach avesse saputo che tipo di umanissima rassegna è questa, non avrebbe mai fatto quella sgarberia”. Come se prendere posizione in favore dei lavoratori, e attaccare l’atteggiamento pilatesco del Museo che esternalizza i servizi per risparmiare sui costi e se ne lava poi le mani delle conseguenze, fosse una “sgarberia”! Per fortuna, la risposta di Ken Loach non si è a fatta attendere. “Voglio solo fare una domanda a Mazzacurati” – ha scritto il regista – “i lavoratori che sono stati illegittimamente licenziati dal Museo hanno riavuto i loro posti di lavoro?”. Ovviamente la risposta è no, perché i lavoratori sono ancora in attesa di risposte e in particolare Federico Altieri, l’ex dipendente REAR che scrisse una lettera a Loach, aspetta ancora di essere reintegrato al suo posto di lavoro. Allora, dice ancora Loach, “Mazzacurati sta fornendo una copertura alla dirigenza della cooperativa […] Mazzacurati sostiene che il festival sarebbe ‘umano’. Io credo che la vera forza e la solidarietà la dimostrino quelle persone coraggiose che si sono battute contro il comportamento duro e rigido della cooperativa e che ne hanno subito le conseguenze”.
Noi non possiamo che trovarci un’altra volta d’accordo con il regista britannico, e non possiamo che gridare tutto lo schifo che ci fa quel mondo pseudo-intellettuale e radical chic italiano che parla continuamente nei suoi film di “poveri” e di “soggetti deboli”, e che poi quando li incontra nella vita reale li snobba o, peggio, li schiaccia.
Anche per questo invitiamo tutti a farsi un’idea della vicenda vedendo Dear Mr. Ken Loach, un bel documentario sulla lotta dei lavoratori della REAR uscito proprio ieri, a cura di Rossella Lamina e Nicola Di Lecce.
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