La repressione del rap politico in Spagna: i casi di Pablo Hasel, Valtonyc e La Insurgencia
In Spagna, non tiene banco solo il caso del conflitto catalano come processo politico e culturale in cui viene portata avanti dalle istituzioni centrali un soffocamento delle libertà d’ espressione e la repressione tramite incarceramento di politici e sostenitori dell’indipendentismo.
Dal post 2012 e nelle stagioni successive, che videro mobilitazioni imponenti mettere in discussione il sistema della rappresentanza parlamentare e i diktat dei tagli ai settori sociali più deboli e ai servizi maggiorente basilari, il Governo ha cominciato a martellare imponendo una serie di modifiche all’ordinamento giuridico volto a reprimere il dissenso, sia esso fisico che verbale.
Sia esso dettato da manifestazioni di supposta resistenza passiva, sia di quella di resistenza attiva; sia espressioni di tipo verbale nelle piazze, che quelle che circolano attraverso diversi canali mediali virtuali, e tra queste la musica.
E’ in questo contesto di attacco alle libertà collettive e individuali, e un aumento generalizzato di un clima di cattiveria, che alcune figure cardine del giovane rap politicizzato spagnolo sono finiti in carcere con condanne quantomeno pesanti. Questo negli ultimi quattro anni. Una fotografia eloquente del clima esercitato dalle governance che al contempo sfuggono e si salvano dalle imputazioni per corruzione e finanziamento illecito; l’ ultimo caso di rapper incriminato è quello di Valtonyc, che già fu cindannato nel 2017, e del quale il tribunale Supremo ha confermato una settimana fa la pena.
Nel 2014 invece arrivò la condanna per il rapper catalano Pablo Hasel, che in queste settimane si ritrova di fronte a un’ altra causa per diversi tweets e altre sue canzoni: due anni di carcere comminati dalla Audencia Nacional, che non scontò dentro l’ istituto penitenziario avvalendosi del fatto che la pena non superava i 24 mesi.
Secondo lui stesso, l’accanimento contro i suoi testi e la sua persona è dovuta al fatto che lo Stato si muove per fare piegare la schiena contro chi dimostra di non avere paura di fronte alle sue minacce. Non solo, Hasel oltre a non rinnegare la natura estremamente “antisistema” e critica dei suoi testi, ha rivendicato il fatto che per lui ci siano state perfino mobilitazioni e manifestazioni solidali a partire da Lleida, sua città natale.
“La libertà d’ espressione finisce laddove inizia a disturbarli, pertanto non c’è”, una delle sue dichiarazioni.
Alcune delle sue espressioni maggiormente contestate sono “Mio fratello entra nella sede del PP gridando !Gora ETA!”, “pena di morte subito alle patetiche figlie del Re”, e altre per le quali secondo i tribunali ci sarebbe un chiaro incitamento all’odio
di matrice terroristica.
Josè Miguel Arenas beltràn, alias Valtonyc, fu condannato dall’ Audiencia nacional a tre anni e mezzo di carcere nel febbraio dell’ anno scorso. Una sentenza che motivava il suo ingresso in prigione, dacché la pena era superiore ai due anni. Tra qualche tempo si saprà l’ esito del suo ricorso.
“Voglio trasmettere agli spagnoli un messaggio di speranza; ETA è una gran nazione”; “che non si spaventi nessuno la giustizia è semplice, però è in vacanza con Publio Cordon nei Caraibi”; .”Se capisci, come per il caso Barcenas, perdo le carte e nei quartieri grido Gora ETA”. Nelle sue composizioni incriminate, ci sono riferimenti alla famiglia reale, come “Borghese, né tu ne nessun altro mi farà cambiare opinione, caprone, compiere l’ atto dì fucilare il Borbone”.
Prima della sua condanna, il rapper che per l’ appunto viene dalle Baleari ha confermato che continuerà nel dire che i “Borboni sono dei mafiosi”,. Durante le udienze, ha assicurato parlando in catalano che è solo un poeta e un artista. Secondo il Tribunale Supremo, i testi di Valtonyc “non sono irrilevanti; non realizzano una critica politica al capo dello Stato, ma ingiuriano, calunniano, e minacciano di morte al Re o a membri della Famiglia Reale”. In questo contesto, il rapper ha ricevuto appoggio da diverse formazioni politiche. Il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha criticato la decisione del supremos, mentre vari senatori di Esquerra Republica de Catalunya hanno mostrato nella Camera Alta svariati cartelli chiedendone la liberazione.
Il collettivo di rapper “La Insurgencia” fu condannato per incoraggiamento al terrorismo a due anni e un giorno, il che li ha portati a stare in carcele per 24 ore. Tutti i dodici membri del gruppo erano senza antecedenti.
Per Shahid, uno dei membri, la loro musica è rivendicativa, e segue uno stile che non “hanno scelto, ma ci hanno obbligato a scegliere”.
“Chiaramente reppiamo con rabbia, e abbiamo rancore verso chi ci ha rubato il futuro”, dice in alcune interviste. “In qualunque quartiere operaio si sta vedendo la miseria assoluta, come per le pensioni dei nonni o per i lavori precari”. Anche nei loro testi menzionano la famiglia reale, e lanciano anatemi contro la Polizia e il sistema giudiziario. Nonostante la censura e la condanna assoluta dei media generalisti spagnoli, molti video continuano a essere visti e fatti circolare tramite Youtube.
Come per altri gruppi rap in passato in Europa, (vedasi i casi francesi, in particolare per i rapper delle banlieues), la gogna della censura spagnola arriva ora che la crisi si acuisce e crescono i risentimenti populisti da una parte, così come l’ odio verso i poteri costiuiti covano in maniera più o meno esplicita ai margini della società. E, molto spesso, vengono incarnati e trovano una eloquenza nei testi come quelli di Vitalyc, Hasel o di “La Insurgencia”.
*[tutte le citazioni virgolettate sono liberamente tratte e tradotte da El Salto Diario]
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